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Viados


«Io, viado malato di AidsIn un anno duemila clienti» Transessuale di 32 anni, fino a 200 euro a prestazione. «A chiamarmi sono soprattutto gli uomini sposati»  
Prostituzione in strada MILANO - Un monolocale a Milano e uno a Bergamo. Il sesso, il marciapiede, la paura di morire da un momento all'altro di Aids. Adrieli è un transessuale dai capelli biondi che le cadono sopra una vestaglietta che a malapena le copre il sedere. Magra, alta 1,82. È brasiliana di Curitiba, la capitale dello stato di Paraná. Ha 32 anni e da 13 è in Italia. Da quando, a soli 19 anni, è arrivata a Milano già malata. Con la sua amica Jessica, sieropositiva anche lei. Infettate dallo stesso uomo, un ingegnere giapponese che le ha poi liquidate con soldi e biglietto aereo San Paolo-Malpensa. E' una delle tante passeggiatrici che si muovono tra via Novara, corso Sempione, Monumentale. Nei regni incontrastati dei viados e «travesta». L'approccio è in strada, la prestazione sessuale in casa. Una media di dieci clienti al giorno, per un tariffario che spazia dai 30 ai 200 euro, regalini esclusi. «Adesso non lavoro sempre, perché a volte crollo dai dolori. L'ultima grande ricaduta, un paio di anni fa. Ho dovuto rimanere al Sacco quattro mesi. Lì ho creduto proprio di non farcela, di morire come tanti miei amici transessuali». Adrieli è una sorta di untore, perché a chi le chiede di fare l'amore senza profilattico, non dice di no. «E sono tanti, in prevalenza uomini sposati. Oppure, devo credere che siano malati come me e che non abbiano nulla da perdere. Nessuno mi chiede niente ma se dovessero domandarmi se sono malata, io rispondo di no. Mi sento cattiva dentro e non voglio perdere i clienti. L'Aids? Ci convivo. Non è la mia prima paura della giornata. Al lavoro uso il preservativo. Se però mi capita un'avventura non ci penso proprio». E riflette, per difetto, su quanti uomini potrebbero essere stati infettati da lei. Duemila rapporti all'anno per 13 anni di permanenza da noi. Ventiseimila. E, siccome il 50 per cento dei clienti disdegna il preservativo, possiamo azzardare che un 5 per cento si sia ammalato: 800 persone. L'ultimo, in ordine di tempo, potrebbe essere un ragazzo di 20 anni, finito a casa di Adrieli, accompagnato da un'amica comune. «Era già strafatto di non so cosa. Un rampollo pieno di soldi che ha voluto stare con me tutta la notte. Mi ha dato mille euro per farmi subire un rapporto orale». Poi ricorda il primo lavoro al suo Paese, a soli 12 anni. Un impiego come posteggiatore dato dal Comune per togliere i ragazzi dalla strada. «A 14 anni sono scappata da casa e un'amica mi ha convinto a diventare una donna, per vendermi meglio. Non mi sono mai operato però. Adesso sono in perenne fuga da me stessa, se mi fermo a pensare inizio a piangere». E prende due delle quattro pillole di nuova generazione contro l'Aids. «Il cocktail di farmaci che assumevo prima, mi deprimeva e avevo sempre timore di dimenticarmi qualche pastiglia». Le squilla uno dei tre cellulari. «E' Giuseppe. Una brava persona di Catanzaro. Dice che io sono bellissima e inquietante. La riuscita costruzione artificiale a metà tra i sogni perversi e la femminilità prorompente ed eccitante». E torna ad offrirsi a ore, spesso per soddisfare curiosità insane.