Creato da oltre.le.righe il 28/12/2008

OLTRE LE RIGHE

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IL DUOMO DI MODENA

Premessa. Il Duomo di Modena trova spazio in questo blog soprattutto per le interessanti sculture che si trovano sulla facciata e sul lato sinistro della chiesa, ma anche per far conoscere ad un vasto pubblico questa splendida opera d’arte della mia città, entrato a far parte del patrimonio dell’umanità dell’Unesco nel 1997.  Sulla facciata, disposte su 4 tavole rettangolari, si trova la rappresentazione della Genesi con Adamo ed Eva e l’Arca di Noè, argomenti già trattati in passato nel blog. Sul lato sinistro, sopra alla porta della Pescheria, disposta lungo l’archivolto, si trova la più antica testimonianza nota in scultura delle vicende del ciclo bretone di Re Artù. Non a caso pubblico oggi questo articolo: il 31 gennaio è la festa del patrono San Geminiano a cui è dedicato il Duomo di Modena.
 

Contesto storico.
L’antica città di Modena, Mutina in latino, divenne nel 183 a.c. una colonia romana e dopo la costruzione della la Via Emilia nel 187 a.c., diventò un importante centro commerciale in quanto rappresentava una via di collegamento tra Roma e le regioni periferiche dell’Impero; poteva contare anche su una fitta rete di canali navigabili. Tra il V e il IX secolo, la città attraversò un periodo di grande decadenza e subì gravi danni a causa delle invasioni barbariche e di alluvioni distruttivi che costrinsero gli abitanti a rifugiarsi in una vicina cittadella fortificata di origine longobarda chiamata Cittanova. Pertanto, nessun edificio o monumento di epoca romana è giunto fino a noi. Intorno all’anno 1000 la città tornò a popolarsi, rifiorirono i commerci e le arti, iniziarono intensi lavori di bonifica dei terreni e di ricostruzione degli edifici, compresa anche la cinta muraria difensiva. La città faceva parte dei territori dei marchesi di Canossa mentre poco più a nord si estendevano i possedimenti del monastero di Nonantola. Questo periodo storico era caratterizzato dalla lotta tra papato e impero: la città era governata da vescovo Eriberto ma nel 1081 fu scomunicato dal papa Gregorio VII per le sue simpatie con l’imperatore Enrico IV. La sede vescovile rimase vacante per ben vent’anni a causa della difficoltà a nominare un vescovo gradito al popolo; fu proprio in questo periodo che i cittadini modenesi, approfittando della loro autonomia dal potere papale e imperiale, iniziarono i lavori per la costruzione della cattedrale ancor prima che si insediasse il nuovo vescovo Dodone nominato nel 1101 dal papa Urbano II. Sono i cittadini riuniti nel Consilium che decidono a chi affidare il progetto, a scegliere le maestranze, i materiali e ad indicare le scene che devono essere rappresentate nei bassorilievi. Il Duomo diventa quindi il simbolo dell’autodeterminazione del popolo modenese che culminerà nel 1135 con la costituzione del libero Comune.
 

Il Duomo. I lavori per la costruzione della cattedrale, dedicata a San Geminiano protettore della città, iniziarono nel 1099. La direzione dei lavori fu affidata all’architetto Lanfranco che si avvalse dell’opera dello scultore Wiligelmo. Il duomo sorge nello stesso punto in cui si trovava una chiesa precedente, più piccola, costruita appena trent’anni prima ma con materiali scadenti e pertanto già decadente. Per la costruzione della nuova chiesa si utilizzarono materiali ricavati da precedenti edifici di epoca romana e quando ormai non si trovavano più i marmi necessari per completare l’opera, si scoprì una necropoli romana dalla quale si poterono ricavare tutte le pietre necessarie per portare a termine il progetto. Nel 1106 fu completata la parte absidale nella quale fu traslata la salma del patrono. I lavori durarono 18 anni e la cattedrale fu completata nel 1117. Successivamente, a partire dal 1167, i Maestri Campionesi realizzarono le sculture interne e il grande rosone; aprirono le due porte secondarie sulla facciata e la grande Porta Regia sul lato destro verso Piazza Grande. Il Duomo fu consacrato nel 1184 da Papa Lucio III. La splendida facciata in marmo è decorata con pregevoli sculture del Wiligelmo che rappresentano gli episodi della Genesi. Nell’interno, a tre navate, di cui quella centrale di larghezza doppia rispetto a quelle laterali, è rilevante la zona presbiteriale, opera dei Campionesi, dove si trova un pontile finemente decorato con scene della passione di Cristo. Attraverso una serie di archi si accede alla cripta dove si trova la tomba di San Geminiano. A fianco del Duomo si erge la torre campanaria, detta Ghirlandina, realizzata in due fasi successive: la prima seguì il progetto di Lanfranco e portò all’edificazione di un campanile in stile romanico a base quadrata, completato nel 1170; la seconda fu portata a termine nel 1319 dai Maestri Campionesi che aggiunsero la parte sommitale a base ottagonale in stile gotico e che ha portato l’altezza complessiva della torre a 88 metri.
 

Le sculture della Genesi. I bassorilievi della Genesi, capolavoro della scultura romanica, si trovano sulla facciata divisi in 4 lastre rettangolari, ognuna con 3 episodi distinti, tutte opera del Wiligelmo.
 


