Oltre la notte...

La tristezza del Re


Sua maestà Elvistan di Arolmas era un uomo potente. Al suo volere il mondo conosciuto si piegava con deferenza, alla sua voce si inchinavano gli imperi confinanti. La sua casata era antica, molto più antica del Regno, che i suoi avi avevano fondato sulle rovine di una moltitudine di piccole tribù bellicose. Le sue imprese erano note in tutto il continente, i suoi giochi di potere avevano decretato la posizione solida del suo dominio incontrastato. Era stato un uomo dalle molteplici capacità, aveva strappato il trono a quell'inetto di suo fratello Trivan, più impacciato e meno abile nei giochi di corte, aveva sposato la figlia del suo maggior oppositore a corte, il niobile e corrotto Sponar di Molter, costringendolo in tal modo a assoggettare il proprio piccolo gruppo di oppositori al suo volere. Elvistan conquistò tutto ciò che era conquistabile nel suo mondo. Ottenne le miniere del nord e con il ricavato di queste finanziò le sue guerre di espansione, invase la Marca di Confine e la prese in un solo anno, guidò le sue truppe imperiali a est di Melrodax, oltre i deserti della Morte Asciutta. Tutto ciò che voleva era in suo potere. Aveva decretato tasse adeguate alla vita dei suoi sudditi ed essi lo rispettavano e temevano la sua ira, aveva corrotto i vertici dei maggiori culti che potevano portare i propri adepti in guerra contro il Regno, comprato i leader delle sette oscure che regnavano nell'ombra, preso a schiaffi coloro che gli si erano posti di fronte con l'intento di ostacolare il suo atto di imposizione della propria volontà. Egli era l'uomo più ricco della Terra, possedeva palazzi e ricchezze smisurate, interi quartieri di Lugusarti, la capitale del suo regno, erano lastricati di pietre preziose in ogni dove, le case erano rivestite di marmo più lucente del sole, i loro tetti a guglia fatti di lastre di ambra verde come i mari del sud, le porte delle mura erano d'oro massiccio. Eppure, contro ad ogni logica, Elvistan non era felice. La sua politica perfetta non lo rendeva soddisfatto, ora che aveva praticamente tutto. I suoi eserciti dai mille stendardi non potevano più portare al suo cospetto nulla che il Sovrano non avesse già. Elvistan soffriva molto perchè il mondo era suo, nessuna parte esclusa. Decise di interrogare i saggi di corte per trovare qualcosa che non fosse già sua da conquistare, ma questi non potevano dare risposta alla sua persistente domanda, che suonava monotona e ripetuta infinite volte tra le mura ingioiellate del palazzo reale: Cosa ancora mi manca? Cosa varrebbe la pena di conquistare, ora che ogni cosa ed ogni vita mi appartiene?Per due anni si lamentò incesantemente di essere infelice, nulla lo metteva di buon umore, nessuna delle sue ricchezze lo compiaceva nè alcuna donna tra le sue numerose concubine lo interessava al punto da fargli dimenticare il proprio dilemma. Poi, al suo glorioso cospetto, giunse un vecchio dalla lunga barba canuta, magro ed abbronzato dal cocente sole di Oriente. Passando accanto alle finestre del palazzo, aveva sentito il disperato pianto del Sovrano ed aveva chiesto di esere ricevuto Elvistan. Ovviamente i guardiani del Sacro Cancello degli appartamenti reali avevano rifiutato di farlo passare, ed egli, per ottenere il consenso di qualcuno all'interno delle mura del giardino, si era piazzato oltre le mura di smeraldo ed aveva imbracciato la lira, prendendo a suonare una melodia mai udìta prima da alcuno. Era una musica triste, lenta ma vibrante, delicata ma decisa nel tocco fermo delle dita del vecchio. Era ormai notte, quando il Sovrano, affranto nel suo orribile dilemma, passeggiava nel Giardino delle Molteplici Gioie, che per lui non era più che un pezzo di terra coltivato a fiori ed ornato di statue che lo ritraevano, quando udì la voce bassa e suadente del vecchio che giungeva