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Primarie sì, primarie no e la sindrome di Tafazzi (Riflessioni dalla Terra dei Ma-Cachi)

Post n°18 pubblicato il 15 Ottobre 2008 da officinedemocratiche

La segnalazione di quanto sta avvenendo nel PD toscano (vedi il post del 16 settembre u.s. sul sito del PD di Portogruaro) offre lo spunto per alcune note in libertà.
Il Partito Democratico è nato con l’intenzione (fra le altre) di essere un “partito nuovo”, non semplicemente un “nuovo partito”; e una delle “novità” consiste appunto nel dialogo aperto anche al di fuori degli ambiti strettamente associativi, con quanti cioè, pur non essendo formalmente aderenti al partito in quanto tale, negli ideali e nell’azione del PD trovano ragioni di consonanza (se non piena identificazione).
Uno degli strumenti per attuare tale dialogo sono le elezioni primarie, cioè consultazioni aperte per la selezione di candidati alle elezioni vere e proprie (politiche, amministrative, etc.).
Ma se le elezioni primarie rappresentano un importante elemento distintivo da altre realtà in cui, al contrario, vi è “un solo uomo al comando” (e non si tratta di Fausto Coppi), non per questo dovrebbero diventare un feticcio imprescindibile o l’abdicazione dal ruolo principale di un partito politico.
Sarà il caso di ricordare che i partiti politici nascono nei
contesti democratici per organizzare il consenso popolare e dare incisività allo stesso (altrimenti condannato alla
frammentazione e dispersione fra mille e mille distinguo più o meno speciosi e personalistici)
.Cosicché un partito politico ha (anche e soprattutto) il diritto–dovere di prendere delle decisioni e di proporle all’elettorato, senza troppo tergiversare o attendere di farsi dettare la linea politica e d’azione da altri che non siano i suoi stessi
componenti e dirigenti.
Ciò comporta anche che il ricorso alle elezioni primarie non sia né debba essere una tappa obbligata e irrinunciabile, “senza se e senza ma”; in altre parole, delle elezioni primarie non si deve abusare.
Tali banali osservazioni potrebbero non essere del tutto fuori luogo nel nostro specifico contesto portogruarese, se bisogna dar credito ad alcune voci che di recente hanno preso a serpeggiare a proposito delle
prossime elezioni amministrative della primavera 2009.
Fra le amministrazioni da rinnovare c’è anche il Comune di Portogruaro, ossia il suo Sindaco.
Et hic sunt leones.
L’attuale, uscente Sindaco — e la sua amministrazione con lui — ha lavorato bene (l’opposizione di destra non sarà, ovviamente, d’accordo, ma è normale); per legge, può ricandidarsi per un secondo mandato.
Su tali premesse, non dovrebbero esserci dubbi o discussioni su chi sarà il candidato del centrosinistra alle prossime elezioni amministrative per il Comune di Portogruaro.
Il ricorso alle elezioni primarie avrebbe, infatti, senso se l’attuale Sindaco non potesse ricandidarsi (per aver già ricoperto due mandati consecutivi), non volesse farlo (per motivi suoi) o non fosse opportuno (per aver, per esempio, combinato obiettivi disastri); come pure avrebbe senso se la coalizione che sostiene l’attuale Sindaco fosse composta di elementi di pari peso politico ed elettorale (spero non si vorrà porre in discussione il fatto che il PD — che esprime l’attuale Sindaco — sia la componente
maggiormente rappresentativa dell’elettorato di centrosinistra)
.
In concreto, elezioni primarie del PD sarebbero necessarie per scegliere un nuovo candidato Sindaco in mancanza di un Sindaco uscente rieleggibile (o ricandidabile), ed elezioni primarie di coalizione sarebbero necessarie se il PD non fosse la componente preponderante nella coalizione di centrosinistra.
Si potrebbe, invero, considerare un’ulteriore ipotesi: che altri ambissero ad avanzare la propria candidatura a Sindaco di Portogruaro per il centrosinistra: in tal caso, se costoro fossero sostenuti da un significativo e consistente seguito, le elezioni primarie (di partito e/o di coalizione) sarebbero obbligate e doverose.
In questo caso, tuttavia, ricadremmo nel noto autolesionismo del centrosinistra italiano, altrimenti e icasticamente detto “sindrome di Tafazzi”.
A parte ogni altra considerazione, trasmettere all’esterno l’immagine di un partito che a neanche un anno dalla sua nascita già comincia a dividersi ha un che di suicida, alla vigilia di un’importante tornata elettorale.
In tutta sincerità, c’è qualcuno che veramente ne senta il bisogno?
D’accordo che a livello nazionale ogni tanto fanno capolino segnali di disorientamento, ma non è una buona ragione perché anche localmente ci si debba comportare in maniera dissennata.
Lo scorso aprile il nostro coraggio non è stato adeguatamente premiato, e adesso il Paese ne paga le conseguenze (a cominciare da Alitalia: e il primo che mi parla di “italianità” si becca una serqua di male parole…).
Nanni Moretti disse una volta: “Continuiamo così, facciamoci del male”; poi disse altro, più tardi; e, francamente, si fa sempre più fatica a dargli torto…
Vediamo di imparare dai nostri errori, iniziando a non ripeterli.
Smettiamo di parlare di elezioni primarie a Portogruaro e cominciamo a pensare a come fare per rimanere alla guida dell’amministrazione; anzi, cominciamo a fare.
Non so voi: a me il pensiero dell’alternativa mette una certa angoscia.

Emanuele Forner

 
 
 
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