Nella prima lastra sono rappresentati: la creazione di Adamo; la creazione di Eva; il peccato originale con i due progenitori che mangiano il frutto dell’albero della vita nel giardino dell’Eden ingannati dal serpente. Da notare come nelle prime due scene Adamo ed Eva sono privi di attributi sessuali: un modo per rappresentare la loro innocenza e beatitudine in quanto, trovandosi nel Paradiso Terrestre, non avevano bisogno di passioni e piaceri di alcun genere; solo nell’ultima scena compare la sessualità che i due nascondono essendo nato in loro il senso del pudore.
 


Nella seconda lastra sono rappresentati: Adamo ed Eva terrorizzati al cospetto di Dio che li rimprovera; la cacciata dal Paradiso Terrestre con la trasformazione della loro natura da divina a umana; la fatica del lavoro a cui saranno costretti per sopravvivere. Da notare che i due sono muniti di zappa e sono vestiti come i contadini padani dell’epoca medievale.
 


Nella terza lastra sono rappresentati: Caino e Abele che offrono a Dio i loro doni; l’omicidio di Abele da parte di Caino; il rimprovero di Dio a Caino. Da notare che Caino è un contadino che offre un fascio di spighe mentre Abele è un pastore e offre un agnello; i dettagli dei vestiti e della pettinatura lasciano intendere che Abele, in quanto pastore, è più benestante ed è già stato scelto da Dio che rivolge a lui lo sguardo.
 


Nella quarta e ultima lastra sono rappresentati: l’episodio dell’uccisione di Caino da parte di Lamech tratto dalla Bibbia apocrifa; l’Arca di Noè, rappresentata simbolicamente come una basilica; Noè e i suoi figli escono dall’Arca. Da notare che i vestiti di Noè e dei suoi figli non sono quelli dei contadini ma sembrano quelli dei consoli romani quasi a simboleggiare la nascita di una nuova e più evoluta civiltà.
 

Le sculture di Re Artù. I bassorilievi del ciclo cavalleresco bretone si trovano nell’archivolto sopra alla Porta della Pescheria, scolpiti non più tardi del 1120. Per l’epoca è curioso che una storia di natura profana come quella di Re Artù trovi spazio in un chiesa cattolica. Si tratta della più antica rappresentazione scultorea delle gesta di Re Artù, anteriore anche ai testi di Goffredo di Monmouth pubblicati tra il 1135 e il 1140 che per la prima volta narravano le vicende dell’eroe bretone. Il mistero può essere spiegato con il fatto che queste storie erano già conosciute, tramandate oralmente dai giullari, prima della loro stesura definitiva in un testo scritto.
 

Nei bassorilievi si nota Mardoc che tiene prigioniera Winlogee nel suo castello mentre Artù de Bretania e i suoi cavalieri armati di lance danno l’assalto alla fortezza: sono Isdernus, Burmaltus, Galvaginus, Galvariun e Che. I difensori sono rappresentati da un fante armato di una picca e dal cavaliere Carrado. Tutti i nomi dei personaggi sono scolpiti nella parte superiore del bassorilievo e le analisi hanno dimostrato che tali iscrizioni sono contemporanee alle sculture e non sono state aggiunte in epoca successiva. L’episodio narrato è piuttosto enigmatico in quanto non lo si ritrova nei testi scritti dell’epoca con gli stessi nomi e gli stessi dettagli rappresentati sulla cattedrale; pare una vicenda costruita assemblando personaggi e fatti appartenenti a racconti diversi: Winlogee, il cui nome potrebbe essere una variante di Ginevra, viene rapita dal cavaliere Carrado che la conduce da Mardoc, innamorato di lei. Costui la tiene prigioniera in un castello ma Re Artù e i suoi cavalieri riusciranno a liberarla. Si tratta forse di una storia narrata all’epoca della costruzione del Duomo e andata successivamente perduta? Un’altra ipotesi è quella che la storia di Re Artù sia solo una copertura per nascondere sotto falso nome le vicende che vedevano opporsi la contessa Matilde di Canossa alle truppe imperiali di Enrico IV. Rimane comunque il fatto che la saga medievale di Re Artù era già conosciuta a Modena all’epoca della costruzione della cattedrale.
 

Riferimenti bibliografici:
 

Il tempio degli  uomini liberi, di Dario Fo, Franco Cosimo Panini Editore, 2004

Artù l’orso e il re, di Philippe Walter, Edizioni Arkeios, 2005
 

 
 
 

LO ZED: la torre nascosta nella piramide

Il significato dello Zed. Si tratta di un simbolo molto antico utilizzato dalla civiltà egizia come raffigurazione della fertilità della terra e, in particolare, del grano. Dopo la nascita del culto di Osiride, che nacque come Dio del grano, lo Zed divenne un simbolo sacro che identificava la divinità e fu largamente utilizzato nelle tombe. Forniva al defunto un aiuto per la sua lotta contro i nemici di Osiride consentendogli di ascendere in pace al regno dei morti. Secondo le più comuni interpretazioni, la raffigurazione simbolica rappresentava un albero della vita o la colonna vertebrale della divinità Osiride.

La torre messianica. Secondo un’altra interpretazione, lo Zed non è solamente un simbolo ma una torre messianica realmente esistita nell’antichità. Era costruita con enormi blocchi di granito posizionati lungo la torre su diversi livelli orizzontali: ogni livello rappresentava la discesa sulla terra di un messia che, a intervalli di tempo di circa 3.000 anni, veniva in soccorso dell’umanità nei periodi di grande difficoltà. I messia che corrispondono ai primi due livelli si perdono nella notte dei tempi, oltre 12.000 anni fa; il terzo livello è riferito a Krisna, il quarto a Osiride e il quinto a Gesù. Infatti, gli Zed anteriori al culto di Osiride hanno solo 3 livelli mentre quelli successivi ne hanno 4. Ne esistono anche a 5 livelli, se realizzati dopo la venuta di Gesù. Lo Zed ha un’origine mesopotamica e fu trasportato in Egitto, in base a ciò che si legge nell’antico libro di Enoch, su un carro trainato da 600 buoi. Secondo l’ing. Mario Pincherle, sostenitore di questa teoria, lo Zed avrebbe dei particolari poteri tra cui quello di rallentare il tempo.

