OLTRE LE RIGHE

IL DUOMO DI MODENA


Premessa. Il Duomo di Modena trova spazio in questo blog soprattutto per le interessanti sculture che si trovano sulla facciata e sul lato sinistro della chiesa, ma anche per far conoscere ad un vasto pubblico questa splendida opera d’arte della mia città, entrato a far parte del patrimonio dell’umanità dell’Unesco nel 1997.  Sulla facciata, disposte su 4 tavole rettangolari, si trova la rappresentazione della Genesi con Adamo ed Eva e l’Arca di Noè, argomenti già trattati in passato nel blog. Sul lato sinistro, sopra alla porta della Pescheria, disposta lungo l’archivolto, si trova la più antica testimonianza nota in scultura delle vicende del ciclo bretone di Re Artù. Non a caso pubblico oggi questo articolo: il 31 gennaio è la festa del patrono San Geminiano a cui è dedicato il Duomo di Modena. Contesto storico. L’antica città di Modena, Mutina in latino, divenne nel 183 a.c. una colonia romana e dopo la costruzione della la Via Emilia nel 187 a.c., diventò un importante centro commerciale in quanto rappresentava una via di collegamento tra Roma e le regioni periferiche dell’Impero; poteva contare anche su una fitta rete di canali navigabili. Tra il V e il IX secolo, la città attraversò un periodo di grande decadenza e subì gravi danni a causa delle invasioni barbariche e di alluvioni distruttivi che costrinsero gli abitanti a rifugiarsi in una vicina cittadella fortificata di origine longobarda chiamata Cittanova. Pertanto, nessun
edificio o monumento di epoca romana è giunto fino a noi. Intorno all’anno 1000 la città tornò a popolarsi, rifiorirono i commerci e le arti, iniziarono intensi lavori di bonifica dei terreni e di ricostruzione degli edifici, compresa anche la cinta muraria difensiva. La città faceva parte dei territori dei marchesi di Canossa mentre poco più a nord si estendevano i possedimenti del monastero di Nonantola. Questo periodo storico era caratterizzato dalla lotta tra papato e impero: la città era governata da vescovo Eriberto ma nel 1081 fu scomunicato dal papa Gregorio VII per le sue simpatie con l’imperatore Enrico IV. La sede vescovile rimase vacante per ben vent’anni a causa della difficoltà a nominare un vescovo gradito al popolo; fu proprio in questo periodo che i cittadini modenesi, approfittando della loro autonomia dal potere papale e imperiale, iniziarono i lavori per la costruzione della cattedrale ancor prima che si insediasse il nuovo vescovo Dodone nominato nel 1101 dal papa Urbano II. Sono i cittadini riuniti nel Consilium che decidono a chi affidare il progetto, a scegliere le maestranze, i materiali e ad indicare le scene che devono essere rappresentate nei bassorilievi. Il Duomo diventa quindi il simbolo dell’autodeterminazione del popolo modenese che culminerà nel 1135 con la costituzione del libero Comune. 
Il Duomo. I lavori per la costruzione della cattedrale, dedicata a San Geminiano protettore della città, iniziarono nel 1099. La direzione dei lavori fu affidata all’architetto Lanfranco che si avvalse dell’opera dello scultore Wiligelmo. Il duomo sorge nello stesso punto in cui si trovava una chiesa precedente, più piccola, costruita appena trent’anni prima ma con materiali scadenti e pertanto già decadente. Per la costruzione della nuova chiesa si utilizzarono materiali ricavati da precedenti edifici di epoca romana e quando ormai non si trovavano più i marmi necessari per completare l’opera, si scoprì una necropoli romana dalla quale si poterono ricavare tutte le pietre necessarie per portare a termine il progetto. Nel 1106 fu completata la parte absidale nella quale fu traslata la salma del patrono. I lavori durarono 18 anni e la cattedrale fu completata nel 1117. Successivamente, a partire dal 1167, i Maestri Campionesi realizzarono le sculture interne e il grande rosone; aprirono le due porte secondarie sulla facciata e la grande Porta Regia sul lato destro verso Piazza Grande. Il Duomo fu consacrato nel 1184 da Papa Lucio III. La splendida facciata in marmo è decorata con pregevoli sculture del Wiligelmo che rappresentano gli episodi della Genesi. Nell’interno, a tre navate, di cui quella centrale di larghezza doppia rispetto a quelle laterali, è rilevante la zona presbiteriale, opera dei Campionesi, dove si trova un pontile finemente decorato con scene della passione di Cristo. Attraverso una serie di archi si accede alla cripta dove si trova la tomba di San Geminiano. A fianco del Duomo si erge la torre campanaria, detta Ghirlandina, realizzata in due fasi successive: la prima seguì il progetto di Lanfranco e portò all’edificazione di un campanile in stile romanico a base quadrata, completato nel 1170; la seconda fu portata a termine nel 1319 dai Maestri Campionesi che aggiunsero la parte sommitale a base ottagonale in stile gotico e che ha portato l’altezza complessiva della torre a 88 metri.  Le sculture della Genesi. I bassorilievi della Genesi, capolavoro della scultura romanica, si trovano sulla facciata divisi in 4 lastre rettangolari, ognuna con 3 episodi distinti, tutte opera del Wiligelmo.  
