Creato da Blordo il 10/09/2005

Ordinaria Follia

Chiaro come un lago senza fango; così limpido come un cielo d'estate sempre blu.

 

 

Accadde domani.

Post n°113 pubblicato il 10 Aprile 2007 da Blordo

Eh si amici miei.
Scordatevi la piccola casetta in campagna, con cagnolino scodinzolante e barbecue con salsiccioni e costarelle succose.
Scordatevi la vostra pensioncina da televisore al plasma a 99,99 euro al mese.
Scordatevi le pastigliette di viagra tenute nella pensilina del bagno che cigola ogni volta che la aprite.

Scordatevelo.
Scordatevelo perchè stiamo tutti per morire.

Voglio dire, nei prossimi cinquant’anni.

La vostra gaudiosa anzianità, quella in cui credete con tutto il vostro cuore, non esisterà affatto.
Nonononono.


Perchè stimati critici hanno parlato: entro il duemilaecinquanta saranno veramente cazzi amari.
Le temperature aumenteranno, l’acqua scarseggerà, i mari si alzeranno.
Perciò.
Dimenticatevi tutto, abbandonate i vostri progetti, fate tutto quello che non avreste fatto per preservarvi nel vostro futuro.

Scopatevi la moglie del migliore amico, ruttate in faccia al capo evaffanculoallapensione, spaccate la faccia al vicino che vi è sempre stato sui coglioni, mangiate come stronzi qualsiasi cosa che volete, tradite, commettete atti impuri, disperdete il seme nella minestra riscaldata dell' Excelsior giù a marina, saltate nudi per i tetti con una fragola in culo dichiarando la vostra omosessualità.

Fatelo.

E poi fatemi sapere.

 
 
 

Jet Lag.

Post n°111 pubblicato il 29 Marzo 2007 da Blordo

Sono un poco stanco, si.
Sono stato via qualche giorno, si.
In fondo non c’è molta differenza fra il dire cazzate e il non dire affatto.

Sono stato in una montagnola in Thailandia.
Sono stato a strafogarmi di tapas a Siviglia.
Sono stato in Messico a mangiare funghetti.
Sono stato in una vasca da bagno piena di cipolle a praticare autoerotismo.

Non credo sia importante.

Il fatto è che torno qui e già i miei coglioni escono dal bordino delle mutande, tanto sono gonfi.
Si espandono sfregando sull’interno coscia che si irrita, quando cammino, facendomi fra l’altro assumere una posizione scomoda; diciamo che sembra che mi muovo come se avessi un rastrello nel culo, tanto per farvi un idea.

Se questo vuol dire che ciò facilità il mio pollice verde da giardinetto col prato inglese, non è così.

Se questo vuol dire che ciò è causato da tutto ciò mi sta intorno, è così.

Amo il mio paese, ma ogni volta che ci torno mi incazzo come uno stronzo.

Non tanto? per le solite facce di merda che mi circondano, la mia compresa, il mattino, davanti allo specchio.
Non tanto? per i soliti scandali da paesino di montagna che strabordano da ogni pagina di giornale, e da ogni cazzo di altoparlante televisivo, e da ogni cazzo di bocca che incontri per strada.
Non tanto? per la solita burocrazia del cazzo che di fatto è come se ci desse i calci nello scroto con pausa di cinquina sulla guancia.
Non tanto? per il traumatico passaggio dalle birrette sotto al sole alle interminabili attese a fiumicino alla ricerca di valigie che chissà in quale cazzo di volo transoceanico si sono andate ad infilare.

É che sono stato lontano per molto tempo, e da qualche ora mi continuo a chiedere: ma chi cazzo è woodcock?

Dimenticavo.
Stranamente, nessun enlarge your penis nella casella email.

Chè mi è diventato un cazzone senza che me ne accorgessi?

 
 
 

L'eccentrico sguardo successivo.

Post n°110 pubblicato il 06 Marzo 2007 da Blordo

Ma chi ti credi di essere?
Dio. Perchè?
Ah, scusa. Non avevo mica capito.

 
 
 

Amarcord.

Post n°109 pubblicato il 02 Marzo 2007 da Blordo

Mi piace l’odore dell’erba.

