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Ma allora dove sta l'articolo 18?

Post n°67 pubblicato il 02 Maggio 2008 da mantovani

Sono stato lincenziato perchè ho detto al mio capo di lasciarmi in pace e lasciarmi lavora. Ora mi ha denunciato perchè sostiene lo abbia mancato di rispetto per offesa al decoro. Vuole obbligare i colleghi a testimoniare il falso. Devo pagare tantissimo di avvocato per fare causa e avere almeno 6 mensilità. Ti trovi senza lavoro e non è facile oggi riposizionarti.

Ma allora dove sta l'articolo 18?

Ma allora dove sta l'articolo 18?

MOBBING!!!

 
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Privilegi intoccabili e tagli impossibili

Post n°66 pubblicato il 28 Aprile 2008 da mantovani

Dalle infrastrutture agli ordini professionali, dal turismo all’universitàDai bidelli agli onorevoli,
un’Italia alla derivaPrivilegi intoccabili e tagli impossibili

C’erano una volta le impiraresse che perdevano gli occhi a infilar perline, le filandine che passavano la vita con le mani nell’acqua bollente e le lavandere che battevano i panni curve sui ruscelli sospirando sul bel molinaro.

Ma all’alba del Terzo Millennio, al passo col resto del mondo che produceva ingegneri elettronici e fisici nucleari e scienziati delle fibre ottiche, nacquero finalmente anche in Italia delle nuove figure professionali femminili: le scodellatrici. Cosa fanno? Scodellano. E basta? E basta. Il moderno mestiere, per lo più ancora precario, è nato per riempire un vuoto. Quel vuoto lasciato dalle bidelle che, ai sensi del comma 4 dell’art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, assolutamente non possono dare da mangiare ai bambini delle materne. Detta alla romana: «Nun je spetta».

C’è scritto nel protocollo d’intesa coi sindacati. Non toccano a loro le seguenti mansioni: a) ricevimento dei pasti; b) predisposizione del refettorio; c) preparazione dei tavoli per i pasti; d) scodellamento e distribuzione dei pasti; e) pulizia e riordino dei tavoli dopo i pasti; f) lavaggio e riordino delle stoviglie. Scopare il pavimento sì, se proprio quel pidocchioso del direttore didattico non ha preso una ditta di pulizie esterna. Ma scodellare no. Ed ecco che le scuole materne e primarie, dove le bidelle (pardon: «collaboratrici scolastiche») sono passate allo Stato, hanno dovuto inventarsi questo nuovo ruolo. Svolto da persone che, pagate a parte e spesso riunite in cooperative, arrivano nelle scuole alle undici, preparano la tavola ai bambini, scoperchiano i contenitori del cibo, mescolano gli spaghetti già cotti con il ragù e scodellano il tutto nei piatti, assistono gli scolaretti, mettono tutto a posto e se ne vanno. Costo del servizio, Iva compresa, quasi un euro e mezzo a piatto. Mille bambini, 1.500 euro. Costo annuale del servizio in un Comune di media grandezza con duemila scolaretti: 300.000 euro.

Una botta micidiale ai bilanci, per i Municipi: ci compreresti, per fare un esempio, 300 computer. Sulla Riviera del Brenta, tra Padova e Venezia, hanno provato a offrire dei soldi alle bidelle perché si facessero loro carico della cosa. Ottocento euro in più l’anno? «Ah, no, no me toca...». Mille? «Ah, no, no me toca...». Millecinque? «Ah, no, no me toca...». Ma ve lo immaginate qualcosa di simile in America, in Francia, in Gran Bretagna o in Germania? (...) E sempre lì torniamo: chi, se non la politica, quella buona, può guidare al riscatto un Paese ricco di energie, intelligenze, talenti straordinari, ma in declino? Chi, se non il Parlamento, può cambiare le regole che per un verso ingessano l’economia sul fronte delle scodellatrici e per un altro permettono invece agli avventurieri del capitalismo di rapina di muoversi impunemente con la libertà ribalda dei corsari? (...)

