L'Olimpia di Jay

LA LEGGE DEL PIÙ FORTE


Usciamo subito dall’equivoco e dalla metafora.Per quanto sia dura, durissima, ammetterlo come la cosa più normale del mondo, Cantù vince perché oggi è più forte di questa Olimpia.Ha più energia, più muscoli, più voglia, è guidata tecnicamente meglio e ha la forza morale di chi ha saputo credere fino in fondo nel proprio mercato, aspettando più di un giocatore quando molti ne chiedevano la testa.La domanda: abbiamo sbragato? Potevamo davvero fare di più e vincere questo derby?La risposta: no, oggi (ieri) questa Olimpia non poteva vincere perché non ne aveva i mezzi per farlo.Svuotata nel roster anche dall’assenza last minute di Bulleri, alla squadra si può imputare soltanto l’avere mollato di botto, improvvisamente e fragorosamente, dopo diciassette minuti giocati in modo più che soddisfacente.Ma in quei diciassette minuti c’è stato tutto l’extra ordinario che purtroppo non è la regola: Schultze che prende tiri a coefficiente di difficoltà altissimo e li mette tutti, Gallinari coinvolto e presente che regala attimi di purissima classe, Green costruttivo e lucido nel leggere le situazioni in cui può andare a fare male con i suoi uno contro uno, Davison reattivo come mai che segna da fuori e si insinua a rimbalzo offensivo pungente come uno spillone.Mi sembra evidente che, a parte Danilo Gallinari, pochissime di queste attribuzioni siano la normalità.Allunghiamo anche a +9, poi Cantù ritrova il filo, corre, apre la scatola con le triple di Wilson e McGrath, inserisce chirurgicamente l’energia di Eric Williams ed è subito notte fonda.Bastano tre minuti scarsi per rivoltare di brutto la partita, la sirena dell’intervallo lungo è provvidenziale come il gong per un pugile suonato.Ma la partita ha ormai preso una strada chiarissima, Milano non ha la forza di sterzare e la passatoia di velluto è stesa.Cantù martella dove sa e come desidera, il solo Travis Watson non può reggere l’urto con Casey Shaw e il devastante Williams, ci pensano poi le folate di Theron Smith, uno dei più criticati, e la ragioneria di Phil Jones a piantare i chiodi nella bara.Opera non difficile se a cotanta batteria rullante proviamo ad opporre un Garris boccheggiante e improbabile con 39 minuti sulle spalle, un Calabria in versione grande invalido e la giovane inesperienza di Sergino Plumari.A questo punto, mi domando, ricomincerà a montare lo stucchevole tam tam societario? La fiducia corbelliana notoriamente ad orologeria, le mezze smentite, le frasi smozzicate?Io credo che questa partita non sia assimilabile ai tracolli indecenti di Napoli, Scafati e Biella.Per almeno tre motivi.Innanzi tutto perché l’approccio è stato corretto e intenso, sicuramente migliore di quello mostrato a Bologna una settimana fa, in una partita che abbiamo vinto, nemmeno lontanamente parente di quello avuto nelle altre infauste imbarcate.Poi, perché con una rotazione così risicata è oggettivamente difficile contrapporsi a una squadra che ha battuto proprio sui nostri punti dolenti.E infine, lo ribadisco, perché oggi Cantù è più forte e in palla di noi.Non in modo assoluto e non a prescindere, ma allo stato dell’arte di oggi, aprile 2007, questa Tisettanta è un’avversaria più credibile anche della Virtus; nel senso che, per ipotesi giuocosa e inutile, fossi Siena avrei più timore ad affrontare la squadra di Sacripanti piuttosto che due delle tre seconde.Non si dice niente di nuovo lodando Arrigoni, che è un GM preparato, coraggioso e serio.Diciamo, cinicamente, che fa semplicemente il suo lavoro: stipendiato, esegue ciò per cui è profumatamente pagato. E lo fa nel migliore dei modi.A Milano e Bologna, sponda Virtus, i GM non ci sono, ed è una presunzione che si paga.Natali non è un GM, è un dilettante allo sbaraglio che, cifre alla mano, a solo speso soldi a strafottere per comprare gente a fine carriera o quasi.Markovski non è un GM, è un coach, pur bravo e intelligente. Ma il mercato della Virtus di quest’anno è il tallone di Achille di una squadra in emergenza e con vuoti di roster persino clamorosi.Che poi il suddetto roster sia funzionale al gioco del macedone non ci sono dubbi, visto ciò che è riuscito a fare, ma è altrettanto evidente che alla lunga distanza gli azzardi si pagano, e il buon Zare si deve trovare ad affrontare una situazione aggravata dall’infortunio di Kris Lang.All’Arcoveggio, da quattro mesi a questa parte, dovevano arrivare prima un’ala piccola, poi un’ala forte, poi un centro: alla fine arriva Tyrone Grant, una mossa in perfetto stile Natali.Usato sicuro, senza pretese, patch con futuribilità zero e in discordanza con il marchio di fabbrica della Virtus targata Sabatini.Perché le competenze sono fattori troppo seri per essere presi sottogamba.Perché esistono le opinioni, che sono rispettabilissime sempre, ma esistono anche i fatti.E i fatti non si possono essere in nessun modo modificati dalle opinioni.