Quell’odore inconfondibile che ti inebria quando la primavera è alle porte, e che ti riporta indietro di quanticazzodiannisono e ti fa venir voglia di sorridere anche senza nessun motivo.

Quell’odore che ritrovavi spalmato nella tua tutina colorata con le toppe alle ginocchia, quando tanti anni fa una scivolata nel parchetto dietro casa la strisciava di un verde grumoso e la mamma non era poi così contenta.

E ora lo senti quell’odore, anche se siamo ai primi di marzo, anche se è ancora presto per poterlo assaporare, anche se il tappo viscido nel naso si apre e si chiude come una fisarmonica.

Lo senti soprattutto quando esci di casa dopo cena, verso le nove, quando i vicini sono alle prese con lo spago e col descanso post-lavorativo, ammaliati da quella merda di tivvù che trasmette canzoni stonate o inutili idioti che farfugliano cazzate.

Ti rattrista un poco, ma solo per un attimo, perchè poi pensi a quando quattordici anni fa fumavi aghi di pino avvolti in fogli di carta solo per sentirti più grande.

E più pirla.
Ma più grande.

Il parchetto è sempre lì, a due passi da casa, uguale a quattordici anni fa solo un po’ più triste, più squallido.

Le reti della porta da calcio non ci sono più, persino la porta è scomparsa da un giorno all’altro senza addurre motivazioni plausibili.

La cappella del lampione, quella che da teppistelli svogliati avevate tolto da lassù e che usavate come tamburo in cui far risuonare i raudi o i magnum ora è al suo posto, e la panchina dove facevate le prime slinguazzuate timorose con quelle dita che provavano ad infilarsi un po’ dappertutto pare così patetica adesso, triste e sola con quegli ultrasettantenni che parlano di figli e di resistenza.

Le pigne coi pinoli, il pollaio adiacente in cui gettare i vermi e far spennare fra loro le galline, lo scivolo e l’altalena rossa.
C’è tutto.
Ma è diverso.
E se le pigne senza pinoli e il pollaio senza galline ti disturbano un poco, quel porcone scritto a caratteri cubitali e in bella grafia sul legno dell’altalena ti suggeriscono che in fondo i tempi non son poi così cambiati.

La strada in salita parte proprio da lì, da quel parchetto dietro casa contaminato da tanti piccoli stronzi di cane nonostante quel cartello di divieto, nonostante il buon senso comune che scompare inesorabilmente davanti alla merda di fufy troppo sbrodolosa.

Sta a te decidere:
quella dritta è più lunga, disseminata da altri piccoli stronzi di cane
quella tortuosa è più corta, ma con una meta inimmaginabile a te ignota.

La soluzione è rollarti una cannetta nella panchina e offrirla al vecchio che ti ripete che era meglio quando era peggio.

E allora, senza riflettere, cerchi una cartina ma non ce l'hai.
E il distributore, forse, è proprio alla fine di quella stradina tortuosa e buia.

Butti su un po' di Creedence e parti, lasciandoti dietro di te il vecchietto che attende disperatamente una boccata per tornare a vivere.
Ma chissà quando, e se, riuscirai a tornare.

 
 
 

Venerdi.

Post n°108 pubblicato il 24 Febbraio 2007 da Blordo

Aperitivo, cena, digestivo.
Serata, cagate, frivolezze.
Ubriachezza, biocalce, bocca secca.

Dove cazzo è?, cosa facciamo?, è già l’una?.
Birrette, sambuca, tre mosche.
Senza ghiaccio.,quant’è?, sticazzi!.

Andiamo, ce ne hai una?, devo cagare.
Hai visto che tette, ho fame, tira il dito.

Domani lavoro. Domani cazzeggio. Domani riposo.

Un’altra, sai che or’è?, hai da accendere?.
Ci sei alla fine?, hai visto lynch?, coglioni gonfi.
Ne manca uno, quanti ne mancano?, ne manca uno.

Perchè sputi?, Dov’è il cesso?, alle tre pi.
Da quant’è?, da tanto!, facciamo una cena?
Cos’è sta merda?, mi ha rotto il cazzo., stasera ho questo.
Sempre a rompere il cazzo?
Per dio, si.
Stasera ho questo.