Giorgio Napolitano ha ragione: «Coloro che fanno politica concretamente, a qualsiasi schieramento appartengano, devono compiere uno sforzo per comprendere le ragioni della disaffezione, del disincanto verso la politica e per gettare un ponte di comunicazione e di dialogo con le nuove generazioni ». Ma certo questa ricucitura tra il Palazzo e i cittadini, necessaria come l’ossigeno per interrompere la deriva, sarebbe più facile se i partiti avessero tutti insieme cambiato quell’emendamento indecente infilato nell’ultimo decreto «milleproroghe» varato il 23 febbraio 2006 dalla destra berlusconiana, ma apprezzato dalla sinistra. Emendamento in base al quale «in caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei Deputati il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi è comunque effettuato». Col risultato che nel 2008, 2009 e 2010 i soldi del finanziamento pubblico ai partiti per la legislatura defunta si sommeranno ai soldi del finanziamento pubblico del 2008, 2009 e 2010 previsto per la legislatura entrante. Così che l’Udeur di Clemente Mastella incasserà complessivamente 2 milioni e 699.701 euro anche se non si è neppure ripresentata alle elezioni. E con l’Udeur continueranno a batter cassa, come se fossero ancora in Parlamento, Rifondazione comunista (20 milioni e 731.171 euro), i Comunisti italiani (3 milioni e 565.470), i Verdi (3 milioni e 164.920). (...)

E sarebbe più facile se i 300 milioni di euro incassati nel 2008 dai partiti sulla base della legge indecorosa che distribuisce ogni anno 50 milioni di rimborsi elettorali per le Regionali (anche quando non ci sono), più 50 per le Europee (anche quando non ci sono), più 50 per le Politiche alla Camera (anche quando non ci sono: quest’anno doppia razione) e più 50 per le Politiche al Senato (doppia razione) non fossero un’enormità in confronto ai contributi dati ai partiti negli altri Paesi occidentali. (...) Certo che ha ragione Napolitano, a mettere in guardia dai rischi dell’antipolitica. Ma cosa dicono i numeri? Che la legge attuale, che nessuno ha voluto cambiare, spinge i partiti a spendere sempre di più, di più, di più. Per la campagna elettorale del ’96 An investì un milione di euro e fu rimborsata con 4, in quella del 2006 ne investì 8 e ne ricevette 64. E così tutti gli altri, dai diessini ai forzisti. Con qualche caso limite come quello di Rifondazione: 2 milioni di spese dichiarate, 34 incassati. Rimborsi per il 2008? C’è da toccar ferro. (...) «Un fantastilione di triliardi di sonanti dollaroni». Ecco a parole cos’hanno tagliato, se vogliamo usare l’unità di misura di Paperon de’ Paperoni, dei costi della politica. A parole, però. Solo a parole. Nella realtà è andata infatti molto diversamente.

E si sono regolati come un anziano giornalista grafomane che stava anni fa al Corriere della Sera e scriveva ogni pezzo come dovesse comporre un tomo del mitico Marin Sanudo, il cronista veneziano che tra i 58 sterminati volumi dei Diarii e i 3 delle Vite dei Dogi e il De origine e tutto il resto, riuscì a riempire l’equivalente attuale di circa 150.000 pagine. Quando il vecchio barone telefonava in direzione per sapere della sua articolessa, il caporedattore sudava freddo: «Tutto bene il mio editoriale, caro?». «Scusi, maestro, dovrebbe tagliare 87 righe». «Togliete gli asterischi». Questo hanno fatto, dal Quirinale alle circoscrizioni, nel divampare delle polemiche sulle spese eccessive dei nostri palazzi, palazzetti e palazzine del potere: hanno tolto gli asterischi. Sperando bastasse spargere dello zucchero a velo per guadagnare un po’ di tempo. Per tener duro finché l’ondata d’indignazione si fosse placata. Per toccare il meno possibile un sistema ormai così impastato di interessi trasversali alla destra e alla sinistra da essere diventato un blocco di granito. (...)

