L'Olimpia di Jay

LA STORIA DEL GIOVANE GUERRIERO E L’AQUILA CON GLI OCCHI BUONI


C’era una volta un popolo, variopinto e variegato, un popolo orgoglioso e battagliero.Non aveva differenze di ceto sociale, non conosceva invidia né pettegolezzo, aveva il solo obiettivo di conquistare trionfi.L’ambizionedi piantare la propria bandiera ovunque. Entro i confini della propriopaese e oltre, lungo le terre distese della lontana Europa.L’orgoglioli muoveva, la voglia di stupire, di sentire il peso del trionfo tra lemani e il sapore del successo nella bocca. E, forse per dimostrarequanto forti si sentivano, scelsero come simbolo della loro armata ilpiù piccolo dei soldati. Il più basso, il meno prestante, il piùsilenzioso. Un ometto piccolo che nessuno aveva mai visto in viso, dietro il suo elmo e oltre il suo scudo. Divenne il simbolo di quella frenetica conquista, di quel dominio che azzerò confini precostituiti. Quelragazzo senza volto, ma fiero dentro la sua corazza, sembrava nato ecostruito come emanazione del cuore che gli batteva in petto.Il dominio continuò, poi si incrinò sotto il peso dei decenni e sfumò annacquato nel colore. Glianni passarono e il popolo si succedette. I figli, i figli dei figli.Gli anziani impegnati a ricordare loro lo splendore del passato,l’antico fasto e la coltivazione della speranza per il futuro. E a tutti, quella statua fatta erigere nel centro della piazza. Unaenorme statua di quel ragazzo con lo scudo e l’elmo, un pezzo dimemoria piantato nella terra, come una radice secolare, come un monitoa chiunque lo osservasse dietro la stanchezza del tempo placido.Poi, un giorno, come un messaggio, giunse tra il popolo un’aquila. Qualcuno si guardò, qualcuno non capì, le mamme coprirono il capo dei loro bimbi. Ma era un’aquila buona. Gli occhi erano mansueti, il becco non rapace. L’aquilaparlò e promise al popolo di ricominciare la conquista nel solco deipropri padri, di imparare da capo la declinazione del verbo vincere.Tutti furono entusiasti. Ma l’aquila disse: io non esigo tributi, ma chiedo solo un sacrificio. Voglio volare via con il guerriero che c’è in questa piazza. Le urla di entusiasmo dei più giovani accolsero come una risposta non data la richiesta dell’aquila con gli occhi buoni.Ma quella notte gli anziani del villaggio non dormirono. Ei loro figli capirono. Solo i nipoti, per i quali il passato non era néstato vissuto, né raccontato, dormirono sonni a forma di nuovi trionfi. Poi, il mattino dopo, si incontrarono nella piazza del villaggioEtutti insieme, come guidati da un’idea comune, come messi in comunioneda una mano silenziosa, presero la parola e domandarono all’aquila.Per favore, non ci porti via il solo simbolo che parla di noi. Raccontare la storia a parole è più difficile che riassumerla con il simbolo che l’ha scritta.