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Una tazzina di caffé


Scrivo questo post per promuovere il profilo di andreadialbinea (http://spazio.libero.it/andreadialbinea) che ho trovato a dir poco esilarante. Andrea è un barista e nel suo profilo fa una disamina molto approfondita e lucida dei baristi e dei loro modi di fare, concludendo che a lui piace ascoltare i suoi clienti, visto che il tempo di consumare un cornetto e un cappuccino non permette l’instaurazione di un dialogo. Personalmente non mi piace fare colazione al bar perché le mie colazioni sono quasi dei pranzi: tea (una tazza grande o due medie) e pane e marmellata in abbondanza (minimo due fette, meglio tre o quattro, soprattutto se la marmellata è di mirtilli). Tra preparazione, consumazione e pulizie, ci vuole una buona mezz’ora. Al bar, però, mi piace andare a prendere il caffè. Ci sono vari modi in cui consumo il caffé: un caffé e via quando sono di fretta; il caffè e la lettura del giornale quando non ho fretta e c’è il giornale del bar libero; il caffè e l’osservazione degli avventori quando ho tempo e non c’è il giornale del bar o è impegnato. Ci sono poi due caffè speciali: il caffè a casa, fatto con la macchinetta che “lo fa come al bar” (dopo anni di ricerche e centinaia di euro spesi ne ho trovata una veramente valida, dello stesso colore dei mobili della mia cucina); il caffè in crociera, cioè quello solubile che abbiamo a bordo e che assaporo con grande piacere, anche se non è buonissimo, perché mi sembra di essere al disopra di tutti i problemi del mondo, a partire dai miei. Per farla breve: una tazza di caffè a metà mattina mi mette veramente di ottimo umore ovunque mi trovi, quasi come un bicchiere di barolo, di barbaresco o di ruché dopo cena.