Lo Zed all’interno della Piramide. L’ing. Pincherle sostiene che la torre Zed fosse stata posizionata in un primo tempo sulla parte sommitale della piramide a gradoni di Zoser a Saqqara la cui parte superiore era stata rinforzata con lastre di diorite ancora oggi presenti. Successivamente, forse per problemi strutturali, fu spostata in un luogo più sicuro, sulla piana di Giza e ricoperta dalla Piramide di Cheope che pertanto non aveva una funzione sepolcrale ma quella più importante di proteggere l’antica e sacra torre Zed. I poteri particolari che alcuni attribuiscono alla Camera del Re dentro la Piramide, provengono in realtà dallo Zed racchiuso dentro di essa. Questa teoria trova fondamento nella diversità dei materiali utilizzati per costruire le pareti e il soffitto della Camera del Re da quelli utilizzati per realizzare il resto dell’edificio: i primi sono costituiti da blocchi di granito lunghi fino a 10 metri e pesanti fino a 60 tonnellate mentre gli altri sono piccoli blocchi calcarei di un metro cubo di volume e con un peso di circa 2 tonnellate. Come si spiega questa notevole diversità di materiali? Si tratta solo di una forma di reverenza nei confronti del sovrano oppure è dovuta alla presenza di una costruzione autonoma inserita in un edificio più grande che la protegge?

La costruzione della Piramide. Molti studiosi si sono chiesti in quale modo gli antichi egiziani fossero riusciti ad edificare questi grandi monumenti con tanta precisione. Alcuni indizi ce li ha forniti lo storico Erodoto che riferisce dell’impiego di legni corti per spostare i grandi blocchi di pietra. Secondo l’ing. Pincherle, la grande galleria fu costruita come piano inclinato di grande altezza per consentire il passaggio di una slitta utilizzata per sollevare gli enormi blocchi di granito necessari per la realizzazione della Camera del Re e per il posizionamento dei livelli dello Zed sopra di essa. La slitta funzionava con un particolare “motore solare” costituito da un gran numero di cubi di legno disposti sul piano inclinato sotto la slitta che venivano opportunamente bagnati con acqua: in questo modo il legno aumentava di dimensioni e, sommando tutti questi piccoli aumenti di superficie dei legni corti, si otteneva uno spostamento della slitta verso l’alto di oltre un metro. Attraverso un particolare ponte mobile, i legni bagnati venivano sostituiti con altri asciutti e il processo si ripeteva fino a quando la slitta non superava l’intero dislivello. Tale sistema di utilizzo del legno bagnato era impiegato anche nelle cave per rompere le pietre inserendo cunei di legno in cavità scavate appositamente; la soluzione individuata da Pincherle pare quindi plausibile ed è stata dimostrata con dei modelli in scala.

  

Per approfondire l’argomento, guarda il seguente video ottenuto con spezzoni di un documentario della trasmissione Stargate su La7 nella quale viene riportata anche una parte dell’intervista del conduttore Roberto Giacobbo con l’ing. Mario Pincherle.
 


 

Riferimenti bibliografici:

La Grande Piramide e lo Zed di Mario Pincherle, Macro Edizioni, 2000

 

 
 
 

L’UOMO SULLA LUNA: una finzione cinematografica?

Post n°13 pubblicato il 24 Gennaio 2009 da oltre.le.righe
 

Alle 4:17 ora di Houston del 20 luglio 1969 il modulo spaziale Apollo 11 con a bordo i tre astronauti americani Armstrong, Collins e Aldrin atterrò sul suolo lunare. Era partito il 16 luglio, dal Centro Spaziale di Cape Kennedy in Florida spinto dal vettore di lancio Saturno V. Armstrong fu il primo uomo a mettere piede sulla Luna ed è rimasta famosa la sua frase: “un piccolo passo per un uomo, ma un enorme balzo per l’umanità”. Ma è andata davvero così?

 

C’è chi sostiene che nel 1969 non esisteva la tecnologia necessaria per portare l’uomo sulla Luna e che l’intera missione è stata ricostruita in un set cinematografico. In piena guerra fredda gli Stati Uniti avevano bisogno di un grande successo nella corsa allo spazio dopo che l’Unione Sovietica era riuscita a mandare in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik, lanciato il 4 ottobre 1957. I sostenitori di questa teoria affermano che la NASA aveva messo a disposizione del grande regista Stanley Kubrick un sofisticato set cinematografico in grado di utilizzare i più costosi ed evoluti effetti speciali; nonostante l’accuratezza con cui fu allestita la scena, sfuggirono alcuni particolari che dimostrerebbero la messinscena.

Le prove a sostegno di questa teoria partono dall’analisi delle riprese televisive dell’allunaggio: in nessuna foto sono visibili le stelle che invece avrebbero dovuto essere presenti in grande quantità al posto di uno sfondo completamente nero. Inoltre, la bandiera piantata nel suolo lunare pare essere mossa dal vento mentre sappiamo che sulla Luna non esiste atmosfera e quindi dovrebbe esserci un’assoluta assenza di vento. Il modulo lunare, gli uomini e le attrezzature che si vedono nei filmati lasciano sul terreno ombre che non sono tra loro perpendicolari come se fossero illuminate da diverse fonti luminose mentre la luce sarebbe dovuta provenire esclusivamente dal Sole e avere quindi un’unica direzione. Da notare anche che non si osserva sotto il modulo lunare alcun cratere che invece sarebbe dovuto essere presente, considerando la potenza dei motori sviluppata in fase di atterraggio. Infine, sono stati trovati dei filmati girati negli stessi giorni della missione Apollo 11 in cui i tre astronauti registrano alcune scene del viaggio facendo capire che sarebbero state montate successivamente.

