Post n°13 pubblicato il 02 Settembre 2007 da inside_the_insight
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Post n°12 pubblicato il 25 Agosto 2007 da ladymiss0
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Post n°11 pubblicato il 23 Agosto 2007 da inside_the_insight
Il parabrezza della mia macchina è coperto di cenere.
Se osservo un po’ meglio scorgo che c’è cenere dappertutto. Sui marciapiedi, sotto le mie scarpe, sulla mia testa. Mi pervade un sentimento di rabbia, quella che da un po’ di tempo mi assale ogni qual volta penso alla mia terra. Io non ho nulla di cui pentirmi, cammino a testa alta io e di cenere sul capo non ne voglio cosparsa. Ritengo non sia una colpa essere nati in questa Terra e amarla odiandola al contempo. Quindi, io cenere sul capo non ne voglio. Esseri umani carbonizzati, boschi distrutti, attività economiche abortite, turismo in ginocchio, case abbandonate, campi improduttivi, pubblicità nefasta che fa il giro del mondo. Ecco cos’è la mia Terra. Terra bruciata. Siamo abituati a spiegare tutto con l'economia, che è diventata la sola disciplina in grado di mettere d'accordo il basso e l'alto, intellettuali e popolo, a scapito di vecchie scienze umane come l'antropologia o la psichiatria. Ma come può tutto questo rientrare in un gioco economico? In un cinico calcolo su rimborsi e modifiche di piani regolatori, forse? Ma passando lo sguardo su quelle ustioni che hanno preso il posto degli alberi, degli uomini e delle bestie, c‘è qualcosa che non va e neppure la giustificazione onnicomprensiva dell’economia può arrivare a spiegare tanto scempio. Eppure il rapporto tra il fuoco e la mia terra è un rapporto assai saldo. Ancestrale. Ogni qualvolta qualcuno non si piega alla volontà dei “Padrini” si ricorre al fuoco. Le fiamme inghiottono auto, case, negozi, aziende. Per fare in modo che ogni velleità di sognare, qualsiasi idea di un presente “normale” vada in fumo. In cenere. Al fuoco e alle fiamme, nella mia Terra, non segue mai la rivolta. Segue sempre il silenzio e un autolesionistico “ ma cu’ ciù fici fare?” Ma chi glielo ha fatto fare. Cenere sul capo come se fosse una colpa da purificare col fuoco aver sognato una Terra diversa. Di opinioni sentenziose e spesso para-razziste sulla deriva sociale inarrestabile della mia Terra se ne sono sentite a iosa. E anche, di contro, altrettante autogiustificazioni pietistiche e puerili, con la scusa secolare sullo "Stato che non fa abbastanza". Ma il mistero di una psicologia civile così autolesionista, di una comunità così ricca di risorse e qualità e così permeabile dal crimine, dalla sopraffazione, dal macello sociale, in questo caso perfino dall'autodistruzione, esiste e soprattutto resiste. Il mistero resiste come la mia rabbia. Nessuna persona sana di mente, per quanto disonesta o avida, vorrebbe vedere ridotto in cenere il suo paese, le sue case, la sua gente, la sua terra. Bruciare un albero, una casa, il bosco che è sempre stato sotto i tuoi occhi richiede una buona dose di determinazione e di autolesionismo. Per farlo con tanto scientifico e freddo calcolo, in più punti, profittando vigliaccamente del vento che moltiplica i focolai, bisogna avere perduto ogni nesso logico tra le proprie ambizioni, qualsiasi siano, e la realtà della vita. Non c'è mancanza di coscienza ecologica o di rispetto ambientale che possa davvero spiegare l'intenzione dei piromani, che non rimanda a una "normale" volontà criminale, o a una volgare indifferenza per la collettività e il paesaggio, quanto a una sorta di soluzione finale. Un senso, una spiegazione ci dovrà pure essere. Ma a me sfugge. Forse perché brucio anche io. Di rabbia. Per essere costretta a camminare sulla cenere, per essere considerata dai miei stessi concittadini come stoppie da bruciare, rifiuto da eliminare, un piccolo ingombro umano su una terra che sa di deserto. |
Post n°10 pubblicato il 21 Agosto 2007 da inside_the_insight
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Post n°9 pubblicato il 20 Agosto 2007 da inside_the_insight
La luce che modifica la realtà e la percezione. Attraverso stanze, vite, minuti che mutano colore secondo un ritmo che ognuno fa proprio. Ci si sofferma davanti a intere pareti contrassegnate da elementi lenticolari che cambiano col mutare del punto di vista. Don’t move sarebbe un atteggiamento di preservazione. Ma io ferma non ci so stare. Sempre in movimento. Sempre in divenire. E così ho iniziato a camminare e a ogni minimo spostamento corrispondeva una radicale modifica percettiva dell'immagine: un ponte affollato di persone improvvisamente crolla e si ricostituisce, il tetto d’un tratto cade e poi si ricompone. Occhi illuminati da una luce nuova illuminano e animano oggetti semplici e misteriosi, noti e insieme ignoti, particolari eppure universali, le cui dimensioni risultano deformate da specchi, ali, suoni e immagini in mutamenti . Il mio corpo nudo fluttuante nell’acqua, la mia pelle scaldata dal sole, una serie di piccole foto in bianco e nero su una parete specchiante e abbagliante. Immagini che si muovono insieme ai colori si diverso calore e intensità a creare uno sbarramento che è anche un passaggio a una nuova dimensione del mio essere. |
Inviato da: rikrok0
il 29/01/2008 alle 14:54
Inviato da: ladymiss0
il 26/12/2007 alle 00:29
Inviato da: MirtilloGirl
il 24/12/2007 alle 15:05
Inviato da: verticalpoint
il 07/12/2007 alle 03:15
Inviato da: ambroseb
il 13/11/2007 alle 02:36