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Recensione libro "Per fare cinema"


Visto che per una indisposizione dovrò starmene a riposo almeno fino a fine mese, il divano, qualche libro ed un tablet/notebook mi faranno compagnia per un po', sarete così "costretti" a leggervi un po' di articoli che spazieranno tra tutti gli argomenti di OnTheAir, non solo moto quindi.... Iniziamo con la recensione di questo libro....
Questa lettura si ricollega al mio precedente post "C'era una volta...." dedicato al mondo della Radio Televisione libera vissuto in prima persona negli anni 70, Andrea Piccardo, l'autore di "Per fare cinema (come l'abbiamo fatto noi)" fu infatti uno dei personaggi chiave della messa in onda di programmi autoprodotti dalla locale emittente, nel suo libro però la TV, pur presente, ha un aspetto secondario rispetto a quella che è stata la sua esperienza cinematografica.Il libro è un piccolo volume di 130 pagine, inizia con una sequenza di disegni fatti da suo padre Marcello, sono di una finezza e delicatezza unica, con pochi tratti e gentili colori vengono illustrate le varie fasi di un lavoro cinematografico, poi dopo la consueta introduzione (a cura di Sandra Lischi) che fa ben capire di cosa tratti il racconto, si parte con le parole scritte da Andrea.Sia ben chiaro, qui non siamo davanti al cinema commerciale, almeno quello inteso per la grande distribuzione, qui si parla di artigianalità, di sperimentazione, di ricerca, e, direi, di passione, passione che il padre trasmette ai suoi figli e che si manifesta nelle esperienze dello studio di Monte Olimpino (che vi consiglio di andare a visitare tramite il sito web).
Andrea ci racconta tutto, di come si fa cinema con pochi mezzi, ma soprattutto di come ci si organizza per creare una vera struttura, il periodo è quello degli anni 60/70, si lavora su pellicola, i computer sono lontani da venire, l'arte di improvvisarsi fa scuola, come ad esempio la "Changing bag" per cambiare in esterni un caricatore alla cinepresa: "un vecchio giubbottone sigillato, cucito in basso e nel collo, consentiva di mettere all'interno tramite la zip tutto l'occorrente e poi, dalle maniche usate al contrario, infilare le braccia e le mani per lavorare tranquilli", ditemi voi se questa non è genialità!Passa in rassegna tutti i vari strumenti, soggetti e ruoli, ad esempio il trovarobe che so bene cosa sia, perchè sempre nelle mie passate e molto giovanili esperienze ho conosciuto anche l'ambiente del cinema. All'Albergo Palazzo di Livorno dove lavoravo d'estate, sono stati girati molti film e serie TV (quest'ultime dedicate soprattutto ai mercati esteri), più volte mi è capitato di arrotondare lo stipendio tramite i vari trovarobe che ti affittavano le cose per un "tot" di giorni con un ritorno economico non indifferente pagato cash sul momento: il motorino, la chitarra di un'amico, ..... E non mi sono risparmiato nemmeno qualche comparsata in questi film, ma questa è tutta un'altra storia.Chiaro e conciso nei termini Andrea filosofeggia un po' su vari argomenti, ma per quanto riguarda la sceneggiatura da una definizione che più chiara e precisa non potrebbe essere: in fin dei conti non si tratta d'altro che di decidere lo spazio (l'inquadratura e quel che c'è dentro), l'azione (quello che succede dentro lo spazio), il tempo (quanto dura l'azione, o l'inazione, dell'inquadratura), il sonoro (in parlato, musiche ed altro) di ciascuna scena che decidi di far esistere, per creare del tutto la dimensione del parziale che rappresenterà la tua idea sviluppata del soggetto.Alcuni tratti del libro forse possono risultare un po' pesanti a chi è completamente avulso a tale ambiente, ma la parte finale, l'appendice dedicata alla televisione è interessante davvero perchè ci trasporta in un contesto ancora più attuale, bello quando parla della sua esperienza giovanile (12 anni!) in TV alla RAI, racconta bene l'impressione avuta negli studi di Milano. La ricordo simile pure io per gli studi di Roma quando, frequentando l'ultimo anno di Telecomunicazioni all'ITIS di Pisa, ci portarono a vedere gli studi della RAI, pensavo di trovarmi di fronte a chissà quali trasmettitori ed impianti ultrafantascentifici, invece trovammo tanti artigiani che lavoravano il legno, creavano scene, aggiustavano le luci, .... e poi le scrivanie del TG, quanti scarabocchi c'erano disegnati sulla superficie!L'ultimo paragrafo "La valenza sociale" è da leggere con attenzione perchè testimonia bene quello che è, soprattutto da noi, la televisione, non sono frasi banali e ci dovrebbero far riflettere."Per fare cinema (come l'abbiamo fatto noi), autore Andrea Piccardo, edizioni NODO libri, 10,00€