Oltre la notte...

Prossima fermata?


Tad scese le scale della stazione di Birthington sovrappensiero, scansò un barbone ubriaco, superò una vecchia messicana dallo sguardo torvo ed arrivò alla pensilina sporca, ingombra di cartacce testimoni dell'appena trascorso sabato notte. Odiava la domenica, giorno diverso dagli altri per tutti tranne che per lui. Niente sabati di follìa per Ted Rooster, lui doveva lavorare come sempre. Era la missione della sua vita, che lo volesse o no. Ted era un guardiano della subway ed il suo incarico era di occuparsi dell' illuminazione dei tunnel nei quali sfrecciavano i treni durante i normali giorni lavorativi. Col traffico ridotto della domenica mattina doveva approfittare della situazione e recarsi nelle profondità delle scure gallerie per sostituire lampadine mancanti o fulminate. Il vagone sul quale salì era vecchio ma pulito, probabilmente arrivava dal deposito nord ed era stato appena inserito nel circuito dopo la notte passata ad attendere di essere spazato e disinfettato. Un odore pungente di sostanze sterili permeava leggermente l'aria. Tad si sedette ed aspettò di arrivare alla fine del tragitto per inoltrarsi lungo le gallerie, che quel giorno di festa sarebbero rimaste inattive fino a mezogiorno. A lui non dispiaceva fare quel tipo di riparazioni. La sua metropolitana era qualcosa di molto vicino al concetto di casa, per molti versi si trovava più a suo agio lì sotto, lontano dalla opprimente pressione psicologica di Annie, sua moglie, che lo rimproverava di continuo per non aver fatto altro che cambiar lampadine nella sua vita. Ad ascoltare lei la casa era piccola, il quartiere brutto, i soldi pochi. Secondo Annie il fatto di non volere un'auto non era una scelta, semplicemente lui non aveva voglia di portarla in giro. Viaggiavano solo in metro, grazie ai biglietti gratuiti di lui. Annie odiava la metropolitana. Annie odiava quasi tutto della loro vita insieme. Era come se, col passare degli anni, lui fosse diventato il vero responsabile di tutto ciò che non funzionava nella vita di lei. Eppure un tempo era stata una donna bella ed energica. Aveva sofferto molto per non aver potuto avere bambini e lui lo sapeva. Si era rinchiusa nella sua prigione domestica fatta di televendite alle quali non avrebbe mai comprato nulla, tabloid economici, romanzi che parlavano di uomini belli, ricchi ed avventurosi. E Tad si era rifugiato nel suo dedalo oscuro, in compagnia di pochi altri che incontrava alle stazioni e salutava appena. Lui sapeva che il suo compito era importante. Aveva quarantasei anni, ma li portava male, era leggermente sovrappeso, spesso non si radeva, un incipiente calvizie cominciava a farsi strada tra i capelli biondi un tempo folti. Le porte si aprirono alla fine del tragitto e Tad scese dal vagone. Salutò con un cenno il conducente e si inoltrò oltre una grata di protezione lungo una scala di ferro che andava inoltrandosi nelle tenebre. Illuminò con la sua potente torcia il cammino di fronte a sè, evitando accuaratamente di pestare le varie cose non identificabili che vedeva lungo il cammino. Uno era un topo morto, un'altra una nidiata di ragni ancora sigillata nel bozzolo argentato, un'altra ancora una cartaccia che un tempo era stata un contenitore per biscotti alla crusca... Tad procedeva tranquillo, abituato dalla sua ventennale esperienza, tra i cunicoli di collegamento tra i vari tunnel di linea. Cambiò un vecchi neon con uno che prese dalla sua ordinatissima sacca di attrezzi e ricambi, nella quale ebbe cura di riporre il vecchio. Poi, mentre si dirigeva verso la linea 4, vide qualcosa di nuovo. Era strano, non gli capitava mai di notare cose nuove là sotto. Subito non ci fece caso, ma poi tornò indietro sui suoi passi per controllare. Una macchia nel buio pareva più scura del resto. Illuminata in pieno con la torcia quella sezione Tad notò che era una spaccatura nel vecchio muro perimetrale di uno dei passaggi di comuinicazione dei tunnel più vecchi, i quali erano ancora costruiti in mattoni in quella parte della città. Come una nera "V" ritagliata nel muro spesso mezzo metro, probabilmente causata da qualche infiltrazione d'acqua. Avvicinandosi si ricordò del tunnel numero 16, chiuso vent'anni prima che lui arrivasse in città. La luce della torcia scavava solchi di luce giallastra nella fitta oscurità al di là della spaccatura. Il 16 lo avevano chiuso dopo un incidente, se ben ricordava. Un incendio o qualcosa del genere. La curiosità per quel nuovo misterioso tunnel lo spinse ad infilarsi oltre quella porta sul buio. Tad si ritrovò in un mondo nuovo, fatto di memorie dimenticate, di