Almeno una porcheria, i cittadini italiani si aspettavano che fosse spazzata via. Almeno quella. E cioè l’abissale differenza di trattamento riservata a chi regala soldi a un partito piuttosto che a un’organizzazione benefica senza fini di lucro. È mai possibile che una regalia al Popolo della Libertà o al Partito democratico, a Enrico Boselli o a Francesco Storace abbia diritto a sconti fiscali fino a 51 volte (cinquantuno!) più alti di una donazione ai bambini leucemici o alle vittime delle carestie africane? Bene: quella leggina infame, che avrebbe dovuto indignare Romano Prodi e Silvio Berlusconi e avrebbe potuto essere cambiata con un tratto di penna, è ancora là. A dispetto delle denunce, dell’indignazione popolare, delle promesse e perfino di una proposta di legge, firmata a destra da Gianni Alemanno e a sinistra da Antonio Di Pietro. Proposta depositata in un cassetto della Camera e lasciata lì ad ammuffire. Ma se non ora, quando?

Sergio Rizzo Gian Antonio Stella (1- Continua)
28 aprile 2008

 
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Io sinceramente me ne andrei subito. E voi? ditemi la vostra Vi prego. Grazie

Post n°65 pubblicato il 26 Aprile 2008 da mantovani

«Gli italiani sono incivili»«Per l'alta sofferenza, il disordine e il degrado in cui sono costretto a vivere»

CAPACCIO-PAESTUM (SALERNO) - «Gli italiani sono incivili»: con questa motivazione un medico ha avviato una singolare iniziativa giudiziaria, chiedendo i danni allo Stato per «rifarsi una vita». Vincenzo Barlotti, medico chirurgo di Capaccio Scalo in servizio nell'ospedale «San Luca» di Vallo della Lucania, ha depositato un esposto alla procura della Repubblica di Salerno nel quale si chiede al comune di Capaccio, alla Regione Campania e allo Stato Italiano un risarcimento di 2 milioni di euro «per l'alta sofferenza, il disordine e il degrado in cui sono costretto a vivere».

LA MOTIVAZIONE - Il risarcimento milionario, spiega ancora il medico 56enne nell'esposto, dovrebbe servire per «iniziare una nuova vita per me e i miei familiari in un altro paese dove vige un modo di vita consono alla mia visione della società». «Il senso civico del nostro paese è ormai ai minimi storici - afferma Barlotti - l'esposto è una provocazione, ma fino a un certo punto. I fatti degli ultimi tempi, dall'emergenza rifiuti a tutto il resto, sono solo il sintomo di un malcostume diffuso che non può essere più tollerato. Nel nostro paese esiste una atavica maleducazione, favorita da tolleranza e permissivismo, se non proprio malafede. Spero con tutto il cuore che le cose possano cambiare, ma sono sempre pessimista».

Sinceramente ci ho pensato spesso anche io. Sono stato recentelmente a Napoli per lavoro. Ho trovato la gente molto demotivata. PErò la maggior parte non fa nulla per cambiare. In pochi ci provano. Dove sta il vero problema? Lo Stato è l'unico responsabile. o anche noi Italiani ci dobbiamo prendere la nostra dose di colpa. Al centro sud, lo si da, non è un luogo comune: la sanità va male, la corruzione dilaga, la delinquenza (anche al nord) è tantissima. Rapine in villa, stupri, delitti di ogni tipo. Io non mi sento tutelato. Pago tantissime tasse e non ho servizi adeguti.  Ad iniziare dalla cassa disocupazione, dal lavoro precario, dalla incertazza delle pene, dal caro vita. Io sinceramente me ne andrei subito. E voi? ditemi la vostra Vi prego. Grazie

 
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Post N° 64

Post n°64 pubblicato il 26 Aprile 2008 da mantovani
 

e' rimasto senza gambe e senza braccia Gioia Tauro: sale sull'auto esplode una bomba, ferito un imprenditore Nino Princi, 45 anni, commerciante con interessi nel Catanzaro è saltato in aria dopo aver girato la chiave

GIOIA TAURO - Ennesimo agguato mafioso in Calabria. Un commerciante, Antonino Princi, 45 anni, titolare di numerosi negozi e punti vendita di abbigliamento e maglieria, è rimasto gravemente ferito in un attentato dinamitardo a Gioia Tauro. Sotto la vettura del commerciante è stato collocato un ordigno che è esploso nel momento in cui Princi ha avviato il motore. Il commerciante è stato ricoverato nell'ospedale di Gioia Tauro.

