Creato da: mr.moho il 08/05/2005

Oltre la notte...
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Messaggio N° 4
 10-05-2005 
 

Il vecchio Arnold

Il vecchio Arnold stava pensando che il mondo era stato davvero ingiusto con lui. La sua vita era stata un disastro e non era per colpa sua. Il lavoro per esempio. Trent'anni nello stesso ufficio, condiviso con altri sei impiegati, stesso percorso in macchina ogni giorno, stessa routine fatta di angherie da parte dei suoi colleghi. Sulla sua Lincoln Continental di seconda mano, comprata per fare piacere alla ex moglie più che per sua volontà, il vecchio Arnold se ne andava a zonzo per la sonnolenta Bluetown. Passò davanti al suo vecchio ufficio, prima dell'apertura. Ricordava il suo capo, un giovanotto aggressivo ed irritante che aveva fatto carriera grazie a spinte politiche provenienti dal padre. Ricordava il suo ultimo giorno di lavoro, il giorno della pensione. Kellingthon, il suo capufficio appunto, lo aveva guardato e gli aveva detto -Ti va bene che sei arrivato Arnold, perchè pur di non vedere più la tua faccia lunga giuro che avrei fatto carte false per eliminarti dall'ufficio. Prendi la tua roba e sparisci, sei il primo dei cambiamenti quì alla Promafarm, niente più vecchi rimbambiti d'ora in avanti!-

Così, dopo trent'anni senza un solo ritardo, senza un richiamo formale, senza un'assenza ingiustificata, neanche dopo il divorzio da Ellen che lo aveva tanto scosso e ferito, quel rampollo di famiglia ricca che aveva l'unico pregio di essere figlio di un pezzo grosso lo dileggiava apertamente, lo insultava di fornte a tutti i suoi colleghi sghignazzanti. Lui non era un tipo socievole, ma anche se non parlava molto alcune di quelle persone le conosceva da anni. Quelle risate alle sue spalle lo avevano ferito. Arnold vide l'auto sportiva del giovane entrare nel parcheggio, filare dritta al garage, dove solo i direttori avevano diritto di parcheggiare le loro belle auto costose. Arnold decise che avrebbe parlato un attimo con lui, prima che la gente dell'ufficio arrivasse.

Tre minuti dopo, il vecchio Arnold, soddisfatto e di buon umore, risalì sulla Lincoln bianco panna, uscì dal parcheggio e si rimise in viaggio. Si sentiva meglio, molto meglio, ora che aveva detto tutto ciò che sentiva dentro all'arrogante stronzetto. Era proprio vero che non tutti i mali vengon per nuocere. Quando, la mattina precedente aveva parlato col suo medico credeva che la sua vita fosse finita. Il verdetto era chiaro. Aveva due mesi di vita, forse meno. Tornando a casa si era chiesto -che mai ho lasciato in sospeso nella mia vita? Cosa avrei voluto dire, o fare magari, e non ho mai trovato il tempo di portare a termine?- Aveva cominciato a pensare, a fare una mappa mentale di tutti i posti dove aveva qualcosa da regolare prima di potersene andare sereno.

Ellen, la ex moglie di Arnold, era una persona spregevole. Non lo era sempre stata, intendiamoci. Lo era diventata col tempo. Mentre lui lavorava lei aveva scoperto che era divertente tradirlo puntualmente, con uomini diversi, giusto per il gusto di giocare con lui. Era sempre in giro per i bar, spesso ubriaca. La gente sapeva, mormorava, rideva alle spalle di Arnold. Un giorno era accaduto l'inevitabile. Non facendo caso all'ora lei si era trattenuta troppo a lungo con uno dei suoi amanti occasionali, un tipo grezzo e macho, sui trentacinque. Il classico tipo da media rossa alle cinque del pomeriggio per cominciare, senza lavoro fisso, senza nulla da perdere. Arnold rincasò come ogni giorno. I due erano in cucina, lei sul tavolo e lui di fronte, si davano da fare alla grande. Arnold rimase a bocca aperta, il tipo lo vide, smise di sbattere la moglie e prese a battere il marito, ma a suon di cazzotti decisi. Ellen rideva, ubriaca ed eccitata, e lo insultava dicendo che era un perdente, che lei lo avrebbe piantato, povero imbecille, perchè voleva uomini veri, lei... E così fece. Se ne andò, ed era ancora giovane e bella. Arnold, che al tempo aveva trentatre anni, la vide sparire dalla sua vita e ne soffrì molto, ricordando la persona dolce che era stata, i suoi sorrisi quando avevano vent'anni e si incontravano di nascosto perchè il padre di lei era molto possessivo, le corse lungo la spiaggia al tramonto. Ma il tempo l'aveva cambiata, i suoi amici avevano influito su di lei, l'alcool era diventato l'unico vero amante di quella un tempo bellissima ragazza, ridotta ora ad uno straccio.