 
 
 

Appagamento.

Post n°107 pubblicato il 15 Febbraio 2007 da Blordo

Confuso.
Già, si, ecco quello che sento.
Confusione.
Unito ad un inconfondibile senso di leggerezza.

Leggerezza.
Già, si, ecco quello che sento.

Qualcuno saltella davanti a me e mi indica sorridendo.
Altri annuiscono fieri e mi guardano soddisfatti.
Altri ancora, che non conosco, continuano a cacarsi nelle mutande.

Io sono lì e mi sento appagato.
Già, si, ecco quello che sento.
Appagamento.

Mi accendo una sigaretta.
La più buona, completa, gustosa sigaretta che di colpo mi riempie i polmoni e chissà che cazzo combina là dentro, forse dovrei chiedermi.

Non questa volta.
Non oggi.

Riavvolgo il nastro di qualche minuto e torno indietro lentamente.

Piccole paranoie alate si rincorrono nel mio cervelletto prendendosi a sciabolate sui denti: paranoie inutili e soltanto controproducenti considerando che non esiste nulla, nulla davvero, che potrebbe andare storto.
Ma, certo, se così non fosse sarei il solito stronzo, insensibile, inutile cazzone.
E allora le lascio andare, quelle piccole paranoie, le lascio vagare senza meta a destabilizzare quelle due cartelle in punto doc che oramai conosco a memoria.
Altri ignoti, di fianco a me, sembrano tanti piccoli pacman che smandibolano al vuoto chiacchierando terrificati e facendo il punto della situazione.
Il loggione è là in fondo, mi guarda e sorride, ma nemmeno la più intima manata sullo scroto può avvicinarsi a me: sono solo con me stesso, ora, pronto a sfoderare i coglioni e a sbatterli su un incudine.

Perchè è questo, ora, quello che devo fare.
E farlo, davvero, non sarà mai facile come oggi.

La situazione merda è sotto controllo, merito forse del ferrero rocher fagocitato di buon’ora: questo è ciò che mi conferma l’estrema, palese, inequivocabile semplicità di tutta la giornata.

Entro dentro ed esco che nemmeno mi accorgo.
Ed è il solito coretto frivolo, che fino ad ora avevo solo intonato ad altri, che mi entra nelle orecchie e per qualche giorno echeggierà prepotentemente.

Buonaserà dottò.

Esco da quella merda di università e penso di non doverci entrare mai più.
E questo mi fa venire una gran voglia di ubriacarmi: di vino, di poesia e di virtù.

Ubriachezza.
Già, si, ecco quello che sento.
Ubriachezza.

Statemi bene.

 
 
 

Discorsi di merda (quella vera).

Post n°106 pubblicato il 03 Febbraio 2007 da Blordo

Siamo tutti, indistintamente, vincolati dalla merda.
Davvero?
Eh si, amico mio. Davvero.

Ti alzi la mattina con lo strana sensazione intestinale da svuotare immediatamente.
Ma se fosse così facile tutti sorriderebbero di più, anche i lunedì mattina.

Qualcuno ha bisogno di un caffè.
Qualcun altro di caffè e sigaretta.
Altri ancora, i più esigenti, di caffè, sigaretta e gazzetta della sport.
Proprio così, amico mio. Anche la gazzetta dello sport.

Qualcuno non può defecare immediatamente dopo essersi svegliato, ricercando così l’avvincente accoppiata cacata/doccia nel tripudio dell'autostima più sfrenata.
Ma è un traguardo che in pochi raggiungono, purtroppo.
In realtà tutto si trasformerà in una pre-cacata/doccia/cacata, nella tristezza di un risciacquo che in molti avrebbero evitato.

Ma tant’è.

La verità è che tutti noi abbiamo bisogno di una nostra normale regolarità, senza l’aiuto della cavalla che ci dica cosa assumere.
Si arriva persino a puntare la sveglia trenta minuti prima, calcolando inutilmente i tempi di risposta allo stimolo intestinale.
Ma la beffa o l’imprevisto sono sempre dietro l’angolo.
Quel dolcetto a fine pasto, cristo di un dio, è proprio quello che farà slittare tutto.