L'ATTENTATO - La bomba che era stata collocata sotto la vettura di Princi (una Mercedes), secondo quanto è stato accertato dagli investigatori, è esplosa nel momento in cui l'uomo ha inserito la chiave per aprire la portiera. La vettura di Princi era parcheggiata in un cortile in cui si trovavano altre due automobili che sono rimaste danneggiate. A causa dell'esplosione è andata in frantumi anche l'insegna di un negozio vicino. Princi, portato in un primo tempo nell'ospedale di Gioia Tauro, è stato trasferito successivamente, a causa della gravità delle sue condizioni, negli Ospedali riuniti di Reggio Calabria. Antonino Princi ha interessi anche nel mondo del calcio. Negli anni scorsi era stato soprattutto socio del Catanzaro, quando la squadra militava in serie B. Princi era socio di riferimento con il 48% delle azioni.

LE SUE CONDIZIONI - Princi ha perso entrambe le gambe e le braccia. L'imprenditore inizialmente ha avuto dilaniati una mano ed una gamba nell'esplosione. Dopo che è stato portato negli Ospedali riuniti di Reggio Calabria, i medici hanno dovuto amputare all'imprenditore le braccia e la gamba che gli era rimasta. L'intervento si è reso necessario perchè la funzionalità degli arti era stata compromessa dalle gravi lesioni subite a causa dell'esplosione. L'imprenditore, per la quale la prognosi resta riservata, è tuttora ricoverato nel reparto di rianimazione

 
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Post N° 63

Post n°63 pubblicato il 18 Aprile 2008 da mantovani
 

«Suo figlio sta fingendo». Invece muore

TORINO—«Signora, suo figlio finge, probabilmente è spaventato e sta rivivendo il trauma della caduta… E anche lei non deve agitarsi così tanto. Se vuole possiamo chiamare lo psicologo per aiutarvi tutti e due». Ma il bambino, il piccolo Martino Audibert, 8 anni, non fingeva, una lesione al diaframma che nessun medico era riuscito a vedere lo stava uccidendo. Ed ora dall’inchiesta aperta dalla Procura di Torino emergono le prime, sconcertanti testimonianze di medici e infermieri, come il consiglio di ricorrere all’aiuto psicologico.

Martino era caduto il 1˚ marzo dopo un volo di parecchi metri a Bielmonte, vicino Biella: una raffica di vento aveva strappato dal terreno il castello gonfiabile sul quale stava giocando. Trasportato al Regina Margherita di Torino, era stato operato per una frattura al bacino. Ma il 6 marzo il bambino aveva cominciato a lamentarsi di fortissimi dolori alla pancia: un calvario durato due giorni. E all’alba dell’8 marzo Martino è morto.

V. Sc.

 
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Post N° 62

Post n°62 pubblicato il 13 Aprile 2008 da mantovani
 

(http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_19/ravizza_identikit_mobbizzato_clinica.shtml)

 

L’indagine.: Negli ultimi sei anni oltre ventimila segnalazioni

Mobbing, ora in clinica c’è la lista d’attesa

Alla Luigi Devoto di Milano ormai bisogna aspettare almeno sei mesi per avere una diagnosi