Così, il vecchio Arnold, decise che prima di morire voleva dire qualcosa anche a lei, più per la pietà che provava vedendo come si era ridotta che per il rancore di un passato tanto doloroso da ricordare. Lei abitava nella parte est di Bluetown, la zona dei bassifondi, per intenderci. Arnold parcheggiò la Lincoln alle dieci e trentasette del mattino, dopo aver fumato una sigaretta viaggiando lento lungo le strade semideserte ed aver preso un caffè. Fermò la macchina nel vicolo dietro la casa di lei ed entrò dalla porta laterale che dava sul cortile del palazzo. Era aperta da anni, la serratura divelta da chissà chi un tempo non era mai stata sostituita. Sarebbe stato inutile vista la gentaglia del quartiere. Salì una scala puzzolente dai muri coperti di scritte spray ed ingombra di rifiuti vari ed arrivò alla porta della casa di lei.

Alle undici in punto Alfred, rincuorato dalla piega che il suo discorso con Ellen aveva preso, risalì sulla Lincoln (che nel frattempo tre teppisti locali avevano pensato di rubargli) e ripartì.

Alle undici e ventisei minuti, il vecchio Alfred entrava con la Continental nel parcheggio sotto casa del suo amico George. Lui era stato un ottimo amico di George per molti anni, lo aveva aiutato a finire gli studi quando l'altro era in difficoltà economiche, lo aveva incoraggiato nella carriera. Poi ,un giorno, si erano innamorati della stessa donna. Ormai quarantenni, lui divorziato e George scapolo, i due si ritrovavano a chiacchierare al solito pub ogni giovedì sera. Lei era entrata nel locale da sola, quasi all'ora di chiusura, ed aveva preso un gin tonic guardandosi intorno. Lui e George l'avevano amata dal primo istante. Lei li aveva guardati con quei suoi occhioni azzurri e lui si era sentito sciogliere dentro. Ma George, da sempre più abituato di lui a rimorchiare le ragazze, non gli aveva lasciato il tempo di dire nulla. Aspetta un attimo, torno subito- gli aveva detto. Poi si era alzato, era andato al bancone del bar dove lei sedeva su di uno sgabello con le bellissime gambe accavallate, e aveva ordinato da bere per entrambi. Non era mai tornato al tavolo di Alfred, lo aveva salutato con un cenno mentre usciva con la ragazza ed era sparito nel nulla. Si erano sposati, avevano divorziato dopo sei anni ed un figlio. George era rimasto solo, senza amici, senza nulla che non fosse il lavoro. Erano passati anni ormai... Ma ora voleva dire al suo vecchio amico che gli dispiaceva per come erano andate le cose. Lui aveva rivisto Rebecca, la donna di George. Si erano incontrati spesso qualche anno dopo. Lei era infelice con George, lui era solo. Erano stati amanti e George lo aveva scoperto. Lo aveva aspettato fuori dal lavoro, lo aveva insultato, lo aveva picchiato davanti ai suoi colleghi. Alfred aveva cercato di spiegargli, di dirgli come erano andate le cose, ma non era servito a nulla. George lo aveva disprezzato per anni, aveva distrutto i suoi contatti con gli altri vecchi amici, dileggiandolo in pubblico. Poi, per estrema vendetta, aveva fatto sapere a Alfred che anche lui, in passato, si era divertito con Ellen. Questa era la cosa che più gli aveva fatto male. Per anni l'amico aveva finto con lui. Ogni giovedì sera si erano scolati la loro birretta insieme, parlando del più e del meno. Per anni George aveva in realtà parlato alle sue spalle, vantandosi di aver soddisfatto la bella Ellen, già ai tempi in cui lei ed Alfred erano fidanzati, molto meglio di lui.

Alfred parlò con George. Poi risalì in auto e si diresse al più vicino posto di polizia. Quì, felice e coperto di sangue, depose la scure da pompiere con la quale era uscito di casa al mattino e raccontò al sergente O'Flaggerty (che lo aveva sotto tiro) che lui aveva risolto ogni cosa, sia con il suo maledetto capufficio, che col rottame che un tempo era Ellen, che con George, quel gran bastardo.

Quando gli misero le manette, il vecchio Alfred aveva un sorriso stampato sul volto che da anni non ricordava. Erano le dodici e sette minuti.



 
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