L'Olimpia di Jay

QUANDO NON TI VIENE LA PAROLA


Ecco, ci ho messo almeno un’oretta, ieri sera, a dare corpo verbale alla sensazione che si è impossessata di me durante la partita.E sia chiaro, non solo e semplicemente mentre Mike Hall crivellava la retina canturina a colpi di triple.Perché durante tutto il match, duro, teso, cattivo, insidioso, c’era qualcosa di diverso e inconsueto che mi frullava a metà tra ragione e sentimento.Poi, dopo i festeggiamenti, l’esultanza e un paio di pernacchie, eccola lì la parola magica.Consapevolezza.Milano gioca per la prima volta in stagione una partita in cui dà chiaramente l’idea di sapere esattamente cosa fare, come farlo e quando farlo.E se a molti può sembrare una cosa ovvia, trovo che raramente questa squadra abbia dato l’impressione di avere il polso delle situazioni.Siamo vissuti o morti su episodi, sugli isolamenti di Hawkins, sulle percentuali che trasformavano il tiro da tre in croce o delizia.Serate pur magiche, come quella contro il CSKA, dove però c’è molto più di istintivo e irrazionale che di solido e concreto, pomeriggi di campionato su vorticose altalene, passando tra amnesie terribili, assenze ingiustificate e approcci positivi di lacrime e sudore.Ma proprio ieri, nel bunker canturino, era strettamente necessario mettere una marcia superiore.Controllo del gioco, evitare accuratamente di fare correre il trio Gaines-Elder-Rich per non scatenare l’ambiente e quelle raffiche di vento che sono spesso mortifere per chi le subisce.E Cantù a correre non ci è mai riuscita: ho contato non più di un paio di contropiedi – tutti puntualmente finiti a referto, tra l’altro. Se gli uomini di Dalmonte devono attaccare una difesa schierata, hanno un problema grosso.E così è stato.Dicevo che al di là dell’uragano Hall, abbattutosi nell’ultimo periodo, raramente in stagione ho avuto questa tranquillità, dettata da una squadra che mi è parsa aspettare la partita esattamente nel posto giusto al momento giusto, dove desiderava condurla.Per poi prenderla a bastonate nel momento in cui gli avversari producevano il massimo sforzo per rimanere incollati.Sempre legati al tiro da tre? Vero, verissimo, ma sarà ormai il caso di rassegnarsi.Personalmente sono tutt’altro che un estimatore della pratica, ma quando hai un roster costruito così, si sa dall’inizio come gira l’aria.La squadra era pensata (e costruita) con Jumaine Jones, non certo il quattro interno che è tanto mancato.La batteria di esterni è stata assemblata con un occhio di riguardo per il feeling con la specialità e nel momento del lifting si è inserito Hollis Price, sparatore di triple con quasi il 45% nella passata Eurolega.Insomma, che il bilanciamento del gioco dovrebbe essere migliore non ci piove, ma non ci sono dubbi nemmeno sul fatto che il gioco interno non è nelle corde di questo gruppo; un gruppo senza giocatori in grado di crearsi un tiro spalle a canestro, con due-giocatori-due che sanno muoversi nel pitturato, ma che mai possono essere utilizzati insieme.Insomma, si può criticare o non condividere l’impostazione, ma a giochi fatti e ampiamente iniziati, è necessario adeguare le aspettative.Vitali poco appariscente ma impegnato nella lettura, Sow concentrato e cavalcabile, capace finalmente di bilanciare picchi e cali di corrente, Mordente solido, Rocca finalmente presentabile, seppur in condizioni tutt’altro che scintillanti.La Milano che esce dal Pianella è una Milano consapevole, una squadra che vince non per un episodio: è una squadra che dimostra chiaramente ciò che potrebbe fare settimanalmente.E adesso, esposto il potenziale, marce indietro non sono più accettabili.Il terzo posto è a un passo; il nono anche.È meglio fingersi acrobati che sentirsi dei nani, diceva un cantautore. E se è necessario camuffarsi per non perdersi nei propri limiti, beviamo l’amaro calice e portiamo a termine una stagione di volatone finali, di improvvisazioni ed estemporanee esaltazioni.Ma io ieri ho visto che questa squadra non ha bisogno di altro che di essere consapevole.