Il giovane appena assunto isolato dai colleghi d’ufficio che neppure lo salutano e gli mettono i bastoni tra le ruote. Il manager 45enne messo in un angolo e criticato senza motivo dal capo in vista di una ristrutturazione aziendale. L’impiegata laureata che rientra dalla maternità senza trovare più scrivania né computer. Tutti in lista d’attesa per farsi diagnosticare il mobbing. Per avere un appuntamento alla clinica del lavoro di Milano Luigi Devoto, la prima nata in Italia e la più importante per numero di pazienti trattati, ormai bisogna aspettare almeno sei mesi. Chi prenota oggi, viene ricevuto a metà maggio. È il segnale più tangibile delmoltiplicarsi dei casi di soprusi in azienda. Un fenomeno confermato anche dalle statistiche: i lavoratori ricevuti ogni giorno per mobbing in via San Barnaba sono tre. A fine anno sarà superata quota 700 (in agosto e per Natale il centro è chiuso). I pazienti sottoposti ai test psichiatrici, con ricoveri in day hospital di due giorni, sono il doppio solo rispetto al 1999. E non finisce qui. L’esercito dei mobbizzati sta prendendo d’assalto anche le altre cliniche del lavoro, cresciute in tutt’Italia soprattutto a partire dagli inizi del Duemila. Quelle pubbliche, riunite da febbraio nel network per la prevenzione del disagio psico-sociale nei luoghi di lavoro, sono una ventina. Nel giro di sei anni hanno ricevuto oltre 20 mila denunce. Un numero che aumenta costantemente: all’ambulatorio per lo studio dei disturbi da disadattamento lavorativo dell’ospedale universitario di Pisa, per dire, dal 2002 a oggi i pazienti sono quadruplicati (da 50 a 200), due i mesi minimi di attesa per una visita. Ilmobbing è la punta dell’iceberg di un problema ancora più ampio. «Il 30% delle segnalazioni riguarda vessazioni e abusi—spiega Emanuela Fattorini, ricercatrice del Laboratorio di psicologia del lavoro dell’Ispesl (l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro) —. Nell’altro 70% di casi si tratta di gravi forme di malessere causate da stress lavorativo: ritmi insostenibili per carenza di personale, precariato, competitività eccessiva. In 30 anni di attività non ho mai visto i dipendenti così in difficoltà».

L’identikit del mobbizzato Nata nel 1902 per studiare e curare soprattutto le malattie degli operai, oggi la clinica del lavoro diMilano è un punto di riferimento a livello nazionale per le segnalazioni di (sospetto) mobbing. Nel suo ultimo dossier, datato 15 settembre 2007, ne vengono esaminate 4.037. Il documento raccoglie dieci anni di esperienza. I più colpiti dai soprusi in ufficio sono gli impiegati (57,3%), seguiti a ruota dai quadri aziendali (21,3%), dai dirigenti (10%), dagli insegnanti (4,6), dagli operai (5,3) e dai liberi professionisti (1,3%). Penalizzate, neanche a dirlo, soprattutto le donne, vittime di molestie nel 53% dei casi (contro il 47% degli uomini). «Isolamento sociale, umiliazioni d’ogni tipo, bocciature immotivate delle proposte avanzate, demansionamenti ed esclusione tout court dall’attività lavorativa so no all'ordine del giorno — sottolinea Maria Grazia Cassitto, psicologa della Luigi Devoto —. Si è più a rischio nei primi quattro anni di lavoro ( il nuovo impiegato che non viene accettato, ndr) oppure a metà carriera ( con un'anzianità di 13/16 anni, quando si comincia a costare di più all'azienda, ndr) ».

Le cause e i danni psicologici Una volta su due l'aguzzino è il capo, spesso appoggiato dai colleghi che sperano di trarne vantaggi personali. Le cause scatenanti del mobbing sono molteplici: dalle ristrutturazioni aziendali (32,7%), all'arrivo di un nuovo superiore (19,9%) fino alla richiesta di una promozione (13,3%), al cambio di lavoro (11,5%), a novità che riguardano la sfera privata come l'arrivo di un figlio (8,8%) e a conflitti interpersonali (9,7%). «Il dramma è che alle cliniche del lavoro arriva solo una minima parte degli episodi di mobbing — dice Rodolfo Buselli, medico del lavoro di Pisa —. Le dimensioni del problema sono decisamente più ampie». Le diagnosi riguardano i danni psicologici provocati dalle vessazioni: prevalentemente crisi d'ansia e stati di depressione.

Le (poche) vie d'uscita «Purtroppo arrivare a una soluzione del problema, per vie legali o con interventi sindacali, spesso richiede ancora tempi e costi eccessivi— osserva Cassitto —. I lavoratori perdono anni di vita, sprecano energie a vuoto e non riescono a far rimarginare la ferita. È necessario riempire il vuoto legislativo attuale». Un'indagine dell'Asl di Pescara mostra che il 28% delle diagnosi elaborate dalle cliniche del lavoro viene utilizzata in sede legale. Delle altre si perde ogni traccia.

