L'Olimpia di Jay

BULLO E PUPE


Sfrontato come un gangsta, irriverente nel passare sopra a celebrati califfi e fantasiosi macedoni, determinante come un figliol prodigo che non si limita a tornare ma si cucina e mangia il maiale grasso.Massimo Bulleri, da perfetto Bullo, è l’uomo della provvidenza, colui che spacca in due la partita e nell’ultimo quarto, mette in cascina due punti e la tanto importante quanto poco considerata differenza canestri.Pochi media, e in modo superficiale, avevano enfatizzato l’importanza della partita nella partita, quel meno dieci raccattato a dicembre che poteva diventare importante ago della bilancia in una Regular Season che, Siena a parte, vive di grande equilibrio.Come tutti i Bulli che si rispettino, il nostro numero nove non poteva farsi mancare le pupe di contorno, quelle pin-up procaci e provocanti che gravitano maliziose attorno al ras del quartiere.E allora ecco l’esperta, la veloce e la tigre del ribaltabile.L’esperta, in arte Kiwane Garris, inizia subito a circuire il califfone Travis Best, caricandolo di frustate davanti e di trappole dietro.Risultato: il playmaker più celebrato del Campionato si fa stordire come un rookie qualsiasi ed esce presto dalla partita per non rientrarci più.La veloce, meglio nota come Nate Green, mette la sua mano e i suoi piedi ultra-rapidi a disposizione di chiunque passi.Penetrazioni inarrestabili, qualche rubacchiata qua e là, la schiacciata sigillante: insomma, un repertorio da far girare la testa che lascia la Virtus senza argomenti nei momenti che contano.E in fine, the last but not the least, la tigre del ribaltabile, alias Travis Watson.La più classica delle manzone senza pietà, una di quelle che quando prendono le palle non le mollano più.Ti prende, ti ribalta, ti sbatacchia e non ti rialzi, se non dopo avere chiesto umilmente pietà.Insomma, tutto questo gioco di raffinate allusioni e doppi sensi da caserma per raccontare quelli che sono stati gli uomini determinanti in partita tutt’altro che semplice.Perché dopo una partenza bruciante e piena di buone cose, sia in attacco che in difesa, la Virtus ha spesso menato le danze, pur senza riuscire a piazzare il colpo che manda al tappeto.La prima crepa arriva con la solita difesa imbarazzante su rimessa, Ilievski piazza a fil di sirena il canestro del meno sei, e lì inizia una partita diversa.Vukcevic gioca l’ennesima partita dell’ex, Ilievski è in giornata di creatività, Giovannoni fa valere i suoi movimenti insospettati in ala forte e Tyrone Grant appena arrivato si guadagna la pagnotta: non scappano perché Blizzard, l’uomo che determina sempre e comunque le sorti di questa Vidivici è ai margini della partita.I tiri puliti open look capitano tutti a Oscar Gugliotta e il nostro ex juniores spadella tutto corto e storto.Non siamo da meno noi, che in questo contesto ricadiamo spesso nel gorgo del non gioco, nonostante il doppio playmaker.Però la lampada della lucidità resta accesa e nella nostra area pensa a tutto TJ la tigre del ribaltabile, incluso qualche errore offensivo banalissimo: da quando il palcoscenico è tutto suo, causa assenza di Joseph Blair, pare che Watson abbia perso qualcosa nella fase realizzativa, più pasticciata rispetto ai primi mesi.Certo è che a uno che ci mette quella grinta pazzesca e la condisce con 16 rimbalzi, viene voglia di sottoporre un vitalizio.La partita si sblocca nell’ultimo periodo, quando Bulleri sale in cattedra, la difesa puntella e Garris piazza la tripla che ribalta anche la differenza canestri.A quel punto, oltre al merito nostro e alla buona lettura delle opportunità, va riconosciuto un ultimo minuto Virtus assolutamente dilettantesco nella gestione, qualcosa che Zare Markovski dovrebbe giustificare.Falli affrettati e non ragionati, una forzatura dall’angolo senza cercare il fallo con noi in bonus, altri due liberi concessi a un secondo (!) dalla fine con la lussuosa opportunità di sbagliare il secondo.Tutto grasso che cola, ma per una volta l’apprendista non mi è sembrato quello seduto sulla nostra panchina.