dall'esterno. Interrogate le guardie del Cancello seppe che era solo un viandante, ma che essi non avevano avuto cuore di allontanarlo, tanto il suo canto era ipnoticamente affascinante ed evocativo. Elvistan, allora, diede ordine che il vecchio fosse condotto al suo cospetto. In un attimo i Ministri ed i Saggi furono al fianco del trono di Alabastro del loro signore, prostrati al suo volere ed emozionati per il suo vivo interesse per qualcosa di nuovo. Il vecchio fu dunque accompagnato alla presenza dell'uomo più potente del mondo, dopo essere stato rivestito e lavato dalla polvere del deserto che aveva attraversato. Elvistan entrò nella sala del trono di Alabastro con il suo abito più bello, il suo copricapo di Pietra di Luna finemente intarsiato era rilucente di riflessi incantati, la sua figura più regale che mai, il suo lungo abito coperto di ricami in oro ed argento, la sua cotta di maglia ornata di leggera e resitentissima pelle di drago. Era il sovrano perfetto, il figlio degli Dei, il conquistatore di Ogni Cosa. Il vecchio, in ginocchio, chinò il capo alla vista di tanta maestà, commosso dall'onore ricevuto. Il consigliere di corte si avvicinò al Sovrano, per udire e ripetere le sue parole, che certo Egli non poteva rivolgere direttamente ad un villico il cui rango non era che suonator di strada."Chi sei, vecchio musico? Cosa ti porta alla porta del Celeste Impero Superiore?" decantò il consigliere di corte."Il mio nome è Uxagor, Vostra Infinita Magnificaenza, e non sono che un servitore fedele del vostro potente volere, preoccupato per il vostro malumore. Cantore dei borghi, cerco da sempre di portare la gioia laddove non c'è. Questa è la mia missione nel mondo, Maestà di Ogni Cosa..." dise il vecchio con voce melodiosa e perfettamente scandita, senza alzare gli occhi dal pavimento della enorme sala."Sembrate un uomo saggio, Uxagor il Cantore, molto avvezzo a comprendere la natura umana e l'Ordine delle Cose. Diteci, dunque, potete sciogliere il dilemma che Ci affligge?" disse, contro ogni etichetta, il Sovrano. Il consigliere di corte, esterrefatto, rimase in ascolto del volere del suo signore, tremando per il terribile dubbio di essere stato giudicato indegno di portare la voce di Elvistan al mondo.Anche il vecchio ebbe un attimo di panico. Lui, Elvistan il Conquistatore, lo aveva interpellato direttamente, senza alcun intermediario. Questo era un onore riservato a pochi intimi, se la sua risposta non avese soddisfatto il Re la sua sorte era certamente segnata indelebilmente."O Vostra Lucente Superiorità, udito il vostro dolore credo di avere compreso il vostro dilemma. Il conquistatore ha dunque ormai ottenuto ogni cosa su ogni angolo delle terre emerse e conquistato il diritto di amministrare i sette mari..."aggiunse il musico ramingo."Così è, come tutti sanno"sentenziò Elvistan. "Ma Vostra Infinita Grandezza, perchè non provare a trovare ciò che ancora vi è da conquistare, nell'unico posto al mondo in cui solo la Vostra Immensa Mente Limpida può osservare? Vi è un regno del quale nessuno può mai dirsi pienamente padrone, almeno nessuno lo potè fino alla nascita della Vostra Incommensurabile Beatitudine in Terra. Non parlo di un luogo fisico, Voi possedete ogni luogo ed ogni cosa, ma di un sentimento, Vostra Altezza Irraggiungibile" disse il suonatore di lira, la voce rotta dall'emozione e dal terrore di irritare il signore degli uomini tutti."Un sentimento? Che curiosa risposta musico, quale interesse potremmo mai avere Noi nella conquista di qualcosa che tutti possono prendere? Spiegatevi meglio, Siamo curiosi di conoscere il vostro pensiero!" fu la parola di Elvistan il Magnifico."O Vostra Indulgente e Magnanima Immensità, mi riferisco a quella parte del mondo che non si trova fuori dalla mente umana, ma dentro di essa. Parlo del regno interiore dell'anima e della conoscenza, che