Per tutti questi dubbi esistono spiegazioni fornite dai tecnici della NASA che, tuttavia, non hanno chiarito in modo definitivo alcune anomalie dei filmati televisivi della missione e pertanto rimangono ancora alcune perplessità che alimentano la teoria della finzione cinematografica. Per approfondire l'argomento guarda il filmato che segue (8 minuti) ottenuto da spezzoni di un documentario andato in onda su La7 nell'ambito della trasmissione Stargate.

 
 
 

11 SETTEMBRE 2001: una verità nascosta?

 

La vicenda. La giornata di martedì 11 Settembre 2001 è rimasta tristemente celebre per l’attacco terroristico contro i simboli degli Stati Uniti d’America: le Torri Gemelle (Twin Towers) a New York e il Pentagono a Washington in cui morirono in totale circa 3.000 civili. Alle ore 8:46 il volo 11 dell’American Airlines con 88 passeggeri a bordo si schiantò tra il 94° e il 98° piano della Torre Nord del World Trade Center. In un primo momento si pensò ad un incidente ma appena 17 minuti dopo, alle ore 9:03, un altro aereo, il volo United 175 con 59 passeggeri a bordo, colpì la Torre Sud tra il 78° e l’84° piano. Divenne così evidente che si trattava di un atto terroristico: alcuni uomini erano riusciti a dirottare gli aerei di linea e a guidarli contro i due grattacieli. Sulle torri si svilupparono vasti incendi che intrappolarono coloro che si trovavano nei piani superiori rispetto a quelli in cui erano avvenuti gli impatti degli aerei. Numerosi pompieri e poliziotti si prodigarono per facilitare l’evacuazione dei due edifici colpiti. Tutti gli aerei in volo furono obbligati ad atterrare e subito dopo tutti gli aeroporti degli Stati Uniti furono chiusi. Il presidente si imbarcò d’urgenza sull’Air Force One. Alle ore 9:37 il volo 77 dell’American Airlines con 59 passeggeri a bordo si schiantò contro il lato ovest del Pentagono a Washington. Un altro aereo, il volo United 93 con 40 passeggeri a bordo precipitò al suolo nei pressi di Shanksville, in Pennsylvania: si disse che era diretto verso la Casa Bianca ma i passeggeri, a costo della vita, riuscirono ad impedire ai dirottatori di portare a termine la loro missione. Entrambe le torri gemelle crollarono collassando su sé stesse: prima la Torre Sud alle ore 9:59 seguita dalla Torre Nord alle ore 10:28 quando ancora non erano completamente evacuate. Alle 17:20 collassò anche un altro edificio, il World Trade Center 7, un grattacielo di 48 piani, quando ormai era già stato completamente evacuato. La colpa fu attribuita a Bin Laden e alla sua organizzazione Al-Quaeda, già nota al grande pubblico per precedenti attacchi terroristici contro gli interessi americani nel mondo. Questo è ciò che raccontarono le televisioni di tutto il mondo ma ad un esame più accurato alcuni osservatori sollevarono numerosi dubbi su questa versione ufficiale.

I dubbi. I primi dubbi riguardano l’abilità di questi terroristi nel guidare grandi aerei di linea facendogli compiere manovre molto complesse anche per esperti piloti e soprattutto per essere riusciti a centrare il pian terreno del Pentagono. Inoltre, molti di loro, di cui inizialmente furono rese note le generalità, furono in seguito identificati con persone ancora viventi e completamente estranee alla vicenda. Molte perplessità sollevano anche i crolli degli edifici del World Trade Center. Molti osservatori hanno notato che le modalità con cui sono crollate le Torri Gemelle e il WTC 7 sono molto simili a quelle di una demolizione controllata: sia per la velocità del crollo, vicina a quella di gravità, sia per la presenza di esplosioni, visibili nei filmati e udite dai testimoni, nei piani più bassi degli edifici. Gli edifici del WTC erano progettati per resistere ad ogni tipo di incidente, compreso l’impatto con aerei e il calore dell’incendio provocato dal carburante non sarebbe stato sufficiente a fondere le robuste travi d’acciaio dei grattacieli: tra le macerie, sulle travi d’acciaio, furono invece individuati i residui di un potente esplosivo, la termite, usato per le demolizioni. Si scoprì anche che  qualcuno riuscì a guadagnare molti soldi scommettendo in borsa su un forte ribasso del prezzo delle azioni delle compagnie aeree ancor prima che si verificassero gli eventi dell’11 settembre. Anche la sconcertante impreparazione della difesa aerea degli Stati Uniti ha sollevato molti dubbi. Inoltre pare poco credibile la teoria secondo cui l’aereo che ha colpito il Pentagono si sarebbe disintegrato con l’impatto lasciando sul terreno solo poche tracce e danni limitati all’edificio. Il relitto del volo United 93 precipitato in Pennsylvania non è mai stato mostrato pubblicamente. Infine, è parso strano che il principale sospettato, Bin Laden, non abbia mai rivendicato questi attentati ma, anzi, si sia dichiarato estraneo alla vicenda. Tutti questi dubbi hanno portato un gruppo di ricercatori a ipotizzare un complotto per nascondere la verità su quanto accadde veramente l’11 settembre. Per approfondire guarda i video che seguono tratti da spezzoni del documentario Loose Change di Dylan Avery.

