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Alitalia


Il fatto di essere un pilota, non dell’Alitalia, non mi autorizza a sputare sentenze sulla nostra compagnia di bandiera. Credo però di poter esprimere il mio giudizio in maniera più competente di quanto sento fare da molti giornalisti leggendo i giornali o guardando trasmissioni televisive. Il passatempo preferito di questi signori sembra essere cercare un capro espiatorio di questa situazione, individuandolo a rotazione nei vari attori della vicenda, senza però dire che i responsabili sono tutti. I politici, che hanno fatto gestire l’Alitalia secondo logiche non imprenditoriali; i dirigenti, che non hanno saputo o voluto imporre politiche aziendali volte all’efficienza, operativa e economica, della compagnia; i sindacati, che sembrano conoscere solo la parola diritti e non quella doveri; i dipendenti, che, fatte salve le dovute eccezione e riconosciuta l’indubbia professionalità, in questa situazione ci hanno sempre sguazzato. Tutto ciò, ancorché eticamente sbagliato, poteva andare bene fino a venti o trent’anni fa, quando il protezionismo e gli interventi pubblici garantivano la solidità delle aziende. Da circa vent’anni le cose sono cambiate, tanto che sono fallite compagnie storiche come Pan Am, TWA, Sabena e Swissair. In Italia e in Alitalia, però, sembra che nessuno si sia accorto di ciò o, se se ne è accorto, pensa che certe brutte cose capitino solo a casa degli altri. Non nutro particolare simpatia per il gruppo di imprenditori che si è riunito nella C.A.I. per acquistare l’Alitalia: sembrano i salvatori della patria ma, in realtà, faranno pagare agli Italiani i debiti accumulati dalla compagnia e lucreranno sugli utili che la nuova compagnia produrrà, ammesso che siano capaci di farglieli produrre. Al tempo stesso, però, ritengo che lo sciopero, bianco o reale, del personale non porterà a nessun risultato se non quello di deteriorare ulteriormente i conti e danneggiare la propria immagine davanti all’opinione pubblica che, oltre a pagare i debiti che la C.A.I. non onorerà, continua a avere un pessimo servizio. Non solo: se ritardi e disagi sono determinati dalla rigida osservanza di norme e procedure operative temo che, prima o poi, qualche magistrato si domanderà: “Ma allora quando gli aerei partono e arrivano in orario vengono violate le leggi?” Happy landing!