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Post n°13 pubblicato il 08 Giugno 2015 da g.p.dimonderose
 

Ontologia del male. L’ermeneutica di Pareyson, Città Nuova, Roma 1995, pp. 197.

Unde malum? Questa domanda spesso imbarazzante è fonte di travaglio per i filosofi, che di frequente preferiscono evitarla o zittirla. Luigi Pareyson l’ha messa al centro dei suoi ultimi scritti, delineando un insieme di risposte che emergono dagli stessi capisaldi del suo pensiero. 
Tra i meriti del volume del prof. Tomatis che sto presentando c’è proprio quello di raccordare le proposte contenute nelle opere dell’ultimo Pareyson (alcune delle quali pubblicate postume) con le precedenti tappe della sua speculazione: viene tracciato, quindi, un coerente itinerario che dall’esistenzialismo personalistico giunge all’ontologia ermeneutica dell’inesauribile per poi approdare all’ontologia della libertà. L’analisi è svolta con grande competenza ed è completata da una preziosa appendice bibliografica, con l’indicazione delle opere edite e di quelle ancora inedite di Pareyson, un prospetto dei corsi universitari da lui tenuti e una rassegna della letteratura più recente sull’autore.
Tomatis è ben attento a rilevare le fonti ispiratrici e i termini di confronto del pensiero pareysoniano: la concezione dell’Uno di Plotino, lo Schelling “postheideggeriano”, il criticismo di Fichte, il cristianesimo di Kierkegaard e di Barth, e così via fino a Marcel, Jaspers e soprattutto Dostoevskij. Menziono a parte Heidegger per sottolineare che ne vengono puntualmente ravvisati l’influsso ma anche gli elementi di distacco.
Nella fedele esposizione della filosofia di Pareyson (con una prosa a tratti complessa, certo a causa degli argomenti affrontati) avrei personalmente cercato un dialogo più aperto con il pensatore valdostano morto nel 1991, specialmente riguardo a quei passaggi più scoscesi e problematici delle sue proposte, di cui forse era opportuno indicare meglio il carattere di incompiutezza: mi riferisco, ad esempio, alla nozione di autooriginazione divina (l’inizio eterno della libertà come scelta) o alle riflessioni sull’escatologia (che peraltro sono sintetizzate con notevole penetrazione). Ma so perfettamente che ciò avrebbe richiesto un’ampiezza ben diversa e avrebbe implicato il rischio di un rapporto di estraneità con l’autore studiato. Resta aperto, pertanto, il compito di accogliere e vagliare il lascito di Pareyson, chiedendosi anche se davvero la metafisica e la cosiddetta teodicea ne vengono semplicem

 
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