 

Le ipotesi. Secondo i sostenitori della teoria del complotto, gli attentati terroristici dell’11 settembre non sarebbero altro che un auto-attentato organizzato dal governo degli Stati Uniti per produrre un evento catalizzatore dell’opinione pubblica in grado di suscitare una grande indignazione nei confronti di presunti terroristi e di ottenere il consenso per operazioni militari fuori dagli Stati Uniti. Anche nel caso dell’attacco giapponese alla base militare di Pearl Harbor nelle isole Hawaii il 7 dicembre 1941, si sostiene che gli americani erano a conoscenza del piano di attacco ma non avvertirono il porto consentendo così il bombardamento della base: l’indignazione popolare che ne seguì fu sufficiente a giustificare l’entrata in guerra. Nel caso dell’11 settembre, l’obiettivo sarebbe stato quello di occupare paesi strategicamente importanti, come Iraq e Afghanistan, per assicurarsi l’approvvigionamento delle risorse energetiche (petrolio e gas naturale) insediandovi un governo filo-americano ed abbattendo i regimi totalitari che li governavano (quello di Saddam Hussein in Iraq e quello dei Talebani in Afghanistan). Alcuni giorni prima dell’11 settembre alcune esercitazioni di evacuazione avrebbero consentito di piazzare le cariche esplosive in grado di provocare la demolizione controllata degli edifici del World Trade Center dopo l’impatto degli aerei contro le torri. Il Pentagono sarebbe stato colpito da un missile e non da un aereo e il volo United 93 non sarebbe mai precipitato. Ma alcune domande rimangono ancora senza risposta anche in questa ipotesi: se questi due aerei non sono precipitati, che fine hanno fatto i loro passeggeri? Chi avrebbe dirottato e fatto schiantare gli altri due aerei contro le torri? E’ davvero così semplice ingannare il popolo americano e il mondo intero? Possibile che un complotto che richiede il coinvolgimento di così tante persone possa rimanere segreto?

Video contenente alcuni spezzoni del documentario "Il nuovo secolo americano" di M. Mazzucco.

 
 
 

ALLA RICERCA DELL'ARCA DI NOE'

Post n°11 pubblicato il 17 Gennaio 2009 da oltre.le.righe
 

L’Arca di Noè è l’imbarcazione di legno con cui Noè portò in salvo la sua famiglia e una coppia di ciascuna specie animale vivente. Secondo il racconto della Bibbia, Dio scatenò un grande diluvio per punire l’uomo per la sua malvagità: risparmiò solo Noè e la sua famiglia, gli unici uomini ritenuti giusti, nonché tutte le varie specie animali. Diede precise istruzioni a Noè circa i tempi e i modi con cui l’Arca doveva essere costruita e gli consentì quindi di sfuggire al diluvio, durato ben 40 giorni, fino a quando, dopo 150 giorni, le acque si ritirarono e la famiglia di Noè, insieme a tutti gli animali, potè finalmente mettere di nuovo piede sulla terraferma.

La maggior parte degli studiosi ritiene che il racconto dell’Arca di Noè abbia soltanto un significato simbolico, probabilmente quello di dare una spiegazione alle grandi catastrofi naturali viste come un castigo divino per il comportamento malvagio dell’uomo che rifiuta l’insegnamento di Dio. La particolarità di questo racconto risiede nel fatto che la storia viene narrata in modo quasi identico e indipendente da molte culture diverse: persiana, babilonese, egiziana, cinese, azteca e inca. Potrebbe trattarsi quindi di una catastrofe naturale realmente accaduta di cui si è tramandata la memoria attraverso i millenni.

Analizzando il racconto in modo letterale è difficile credere che un’imbarcazione di legno di enormi dimensioni costruita nell’antichità possa aver resistito ad un mare in tempesta per 40 giorni consecutivi e che la famiglia di Noè possa aver radunato, sfamato e accudito una moltitudine di animali tanto vasta. Se veramente si tratta di un avvenimento realmente accaduto, bisogna certamente ridimensio- narne la portata: potrebbe essere la storia narrata dai sopravvissuti di un popolo di navigatori che riuscì a sfuggire ad una catastrofe imbarcandosi verso terre lontane. L’arca potrebbe non essere una sola; più imbarcazioni, sopravvissute al diluvio, potrebbero aver portato in salvo molti uomini approdati in vari continenti. Si veda in proposito anche l’articolo pubblicato in questo blog “Le pietre raccontano”.

Esiste una teoria in grado di spiegare scientificamente il diluvio universale? Una di queste è quella conosciuta come “teoria delle zolle idriche” secondo la quale la Terra, prima del diluvio, nascondeva nel sottosuolo, ad una profondità di circa 15 Km, la metà dell’acqua che oggi troviamo sulla superficie; questa sarebbe fuoriuscita con grande violenza da spaccature che si sarebbero create sulla crosta terrestre, allagando gran parte delle terre emerse. Il filmato che segue (circa 4 minuti), tratto da un documentario trasmesso da La7 nell’ambito della trasmissione Stargate,  spiega questa teoria.