 
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Pubblicità compensi

Post n°61 pubblicato il 07 Novembre 2007 da mantovani

comma 735 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 . Pubblicità compensi Amministratori  Società Pubbliche.

  • gli incarichi di amministratore delle società partecipate da soci pubblici e i relativi compensi debbano essere pubblicati nell'albo e nel sito informatico dei medesimi a cura del responsabile individuato da ciascun ente;

  • la pubblicità e' soggetta ad aggiornamento semestrale;

  • la violazione dell'obbligo di pubblicazione e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro, irrogata dal Prefetto nella cui circoscrizione ha sede la società;

  • la stessa sanzione si applica agli amministratori societari che non comunicano ai soci pubblici il proprio incarico ed il relativo compenso entro trenta giorni dal conferimento ovvero, per le indennità di risultato erogate, entro trenta giorni dal percepimento.

Ora assistiamo a tre casistiche per quanto riguarda i comportamenti a livello nazionale:

a)      qualche ente pubblica visibilità dell’intero organo direttivo sia per quanto riguarda i nominativi e gli incarichi ricoperti  correlati con i compensi mensili o annuali

b)   altri pubblicano i compensi degli amministratori operanti nelle società, ma solo quelli da loro nominati

b)      la maggior parte non adempie né in un senso né nell’altro

Nella nostra provincia,  per ciò che appare nei siti ufficiali degli Enti richiamati dal comma 735, prevale il terzo caso.

Ci permettiamo una piccola dissertazione tecnica.

Lo spirito della norma è quello di ridurre il costo sociale delle aziende pubbliche, per poi poterne monitorare gli effetti attraverso:

·         la definizione di parametri massimali per i compensi individuali

·         la definizione del numero massimo dei componenti gli organismi direttivi

·         l’obbligatorietà per gli azionisti di darne visibilità semestrale

Ora, seguendo la casistica di cui al punto b), tutta la parte dei Consigli di Amministrazione eletta in modo assembleare  sfuggirebbe alla visibilità e lo spirito della legge verrebbe tradito. Infatti nelle nomine a voto assembleare non c’è correlazione tra elettore ed eletto. Pertanto, pubblicando solo una parte dell’informazione non si potrebbe avere la percezione del numero dei membri nonché la completa visione del costo, questo comportamento sarebbe da censurare e l’ipotesi da adottare sarebbe quindi la prima in a). 

 Le viene chiesto un intervento in merito affinché i dettami del comma 735 vengano chiariti e rispettati.

 
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TRASPARENZA DEGLI STIPENDI PER I FUNZIONARI PUBBLICI: lo dice la legge

Post n°60 pubblicato il 25 Ottobre 2007 da mantovani

ORA DI RELIGIONE - Monito del segretario di Stato Vaticano anche sull'ora di religione: «Finiamola con questa storia dei finanziamenti alla Chiesa: l'apertura alla fede in Dio porta solo frutti a favore della società» ha detto il Tarcisio Bertone, replicando a chi critica l'ora di religione. «C'è un quotidiano - ha lamentato a margine della presentazione di alcune iniziative dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù - che ogni settimana deve tirare fuori iniziative di questo genere. L'ora di religione è sacrosanta».

infatti... io credo che comunque i figli siano il nostro futuro e spendere nell'ora di religione non faccia male....

ma perchè non guardiamo cosa prendono in manager pubblici? la legge obbliga i comuni e le società a parteciapzione pubblica a farlo ma in realtà nessuno lo fa. e se scoprissimo quanto prendono vi assicuro non ci preoccuperemmo più dell'ora di religione

 
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Hanno scoperto l'acqua calda

Post n°59 pubblicato il 14 Ottobre 2007 da mantovani
Foto di mantovani

l'inziativa lanciata dagli ingengeri dell'intel: bisogna tornare a parlarsiUn giorno alla settimana senza email«Al venerdì non si deve usare la posta elettronica: meglio una telefonata o vedersi di persona»

PARIGI – Il venerdì, boicotta l’email. Il messaggio non arriva da un gruppo di dissidenti della rete, ma dagli ingegneri dell’americana Intel che hanno deciso di bandire per un giorno alla settimana la posta elettronica: meglio una telefonata o vedersi di persona.