antiche rotaie in disuso da decenni. Il suo fascio di luce illuminò una vecchia pensilina annerita dalle fiamme divampate in un passato dimenticato. Poi, proprio in fondo a quel ramo caduto nell'oblìo della sua metropolitana, Tad vide il vagone. In parte rovinato dalla furia dell'incendio era un vecchio modello dell'inizio del secolo, ornato di ottoni ormai screpolati dall'umidità e di lettere sbiadite. Con circospezione egli vi si inoltrò. Lo avevano lasciato lì, sepolto e silenzioso, per tutto quel tempo. Tad entrò nella vettura, la percorse fino alla cabina di comando, si sedette sul sedile del conducente, felice senza un vero motivo per quella scoperta. Come un ragazzino chiese a sè stesso a voce alta "prossima fermata?"e si meravigliò del rimbombante suono della sua stessa voce nel silenzio sacrale del luogo. Vide accanto a lui un vecchio giornale, in parte ancora leggibile. La data era del 1931. La notizia più importante pareva essere la visita di un emiro a Londra. Si, ora ricordava...era stato proprio lì che era succeso tutto. L'emiro aveva voluto visitare questa meraviglia tecnologica che era la metro di quei tempi ma la folla accorsa per vederlo da vicino aveva intasato di traffico inatteso tutta la stazione. Era allora che era scoppiato l'incendio. Nessuno vi era perito, ma la furia delle fiamme aveva distrutto completamente la stazione, ricostruita l'anno seguente alcune centinaia di metri a sud di lì e tuttora funzionante. Sceso dal vagone Tad si diresse ai resti della stazione carbonizzata. Uno dei muri pareva meno danneggiato ed in esso si trovava una porta marcescente. Colto da uno stimolo di curiosità irrefrenabile Tad spinse le vecchie assi di alto ed entrò nel piccolo locale che esse racchiudevano. Un ufficio oggetti smarriti. Nel trambusto che era seguito al disastro della stazione della linea 16 avevano tralasciato di svuotare completamente quel piccolo ripostiglio. Tad vide alcune borse completamente sfatte dal tempo, un vecchio cappello ammuffito, un ripiano divelto coperto di oggetti ormai irriconoscibili. Voleva vedere cosa poteva portare con sè a memoria di quel momento, ma decise di permettersi prima una sigaretta per assaporare quel momento.Nell'accenderla illuminò un angolo della stanza che non aveva visto prima, dove altre borse erano state accatastate come cianfrusaglie. Si ripromise di osservare meglio più tardi e decise di sbirciare ancora un attimo il giornale. Una rapina ad una gioielleria nel quartiere, una donna morta di parto, un vecchio negozio che chiudeva. La pagina della cronaca era ben scritta, ma purtroppo le altre erano rovinate dal tempo. Poco male, era ora di tornare al lavoro. Guardò ancora un attimo le scale dietro di lui, cieche perchè ostruite tanti anni prima. Poi si volse a dare una ultima occhiata agli oggetti "smarriti". CHi aveva sgombrato il locale non si era preso la briga di portare via tutto, aveva solo ammucchiato la roba in un angolo e sprangato la porta, probabilmente per fare in fretta. Tad vide tra le altre una borsa nera, di quelle da medico di inizio secolo. Con un cacciavite la toccò e vide che si sfaldava sotto il tocco dell'attrezzo. Tad si aspettava di trovarvi dentro qualche arrugginito ferro da chirurgo o al massimo dei libri ammuffiti, ma con sua grande sorpresa vide un riflesso dorato provenire dall'interno della borsa. Per un atimo non credete ai propri occhi. Aveva tra le mani una piccola fortuna in gioielli e preziosi vari, un tesoro dimenticato lì nella fretta della fuga da qualcuno. Ma chi mai poteva aver scordato un tale patrimonio senza reclamarlo? Ma certo- si disse l'elettricista- la rapina alla gioielleria! Per un attimo pensò a tutto ciò che avrebbe potuto fare con il ricavato di quel ritrovamento fortuito. Annie sarebbe stata felice, avrebbero potuto cambiare finalmente casa, lei avrebbe potuto avere la sua tanto agognata auto e lui avrebbe potuto lasciare il lavoro per starle accanto sempre. Poi, un senso di inquietudine si impadronì di lui. Lasciare la Subway, la quiete dei suoi tunnel. Tad sapeva bene che Annie non avrebbe mai acconsentito a che lui continuasse a lavorare se fossero stati ricchi. Lo avrebbe rinchiuso nel suo guscio di lamentele (ed era inutile sperare che i soldi avrebbero cambiato quella situazione, Tad lo sapeva bene) e lui avrebbe perso anche la sua unica uscita di sicurezza. Per questo decise senza rimorsi cosa avrebbe fatto. Prese i gioielli e li nascose bene nel buio della piccola stanza, rimise a posto le assi della della porta divelta e si incamminò verso la spaccatura dalla quale era entrato. Verso la prossima stazione.