Alcuni credono di poter ancora ritrovare l’Arca di Noè nel suo antico sito di approdo: il Monte Ararat, alto 5.165 metri, situato in Turchia al confine con l’Iran. E’ una montagna difficile da scalare e quasi sempre ricoperta di ghiaccio. Diverse spedizioni sono salite sul monte alla ricerca dell’Arca di Noè e alcuni dicono di averla vista fornendo anche prove fotografiche, filmati e reperti che dimostrerebbero la presenza di una carcassa di legno nascosta tra i ghiacci ad un’altitudine di circa 4.000 metri e visibile solo in alcuni periodi dell’anno. Per approfondire l’argomento potete visitare il sito internet http://www.noahsark.it o il filmato che segue, assemblato con alcuni spezzoni tratti da un documentario (12 minuti) andato in onda su La7 nell’ambito della trasmissione Stargate.

 

 

 
 
 

ADAMO ed EVA: progenitori simbolici o biologici?

Post n°10 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da oltre.le.righe
 

La rivoluzione scientifica dell’ultimo secolo ha relegato il racconto biblico di Adamo ed Eva ad un ruolo puramente simbolico. La maggior parte degli studiosi non considera la Genesi un testo storico ma un libro scritto per dare una risposta ai più antichi misteri dell’uomo: chi ha creato il mondo e tutte le forme viventi? A quale scopo? Con l’affermarsi della teoria dell’evoluzione delle specie di Darwin, pare ormai dimenticato definitivamente il racconto biblico. Tutti i principali testi scientifici danno ormai per scontato che l’evoluzione delle specie sia una realtà scientifica dimostrata in modo definitivo. Ma siamo davvero certi che le cose siano andate in questo modo? E’ ancora legittimo chiedersi se esiste un’altra possibilità?

Esaminando i resti fossili e le ossa che sono state ritrovate nel corso degli anni scopriamo che è estremamente raro trovare forme di vita che costituiscono un anello di congiunzione tra specie diverse. Anche quando sono stati trovati fossili di questo genere, il parere degli studiosi non è stato concorde. Eppure se l’evoluzione è un processo lento e graduale, la maggior parte dei fossili dovrebbe appartenere a creature che si trovavano in uno stadio intermedio tra due specie diverse. Gli stessi sostenitori della teoria evoluzionista hanno dovuto ammettere che i cambiamenti potrebbero essere avvenuti in modo molto rapido e non come un processo lento e graduale. Inoltre, si è scoperto che alcuni ritrovamenti erano stati falsificati in modo fraudolento come nel caso dei teschi dell’uomo di Piltdown e dell’uomo di Java.

Secondo una minoritaria corrente di pensiero, nota come teoria creazionista, l’uomo moderno  non si sarebbe evoluto dalle scimmie ma esisterebbe con le caratteristiche attuali fin dalle sue misteriose origini: tutti gli esseri umani discenderebbero da un’unica coppia primordiale generata da un Dio creatore come descritto nella Bibbia. Si sostiene che la vita non possa essere nata dall’organizzazione casuale di un caos cosmico ma solo dal sapiente intervento della mano divina che avrebbe generato la prima coppia primordiale: Adamo ed Eva. Il video che segue (12 minuti) è l'insieme di alcuni spezzoni tratti da un documentario andato in onda su La7 nell'ambito della trasmissione Stargate.

 

 
 
 

EROISMO D'ALTRI TEMPI - La misteriosa morte di Sepp Innerkofler

Post n°9 pubblicato il 11 Gennaio 2009 da oltre.le.righe
 

E’ l’alba del 4 luglio 1915: alcuni uomini stanno salendo in cordata lungo la parete nord occidentale del Monte Paterno, nel favoloso scenario delle Dolomiti di Sesto al cospetto delle Tre Cime di Lavaredo. Non è una normale salita alpinistica, già di per sé audace per quei tempi. Gli alpinisti austriaci sono armati con fucili e bombe a mano e devono risalire la ripida parete per occupare la cima della montagna presidiata dagli Alpini italiani. Su queste vette si stava combattendo una guerra le cui imprese furono tanto stravaganti quanto difficilissime, come mai si era visto in passato in nessun altro conflitto.

 I valorosi non dovevano fare alcun rumore: non un sasso doveva cadere, nemmeno la più piccola pietra per non fare insospettire il nemico. Dalle trincee e dagli avamposti situati nei pressi della Torre di Toblin, i soldati austriaci osservavano con i binocoli l’avanzata dei loro camerati, con il cuore in gola. Alle 4 del mattino i cannoni e le mitragliatrici austriache iniziarono il fuoco di copertura contro la cima del Monte Paterno per consentire ai quattro alpinisti di raggiungere la vetta: il capo cordata era la guida Sepp Innerkofler. Gli italiani furono improvvisamente svegliati dal fuoco dell’artiglieria nemica e si precipitarono a difendere la montagna. Innerkofler fu visto sporgersi oltre la parete, ormai sulla cima, e lanciare alcune bombe a mano ma subito dopo cadde all’indietro colpito da qualcosa, forse una pallottola o un masso, e precipitare nel vuoto. I superstiti, investiti da una tempesta di fuoco e sassi, sono costretti a ritirarsi. La salma di Innerkofler fu coraggiosamente recuperata, a rischio della vita e con grandi difficoltà, dal valoroso alpino Angelo Loschi e tumulata sulla cima del Paterno dove sarà poi riesumata dopo la fine della guerra e trasportata nel cimitero di Sesto.

Ancora oggi non è chiaro chi fu il responsabile della morte di Innerkofler. L’ipotesi più probabile è che sia stato colpito da una fucilata sparata da un soldato italiano sulla vetta del Monte Paterno o appostato in una delle forcelle circostanti. Secondo un’altra versione, invece, la guida fu colpita da fuoco amico e, in particolare, dalle mitragliatrici austriache che scambiarono la sua sagoma, appena comparsa sulla cima, per quella di un soldato italiano. Meno probabile è la versione italiana, dai risvolti forse più propagandistici, secondo la quale un alpino di nome De Luca, vedendo il nemico arrampicarsi lungo la parete, scagliò un grosso masso che colpì Innerkofler facendolo precipitare.

