L'Olimpia di Jay

IL FALÒ DELLE VANITÀ


Prima o poi, come è giusto e probabilmente inevitabile, tutti i nodi vengono al pettine. E quindi oggi, dopo giorni e settimane in cui me lo sono domandato, ho capito che ancora non siamo all’altezza. E forse, ci manca un bel pezzo per arrivare dove oggi sono le capoclassifica. Il che non è un male assoluto e non è nemmeno un giudizio tranchant: semplicemente è il punto di partenza per sapere quanto e come siamo lontani da chi ci sta davanti, quanto e come dobbiamo lavorare per colmare il gap. Se Bologna era stato un indizio, la prima sconfitta casalinga è la prova. Ed è stata l’ulteriore dimostrazione che la vanità dei proclami e quella della non pianificazione, sono errori che si pagano. È stata proprio la vanità di certi atteggiamenti, al di sopra di alcune chiavi tecniche e tattiche che sono lì sotto gli occhi di tutti, ciò che ha catturato la mia attenzione. Siena è un progetto, pensato e voluto, noi non del tutto. Siena è una società che dopo un ciclo, seppur breve, ha saputo ricominciare con lucidità, cancellando gli errori e azzerando gli equivoci. Affidandosi a un corso giovane, capeggiato da coach che è coach nella forma e nella sostanza, non un aspirante tale. È vanitoso l’atteggiamento della squadra, che vuole piacere corricchiando, pensando che quello sia gioco in velocità. È vanitoso Kiwane Garris che, seppure dentro una discreta partita, pensa sia logico chiudere un contropiede in piena bagarre con un assist dietro la schiena, finito nelle mani della difesa senese. È vanitoso credere che i rimbalzi finiscano per intercessione divina nelle mani di TJ Watson. È molto vanitoso pensare di mettere in vetrina uno come Danilo Gallinari sperando che a diciotto-anni-diciotto prenda la palla e faccia tutto da solo, senza uno straccio di gioco per coinvolgerlo. È molto vanitoso prendere Massimo Bulleri, idolatrarlo e vestirlo come la Madonna di Pompei, sperando che sia leader, realizzatore, costruttore. Salvo poi, 12 mesi dopo, raccontarci che no, ci siamo sbagliati, è molto meglio questa dimensione di ragionierino che esce dalla panca e tenta di mettere un freno ai suoi istinti. Così come è molto vanitoso pensare di mettere sulla panchina dell’Olimpia Milano un coach che ancora non sa se da grande vorrà fare questo mestiere, come da lui dichiarato alla Gazzetta dello Sport non più tardi del settembre 2006. Perché Sasha Djordjevic head coach poteva e può avere un senso, peraltro molto teatrale e condito dal pathos delle derivazioni sentimentali, giusto sulla nostra panchina. E non mi si travisi: auguro a DJ di diventare un grande allenatore, possibilmente già quest’anno e con noi. Però non ci credo tanto e sono prontissimo a cospargermi il capo di cenere in caso mi sbagliassi, perché solo gli sciocchi non cambiano idea. Allo stesso modo, però, se fosse stato sciocco chi ha giocato questa scommessa, non la faccia pagare a noi. Ma l’Oscar delle vanità è quello di pensare di potersi permettere il panchinamento vita natural durante di Marko Tusek. Qualcuno si metta una mano sul cuore e ci spieghi, perché con il silenzio ci si fa brutta figura: Tusek sta male e non è in grado di giocare? Non è mai apparso alcun comunicato a tal proposito. Tusek è in rotta con il coach? Oppure lo stesso coach lo ritiene non in grado di dare alcunché alla causa? Insomma, mi sembra masochismo puro pensare di poter regalare un lungo ogni domenica, soprattutto quel lungo che doveva essere tatticamente molto importante. Ma la nostra dirigenza, vanitosa se ce n’è una, preferisce specchiarsi nei propri 20 anni di successi e l’argomento scivola tra l’annuncio di una partnership e una protesta con gli arbitri. A me dispiace umanamente per Tusek, che è un ragazzo serio e che nella sua carriera non è mai stato protagonista di alzate di capo o pesanti insubordinazioni, almeno a mia memoria. Uno che magari parla poco e per questo è più facile farlo passare come il brocco della compagnia. Certamente non come il nostro esemplare capitano Joseph Blair, uno che ci tiene sempre molto a raccontare il suo pensiero. Questa settimana, oltre a ricordarci fino allo sfinimento che lui lavora sempre molto duro, ha avuto il poco pudore di farci sapere che tra le motivazioni del suo anno positivo c’è sicuramente quella di essere all’ultimo anno di contratto. E che gli dispiace tanto per Lardo, ma “con Djordjevic è tutta un’altra cosa”. Talmente tutta un’altra cosa che oggi ha tirato i liberi con il 14%. Effettivamente, tutta un’altra cosa.