Nella prima lastra sono rappresentati: la creazione di Adamo; la creazione di Eva; il peccato originale con i due progenitori che mangiano il frutto dell’albero della vita nel giardino dell’Eden ingannati dal serpente. Da notare come nelle prime due scene Adamo ed Eva sono privi di attributi sessuali: un modo per rappresentare la loro innocenza e beatitudine in quanto, trovandosi nel Paradiso Terrestre, non avevano bisogno di passioni e piaceri di alcun genere; solo nell’ultima scena compare la sessualità che i due nascondono essendo nato in loro il senso del pudore.  
Nella seconda lastra sono rappresentati: Adamo ed Eva terrorizzati al cospetto di Dio che li rimprovera; la cacciata dal Paradiso Terrestre con la trasformazione della loro natura da divina a umana; la fatica del lavoro a cui saranno costretti per sopravvivere. Da notare che i due sono muniti di zappa e sono vestiti come i contadini padani dell’epoca medievale. 
Nella terza lastra sono rappresentati: Caino e Abele che offrono a Dio i loro doni; l’omicidio di Abele da parte di Caino; il rimprovero di Dio a Caino. Da notare che Caino è un contadino che offre un fascio di spighe mentre Abele è un pastore e offre un agnello; i dettagli dei vestiti e della pettinatura lasciano intendere che Abele, in quanto pastore, è più benestante ed è già stato scelto da Dio che rivolge a lui lo sguardo. 
Nella quarta e ultima lastra sono rappresentati: l’episodio dell’uccisione di Caino da parte di Lamech tratto dalla Bibbia apocrifa; l’Arca di Noè, rappresentata simbolicamente come una basilica; Noè e i suoi figli escono dall’Arca. Da notare che i vestiti di Noè e dei suoi figli non sono quelli dei contadini ma sembrano quelli dei consoli romani quasi a simboleggiare la nascita di una nuova e più evoluta civiltà. Le sculture di Re Artù. I bassorilievi del ciclo cavalleresco bretone si trovano nell’archivolto sopra alla Porta della Pescheria, scolpiti non più tardi del 1120. Per l’epoca è curioso che una storia di natura profana come quella di Re Artù trovi spazio in un chiesa cattolica. Si tratta della più antica rappresentazione scultorea delle gesta di Re Artù, anteriore anche ai testi di Goffredo di Monmouth pubblicati tra il 1135 e il 1140 che per la prima volta narravano le vicende dell’eroe bretone. Il mistero può essere spiegato con il fatto che queste storie erano già conosciute, tramandate oralmente dai giullari, prima della loro stesura definitiva in un testo scritto.  
Nei bassorilievi si nota Mardoc che tiene prigioniera Winlogee nel suo castello mentre Artù de Bretania e i suoi cavalieri armati di lance danno l’assalto alla fortezza: sono Isdernus, Burmaltus, Galvaginus, Galvariun e Che. I difensori sono rappresentati da un fante armato di una picca e dal cavaliere Carrado. Tutti i nomi dei personaggi sono scolpiti nella parte superiore del bassorilievo e le analisi hanno dimostrato che tali iscrizioni sono contemporanee alle sculture e non sono state aggiunte in epoca successiva. L’episodio narrato è piuttosto enigmatico in quanto non lo si ritrova nei testi scritti dell’epoca con gli stessi nomi e gli stessi dettagli rappresentati sulla cattedrale; pare una vicenda costruita assemblando personaggi e fatti appartenenti a racconti diversi: Winlogee, il cui nome potrebbe essere una variante di Ginevra, viene rapita dal cavaliere Carrado che la conduce da Mardoc, innamorato di lei. Costui la tiene prigioniera in un castello ma Re Artù e i suoi cavalieri riusciranno a liberarla. Si tratta forse di una storia narrata all’epoca della costruzione del Duomo e andata successivamente perduta? Un’altra ipotesi è quella che la storia di Re Artù sia solo una copertura per nascondere sotto falso nome le vicende che vedevano opporsi la contessa Matilde di Canossa alle truppe imperiali di Enrico IV. Rimane comunque il fatto che la saga medievale di Re Artù era già conosciuta a Modena all’epoca della costruzione della cattedrale. Riferimenti bibliografici: Il tempio degli  uomini liberi, di Dario Fo, Franco Cosimo Panini Editore, 2004 Artù l’orso e il re, di Philippe Walter, Edizioni Arkeios, 2005