Sepp Innerkofler era uomo di grande fama, conosciuto per le sue difficili ascensioni e imprese alpinistiche. Allo scoppio della guerra, all’età di 50 anni, si arruolò volontario negli Standschutzen per compiere missioni esplorative e di pattuglia verso le linee nemiche insieme ad altri provetti alpinisti tra i quali anche il figlio maggiore Gottfried. Per le loro difficili arrampicate furono soprannominati “la pattuglia volante”. Per riprendere possesso della cima del Paterno, fu studiata un’azione al limite delle capacità umane: una pattuglia, salendo in cordata lungo la ripida parete della montagna, avrebbe dovuto occupare il presidio di vetta. Fu chiesto alla guida alpina Sepp Innerkofler di Sesto se intendeva comandare la pattuglia. Anche se la riteneva una missione suicida, alla fine accettò l’incarico per puro senso del dovere. La sua preoccupazione si manifestò con la proibizione al figlio di seguirlo giustificandosi con queste parole: “basta che la mamma pianga per uno solo di noi”.

Per approfondire le vicende belliche svoltesi in questa zona durante la prima guerra mondiale, guarda il seguente video (i testi, la voce e le fotografie moderne sono mie, durata circa 7 minuti).  

 
 
 

LE PIETRE RACCONTANO Le tracce di un'antica civiltà

Il professor Robert M. Schoch racconta: "Anch'io mi recai alla Sfinge per rispondere ad una domanda, non da poeta o da pretendente ad un trono, ma da studioso ansioso di risolvere un problema di datazione. Ciò che trovai mi aprì gli occhi, portandomi ad una nuova visione scientifica circa le origini dell'uomo e il ruolo delle catastrofi". Fu lo studioso John Antony West che per primo notò i particolari segni di erosione sulla Sfinge e il geologo Schoch confermò che si trattava di un'erosione dovuta a violente precipitazioni che hanno lasciato profondi solchi verticali lungo il corpo della Sfinge e sul bordo del recinto che la circonda. Ma abbondanti piogge non si verificano in Egitto da almeno 10.000 anni e se il leone di pietra è tanto antico, quale civiltà avrebbe potuto edificarlo?

In molte parti del mondo si trovano antichi manufatti di pietra e monumenti che si caratterizzano per una così grande maestria nella lavorazione e nella progettazione da non essere mai più stati riprodotti in modo paragonabile nelle epoche successive. Un esempio è costituito dalle cosiddette pietre poligonali, tagliate e assemblate con una precisione straordinaria e in grado di garantire una grande solidità agli edifici. Se ne trovano in Egitto, nel tempio della Sfinge; in Perù, nella fortezza Sacsahuaman e nella cittadella di Machu Picchu; sull'Isola di Pasqua e in molte altre parti del mondo.  E se fossero i resti di una civiltà molto più antica le cui conoscenze sono andate perdute a causa di un cataclisma? Forse si tratta proprio del diluvio universale di cui rimane traccia in tanti testi storici appartenenti a popoli diversi situati in molte parti del mondo. Una catastrofe climatica verificatesi durante lo scioglimento dei ghiacci alla fine dell'ultima glaciazione, circa 10.000 anni fa, proprio l'epoca a cui risalirebbe la Sfinge secondo glli studi di West e Schoch.  Per approfondire guarda il video (10 minuti): è un insieme di spezzoni tratti da vari documentari trasmessi da La7.


   

I superstiti di questa civiltà scomparsa, forse la mitica Atlantide descritta da Platone, la cui distruzione è stata tramandata dai sacerdoti egizi di Sais, si sarebbero messi in salvo disperdendosi su diversi continenti e tramandando le loro conoscenze alle popolazioni primitive che incontrarono, dando così origine alle grandi civiltà antiche riconosciute dall'archeologia ufficiale.  Per ora le prove sono solo indiziarie ma una nuova generazione di studiosi potrà forse fare luce su questo inquietante mistero dell'antichità. Molte ipotesi sono state formulate sull'ubicazione di Atlantide ma fino ad ora non sono state trovate prove scientifiche, archeologiche o geologiche, dell'esistenza di un continente scomparso tra i flutti dell'oceano.

Inquietante perchè se fosse dimostrata la veridicità di una tale teoria, non solo sarebbero messe in discussione gran parte delle teorie scientifiche moderne in molti campi (archeologia, antropologia, meteo-rologia, geologia, ...), ma oscuri presagi calerebbero sul futuro dell' umanità: ciò che è accaduto in passato potrebbe ripetersi in futuro... Il surriscaldamento del pianeta indotto dal sempre più massiccio utilizzo dei combustibili fossili potrebbe alterare il clima terrestre con conseguenze disastrose, simili a quelle del diluvio biblico, come sostengono alcuni scienziati? Questa è la teoria che ha ispirato il film "The Day after Tomorrow" del 2004 di Roland Emmerich. Per approfondire guarda il video (4 minuti): è un frammento di un documentario trasmesso da Rete4 nella trasmissione "La macchina del tempo".



Clicca sulle foto, per un ingrandimento:
1. La Sfinge di Giza in Egitto
2. Le mura della fortezza di Sacsahuaman in Perù
3. I Moai dell'Isola di Pasqua
4. I ruderi della città di Machu Picchu in Perù

 
 
 

E' LEONARDO L'UOMO DELLA SINDONE?