solo una mente superiore e saggia oltre ogni comprensione può anelare a conquistare. Ora che ogni volontà è seconda alla vostra, l'unico luogo dove potreste mai trovare un territorio di conquista non si vede, non si trova in questo mondo terreno, già tutto Vostro, ora e per sempre, ma è dentro di Voi, è la vostra anima il luogo che vi propongo di conquistare, armato del coraggio che vi ha distinto sempre, della decisione che vi ha reso Imperatore del Mondo, della sensibilità e della acutezza che vi hanno portato a distinguere sempre il bene dal male, il giusto dall'errore, il buono dal malvagio, solo Voi potete riuscire nell'impresa di esplorare il Vostro spirito. Arte e Conoscenza, da sempre vostre alleate, possono assisterVi nel cercare la soddisfazione del Vostro Io interiore. Questo solo può essere il luogo che ancora non avete esplorato, l'unico che nessun altro può conoscere, l'unico che nessuno può arrivare ad anelare, all'infuori di Voi..." la voce del musico risuonò nella enorme sala del trono. La corte era ammutolita di fronte all'audacia di quel vecchio. Era dunque egli totalmente folle a dire al Sovrano che non conosceva sè stesso? Ma i Saggi osservarono Elvistan e compresero che quelle parole avevano toccato il cuore del loro Sire. Elvistan si alzò dal suo trono e tutti abbassarono immediatamente lo sguardo di fornte a lui. Il vecchio si prostrò a terra, temendo uno scatto d'ira del Re di Ogni Terra del Mondo. Ma quale risposta poteva mai dare al suo Signore, se non quella che il cuore gli suggeriva?Elvistan di Arolmar, l'Immenso, scese gli scalini del trono e si diresse verso il vecchio."Vecchio, tu dici il vero, Noi conosciamo e possediamo ogni cosa del mondo, tranne la più difficile da conquistare, la conoscenza di Noi Stessi. Alzatevi, che io possa vedere il vostro volto e ricordare questo momento nei giorni e negli anni che gli Dei vorranno concedermi di vivere!" disse.Il vecchio non credeva alle sue orecchie. Doveva essere impazzito per il troppo sole, questo non poteva essere vero. Egli lo esortava ad alzarsi al proprio cospetto? Mai e poi mai avrebbe ardito immaginare di potersi mettere al livello del Re. Ma un Suo desiderio era legge, se Egli avesse detto di spostare una catena di montagne di un giorno di marcia il mondo intero avrebbe preso attrezzi ed armi e sarebbe corso a prendere un pezzo dei monti per poterlo spostare. Così, tremante al cospetto di Elvistan, Uxagor il Cantore si alzò. "Amico mio" aggiunse il Signore di Ogni Casata, "lasciate che vi abbracci come un fratello, perchè oggi voi mi avete mostrato la via per la mia conquista più difficile, ponendo fine al mio dilemma, dandomi sollievo laddove nessuno aveva potuto!"e detto ciò Elvistan abbracciò il vecchio musico incredulo, fregandosene dell'etichetta di corte, dei Saggi, del mondo intero (che per altro era suo, quindi Egli poteva benissimo ignorarlo a proprio piacimento). Si narra che Elvistan decise un periodo di festa di un mese, per celebrare la fine del proprio malumore, e che da allora il sorriso non lo abbanonò mai, fino alla morte, che avvenne molti anni dopo. Per tutta la vita dopo di allora, Egli imparò, conobbe, creò. Ma per sua fortuna non trovò mai tutto ciò che c'era da scoprire dentro il proprio cuore e morì felice. Da conquistatore.Per quanto concerne Uxagor il Cantore, egli restò a corte un poco, intrattenendosi in lunghe camminate col Signore del Mondo, ma dopo un certo periodo chiese a Sua Altezza di poter ripartire nel suo interminabile viaggio perchè necessitava di meditare e suonare in nuove corti, rifiutò ogni bene che Elvistan gli offrì, dichiarando che la sua natura era umile, la sua lira era tutto ciò che possedeva e tutto ciò che desiderava. Elvistan capì le sue ragioni e lo guardò partire, felice che l'amico fosse libero di andare laddove la propria musica lo portava.