Relative

cosa è rimasto?


sono andato all'auditorium demetrio stratos. che poi sarebbe quello di radiopopolare. che per certi versi, per me, è un po' come radiomaria per le beghine un po' bigotte-spesso-vedove. d'altro canto radiomaria è 107.7. radiopop 107.6. son lì lì. tipo la sensazione sbarellata delle beghine e la mia.vabbhé. ma non volevo parlar esattamente di questo.sono andato all'auditorium nonostante, anzi, soprattutto per fottere quella specie di inquietudine sottile e ficcante che ogni tanto sguscia fuori. son lì, a far qualcosa pensando a tutt'altro e si infila su, insidiosa, improvvisa, surrettizia. come se fosse uno spuntone che però vien su da dentro. non è ansia, tecnicamente. odg una volta mi redarguì, pure col suo modo sovrasegmentato: mi fece capire che le parole sono importanti e che le crisi d'ansia son ben altra cosa. però insomma, è quella cosa sottile lì. pervavisa per qualche momento. mentre io provo a raccontarmi che va tutto bene, comunque. che non c'è motivo per sentirsi pronto a farsi soverchiare.insomma. sono uscito.e sono andato all'auditorium demetrio stratos. proiettavano un docu-film che si intitolava "what is left". che significa che cosa è la sinistra. ma anche - soprattutto - cosa è rimasto [della sinistra]. è un racconto ilarmente profondo e spietato. leggero ma pregnante. i due registi se la intendono anche nella vita. e si capisce. una sorta di viaggio che cerca di capire che ne è rimasta, insomma. e comincia raccontando le primarie. quelle del 2012, ovvio. e prosegue fino alla condanna definitiva del pregiudicato. insomma. è come veder la cronaca degli ultimi mesi ma come se fossero già un pezzo di storia.già. un pezzo di storia. perché ho visto pezzi di racconti che sono dell'altro ieri. ma mi sono parsi fottutamente passati, andati, rottamati [sì, usato non a caso], vecchi, senza speranza. ho rivisto bersani [che pure avevo votato, al ballottaggioprimario e che ho sempre stimato molto] con la storia del giaguaro da smacchiare e quello che ne è venuto. infatti riguardandolo mi parso drammaticamente ovvio che non poteva che finire così. certo. dopo un po' di mesi so tutti buoni a far i fichi vaticinanti. però quella sensazione di straniazione ex-post mi ha sorpreso.come se adesso avessi aperto gli occhi. o meglio. come se alcune cose ora mi paiano più chiare e nitide. allora non lo erano anche per un portato che si era ammonticchiato da flussi e riflussi e flussi e riflussi. una risacca molto obnubilante.e tornandomene verso casa ho avuto la netta sensazione che sta risacca, tutta questa sabbia riportata, mi abbia fottutamente ancorato, anzi no: zavorrato. non tanto per non capire che la pelata bersaniana non avrebbe smacchiato una fava. ma impedendomi di intendere ben altre situazioni. che son lavorative, ma anche di più. e che ora altresì mi paiono chiare. chiarissime. a limite dell'insopportabile. ed è per questo che sto cercando di staccarmi da 'ste zavorre. e che non è comunque semplice, perché taluni legami si sono innervati. ma son da levare, incidere. probabilmente è questa cosa qui che mi strania. è questa cosa qui dell'insidia di cui sopra [come peraltro mi avevano buttato lì, come ipotesi molto fine, nel senso di raffinata]. è un passaggio che è per un crinale strettissimo. ma è cauterizzazione necessaria.ci sono già passato attraverso una cosa simile. qualche anno fa. quando lasciai un certo gruppo di amici. furono mesi complicati. di grande spaesamento che compresi solo molto tempo dopo. quando ormai avevo già conosciuto altri amici. questi mi hanno insegnato il piacere della tavola. ogni tanto provano - trasportati dall'entusiasmo eno-erotico-sublimato - a farmi sentire il bouquet odoroso dei vini.cosa ne rimarrà di tutto questo periodo lo valuterò più avanti. quando ormai ci sarò andato oltre. magari a spaesamento finito. che uno si leva dalle situazioni, ma dopo il vuoto lo si riempie con dell'altro. ecco. appunto. nel nuovo pieno caccerò via pure l'ansia. o quella roba lì, insomma.