Post n°7 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da oltre.le.righe
 

La Sindone è un lenzuolo funerario di lino che si ritiene possa essere stato il sudario in cui fu avvolto il corpo di Cristo dopo la crocifissione e nel quale è rimasta impressa un’immagine negativa del corpo di un uomo, forse a causa del calore sprigionato durante la resurrezione. Il dibattito sulla sua autenticità è ancora molto acceso. Vari ricercatori, avvalendosi anche dei risultati dell’esame con il Carbonio 14 effettuato sul telo nel 1988 e che ha rivelato una datazione compresa tra il 1260 e il 1390, sostengono che si tratta di un falso realizzato in epoca medievale, al pari di molti altri oggetti che circolavano all’epoca nell’ambito di un fiorente commercio di reliquie religiose. Altri credono che i risultati degli esami scientifici non siano veritieri in quanto inquinati da gravi errori metodologici se non addirittura da sostituzioni fraudolente dei campioni originali esaminati.

 

Tra coloro che ritengono la Sindone una falsificazione realizzata con un telo di epoca medievale, sta prendendo piede l’ipotesi che sia Leonardo l’autore di questa straordinaria immagine, grazie alle sue avanzate conoscenze nel campo della pittura, dell’anatomia e probabilmente anche della fotografia. In questo documento filmato (13 minuti), ottenuto da spezzoni di un documentario del National Geographic del 2001, sono riassunte le prove a sostegno di questa teoria.

 

 
 
 

VIAGGIO IN BRETAGNA: terra di tradizioni celtiche e siti megalitici Prima Parte

 
La Bretagna
è una regione francese che si sviluppa lungo una penisola all’estremità nord-orientale del continente europeo. E’ famosa per la bellezza e la varietà dei paesaggi naturali, per il ricco patrimonio storico e architettonico, per gli affascinanti megaliti di età neolitica e per le tradizioni legate all’antica cultura celtica. Il nome deriva dalla popolazione celtica che la abitò a partire dal V secolo, i Bretoni, provenienti dalla Britannia per sfuggire alle invasioni di Angli e Sassoni. Il ducato di Bretagna entrò a far parte nel regno di Francia nel 1532. Questo lungo isolamento ha contribuito alla conservazione di antiche tradizioni di carattere religioso (testimoniate dalla presenza di numerose chiese, cappelle e calvari) e linguistico (testimoniate dall’ancora parlata lingua bretone di origine celtica). Le località citate sono quelle visitate durante il mio viaggio in Bretagna del giugno 2007 (sono autore delle foto e del montaggio video; musiche di Enya).

Mont Saint-Michel. Al confine tra le regioni di Bretagna e Normandia, è uno dei siti turistici francesi più visitati e fa parte del patrimonio dell’umanità dell’Unesco. E’ costituito da una piccola isola su cui sorge un’abbazia  dedicata all’Arcangelo Michele e un antico borgo fortificato di epoca medievale. L’isola è raggiungibile via terra solo nei periodi di bassa marea, attraversando una baia sabbiosa molto suggestiva ma insidiosa per la presenza di sabbie mobili (esiste comunque una striscia di terra su cui una strada asfaltata conduce all’isola in tutta sicurezza). Gli edifici si sviluppano in altezza lungo le ripide pendici del monte, circondati da una possente cinta muraria, separati da strette strade di accesso che da più punti raggiungono la parte sommitale in cui si trova l’antica abbazia benedettina costruita a partire dal 966 e ingrandita successivamente in più fasi con l’alternarsi di diversi stili architettonici, dal carolingio, al romanico, al gotico.

 Saint-Malo. E’ una cittadina marinara situata sulla Cote d’Emaraude con un centro storico cinto da grandiose mura lungo le quali si trova il castello del XIV secolo e alcuni bastioni costruiti nel XVII secolo per difendersi dai frequenti attacchi inglesi;  su uno scoglio di fronte alla spiaggia è situato il Fort National costruito nel 1689 e raggiungibile solo con la bassa marea. All’interno della città vecchia è di notevole interesse la Cattedrale di Saint-Vincent con una ricca collezione di belle vetrate medievali.

La Roche Maurice e Plougastel Daoulas. La Roche Maurice è un piccolo villaggio in cui si trova ancora ben conservato un importante complesso parrocchiale del XVI e XVII secolo a cui si accede passando attraverso tre croci poste su colonne di kersantite su cui è raffigurata la crocifissione di Cristo e dei due ladroni. Nella vicina frazione di Plougastel Daoulas si trova un eccezionale monumento, detto Calvario, costruito nel 1604 e riccamente scolpito con scene della vita e della passione di Gesù rappresentata attraverso 181 statue disposte su 4 lati. Gravemente danneggiato durante la seconda guerra mondiale, fu restaurato nel 1949.

Penisola di Crozon. Situata nella parte occidentale della Bretagna, è affacciata sull’oceano Atlantico e rappresenta il tipico paesaggio costiero bretone, costituito da scogliere a picco sul mare e da una natura selvaggia con tracce di occupazione dell’era Megalitica. Lungo le sue coste si trovano diverse località balneari, tra cui il caratteristico villaggio di pescatori di Camaret.

 

 
 
 

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Voyager è un programma di RAI 2 nato nel 2003 che si occupa di misteri storici earcheologici. E' condotto da Roberto Giacobbo, docente di Teoria e Tecnica dei nuovi Media alla facoltà di Lettere e Filosofia all'Università di Ferrara; è autore anche di diverse pubblicazioni sugli argomenti trattati nella trasmissione. 

  

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