STRETTA - Lo “Zero Email Friday” è scattato una settimana fa, invitando il personale del colosso che fornisce microprocessori alla maggioranza di computer della terra a riscoprire la vecchia stretta di mano o al limite la chiacchierata per telefono. Non tanto per scopi filantropici, ma per evitare perdite di tempo. Quando le email sono troppe, gli impiegati diventano meno produttivi.

BARRICATI - Da qui, la necessità di intervenire. Nel 2006, anche un’altra società americana, la PRB, ha adottato con successo il giorno senza email. «I nostri dipendenti – spiega il vice-presidente delle vendite e marketing Greg Dockter – erano barricati in ufficio, non si parlavano più e non risolvevano i problemi. Oggi c’è più comunicazione interna e anche con i clienti». Meglio quindi tornare ai classici appuntamenti.

MALINTESI - Appuntamenti che evitano anche di creare ulteriori problemi, visto che le email, secondo uno studio del Professor Justin Kruger della Stern Business School della New York University, facilitano la nascita di malintesi. Colpa della tendenza a dare per scontata la chiarezza del testo che spesso non lascia trapelare le sfumature di una conversazione diretta.

IDEE - «Conversazioni – scrive Nathan Zeldes, membro del blog interno di Intel - che permettono non solo di conoscersi meglio, ma facilitano collaborazioni e scambi di idee». Senza dimenticare che, secondo uno studio della Case University, l’email è anche lo strumento preferito per comunicare brutte notizie. Il faccia a faccia invece obbliga di solito ad adottare un atteggiamento meno brutale per addolcire la pillola, migliorando così le relazioni.

Alessandro Grandesso

 
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Cara dolce Casa,  "cara" dolce Casa

Post n°58 pubblicato il 13 Ottobre 2007 da mantovani
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L'ALLARME LANCIATO DALL'ASSOCIAZIONE CONSUMATORIRialzo dei mutui: record di pignoramentiL''Adusbef: aumentaranno del 19% a causa dell'insostenibilità delle rate di quelli a tasso variabile

ROMA - Le rate dei mutui salgono con il rialzo dei tassi e le famiglie italiane faticano sempre più a far onore al proprio impegno con le banche: quest'anno i pignoramenti e le esecuzioni immobiliari - secondo le stime dell'Adusbef - dovrebbero aumentare del 19% a causa dell'insostenibilità delle rate dei mutui, concessi per il 91% a tasso variabile e quindi suscettibili, «anche per la rapidità delle banche italiane», a ogni ritocco del costo del denaro.

BANCHE NEL MIRINO - L'associazione dei consumatori punta il dito contro le banche, accusate di «aver costretto milioni di consumatori, ad accendere mutui a tasso variabile quando, specie nel 2004, i tassi di interesse erano ai minimi storici e non si doveva consigliare o imporre (molte banche non erogavano proprio i tassi fissi) agli utenti bancari, di essere gravati di pesanti prestiti di lungo periodo (30-40 anni) a costi apparentemente più bassi che però, con il rincaro del costo del denaro, solo due anni dopo diventavano sempre più insostenibili». Secondo le stime - precisa l'Adusbef - le procedure immobiliari o pignoramenti sarebbero pari al 3,5% del totale dei mutui, quindi a circa 120.000 su 3,5 milioni del totale, «perchè la maggior parte di essi è stato erogato a tasso variabile e risente del rialzo dei tassi della Bce, quando negli anni 2003-2004 i tassi di interesse erano arrivati ai minimi storici e tutti gli indicatori stimavano un loro aumento». Ecco di seguito una tabella che mostra le stime Adusbef di aumento, per il 2007, di pignoramenti ed esecuzioni in alcune città.

 
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