L'Olimpia di Jay

IL GIORNO DELLA MARMOTTA


Mi sembra di essere in un film, non capisco se dell'orrore o demenziale, quel film in cui il protagonista ogni mattina si sveglia e rivive la stessa identica giornata.Come il 12 marzo 2006, l'Olimpia porta a casa una figura imbarazzante, mostrando tutta la pochezza disarmante dei suoi interpreti, siano essi giocatori, dirigenti o membri dello staff.Della partita non parlerò, o lo farò il meno possibile.Anche perchè c'è veramente poco da commentare: dopo un primo tempo non scintillante ma piuttosto tranquillo, il Titanic con il marchio AJ si schianta contro l'iceberg Avellino, un iceberg piccolo piccolo e non certo una montagna insormontabile.La rimonta e la successiva passerella degli uomini di Boniciolli sono feroci scudisciate per tutti: la Air infierisce, giustamente, sul cadavere di una squadra presuntuosa, sopravvalutata e antipatica, a immagine e somiglianza del suo coach, sgradevole come chi l'ha costruita.Quel Gino Natali che passa il tempo a mettersi le mani nei capelli, a scuotere la testa, come se quell'accozzaglia di giocatori incompatibili e anacronistici l'avesse messa insieme il primo che passa.Magari la signora seduta al suo fianco, che quando una ampia fetta di pubblico si alza in piedi a contestare spontaneamente l'operato del GM biancorosso, non trova di meglio da fare che dileggiare, battendosi l'indice sulla tempia.In questo mondo che gira all'incontrario gli scemi siamo noi, questo è il paradigma perfetto della società in cui viviamo.Perchè il signor Natali è senza dubbio un genio incompreso e gli oltre 1500 semplici tifosi che firmano una petizione per scacciarlo sono chiaramente degli idioti mossi dall'atavica paura verso i forestieri.Invece di dare risposte, questa gente pone domande, senza rendersi conto che in qualsiasi posto del mondo, in qualsiasi luogo dove regni la meritocrazia sarebbero costretti ad andarsene a gambe levate, senza neanche essere invitati a farlo.Ieri sera osservavo questo gruppo dirigenziale, schierato, compatto. E mi domandavo se nella testa di qualcuno di loro, davanti a uno spettacolo grottesco, prendessero corpo dubbi, domande, decisioni.Se c'è un patto di ferro, un silenzioso sodalizio a coprire qualsiasi bruttura, possiamo anche starcene tutti a casa.Se invece qualcuno ha il potere di alzarsi, di alzare un dito, lo faccia subito.E lo dico ben sapendo che quel qualcuno non sarà certo nè Gino Natali nè Giorgio Corbelli.Lo dico sapendo che quel qualcuno ha più cuore e anima di tutti: di quelli che lasciano l'orgoglio chiuso nell'armadietto, di quelli che fanno la ronda per sedersi sulla panchina più prestigiosa d'Italia e poi non vedono che un moro infortunato sta abusando del suo difensore.Lo dico sapendo che quel qualcuno ha più capacità manageriali di un tale che fa firmare al più grande prospetto italiano un contratto con buyout NBA addirittura inferiore a quello minimo imposto dai pro americani.Perchè non è che Vittorio ci ha portato qui Danilo in nome dei suoi trascorsi o in nome dell'amore che lo lega ai colori biancorossi.Lo ha fatto perchè è un manager e come tale deve preoccuparsi di gestire al meglio il suo prodotto.E a proposito di gestione, qualcuno avrebbe dovuto domandare a coach Sasha Djordjevic, che si presenta in conferenza stampa pensando probabilmente di essere davanti a un gruppo di amici, come mai Travis Watson ieri era in borghese.Per lasciare spazio al famigerato turnover?Sasha, sei sicuro di avere letto bene la partita?Sei sicuro che TJ avesse problemi muscolari? Perchè questo fantomatico infortunio proprio in concomitanza con il rientro di Blair è almeno sospetto.Qual era la squadra a inizio anno? Comprendeva Bennett Davison? No.Bennett Davison è arrivato per tappare un buco e quando la situazione si normalizza è giusto che si torni a puntare sul roster iniziale.Quindi fuori Davison, dentro Blair e sotto con il lavoro per riprendere il filo di quel discorso interrotto dall'infortunio di Livorno.Oppure bisogna salvare le apparenze di un acquisto palesemente sbagliato? E farlo come al solito sulla pelle della squadra?Non abbiamo un gioco, non abbiamo cuore, non abbiamo stile.Quest'anno si porti la barca in porto così com'è, ma il prossimo anno mi auguro che nessuno riproponga questo coach su questa panchina.Sasha, Dio ti benedica in braghette e canotta, voglio ricordarti così, meraviglioso e imperante.Ma per il resto, basta. Fare il coach non è un capriccio. Significa sacrificio, lavoro, gavetta, significa sfibrarsi con le giovanili, significa fare l'assistente, imparare, guardare.Trovarsi una panchina ancora calda sotto il sedere, giocare a fare il predestinato è un boomerang che fa male, a te e a noi.Perchè i nodi vengono al pettine, perchè poi gente come Boniciolli, forse sottovalutata e sottostimata, ti mette in scacco e neanche te ne accorgi.Ed è più grave ancora che una società seria permette al proprio coach di andare allo sbaraglio. Cari signori tutti, giocatori inclusi, noi in questi anni abbiamo visto di tutto e di più.Abbiamo visto un presidente che si è assunto l'onere di essere il primo in sessant'anni di storia a cacciare un allenatore, abbiamo visto Faina, abbiamo visto un Capitano umiliato e fatto marcire in tribuna a favore di Trell Horton, abbiamo visto un diritto sportivo quasi venduto, abbiamo visto mangiare, smozzicare, svendere il nostro nome e la nostra storia.Abbiamo visto questo e molto di più, abbiamo gli anticorpi.Aspettarvi al varco, presto o tardi, accompagnarvi alla porta e sbattervela dietro sarà una passeggiata di salute.