Vincolati dalla merda, siamo tutti quanti vincolati dalla merda.

Quanti di noi, usciti dal bar e al freddo di un cazzuto mattino di febbraio, non vorrebbero adagiare le natiche nella dolce ciambella e lasciarsi andare completamente?
Caffè o peggio cappuccino, aria fredda/aria calda, sigaretta, movimenti fisici: nononono, purtroppo è arrivato il momento. Quello giusto, questa volta.
Molto spesso, però, non si può.
E’ troppo tardi, amico mio, è davvero troppo tardi.

Dovrai cacare in ufficio, o all’università, o a scuola, curandoti bene di non fare troppo rumore, nella speranza che quei cazzo di peperoni verdi della sera prima non si facciano troppo sentire in tutto il loro splendore.
Eppoi il problema bidet non è da sottovalutare: camminare con un coltello fra le chiappe non è proprio quello che ci aspettavamo dalla nostra gaudiosa giornata.

E’ così ci ritroviamo a pregare che il nostro cessetto lindo ci aiuti, la mattina, appena svegli, ricercando nel caffè, nella sigaretta, o nella gazzetta dello sport amici rubicondi che ci possano aiutare.

Ma tutto questo spesso è inutile, amico mio.

E allora non ci resta che sfidare noi stessi, nella speranza che il rotolo di cartaigenica, nel bagno dove finiremo, ci sia e sia sufficientemente morbido.
Nella speranza che qualche stronzo prima di noi non abbia fatto un bel laghetto giallo paglierino tutto intorno.
E nella speranza, soprattutto, che quelle fottute turche di merda le abbiano definitivamente abolite.
Il corpo sciolto.

 
 
 

Riso Amaro.

Post n°105 pubblicato il 25 Gennaio 2007 da Blordo

Oh.
Ma dimmi un po’ se adesso devo tener conto anche dei tipi di riso.
Ma cazzo, il primo che ti viene su lo prendi e lo butti in padella, no?

No.
Nonononono.
C’è il riso comune, il sant'andrea, il balilla.
C’è il riso padano, il vialone nano, l’europa.
C’è il carnaroli, il baldo il roma.
Il parboiled, l’arborio, il vaffanculo.

Scelgo il vaffanculo.
Scelgo il vaffanculo senza neanche pensarci un attimo.
Non posso, purtroppo non posso.

Come cambia la vita, da un giorno all’altro.
Ti svegli alla mattina con l’atroce dubbio se preparare l’arborio o il carnaroli per un cazzo di risotto di pesce.

E sono dubbi devastanti, amico, cazzo, non sottovalutare la varietà di riso.
Ogni pietanza una diversa qualità. Chiaro?

Lo guardo intimidito e mi sento pure un inetto.
Oh che stronzo sono stato fino ad ora a scegliere il riso soltanto perchè si preparava in meno tempo o perchè la scatola mi attizzava di più.

Davanti allo scaffale dell’ipercoop decine di confezioni gridano il mio nome.
Scegli me.
Scegli me.
Scegli me.
Distolgo lo sguardo ma il carnaroli mi cerca e mi guarda inorridito.
L’arborio, tzè, l’arborio mi da uno schiaffetto e impreca in qualche lingua che credo di non conoscere.
Il vialone nano è triste, depresso, forse perchè ha il cuore troppo troppo vicino al buco del culo.

Io, dal canto mio, mi frantumo i maroni.

Lascio l’intransigente alle prese coi fottuti chicchi e mi allontano da quel girone dantesco di anime in pena.
Due chili di fiorentina senza un cazzo di contorno per la prossima volta saranno più che sufficienti.

 
 
 

Fuori luogo.

Post n°104 pubblicato il 20 Gennaio 2007 da Blordo

Qualche volta mi sembra di essere un cazzone.
Spesso, molto spesso, mi ritrovo ad ascoltare discorsi di cui non me ne frega un cazzo.
E lo penso, mentre guardo quelle labbra blaterare a vuoto i propri monologhi senza senso.

Chi cazzo te l’ha chiesto, vorrei chiedere.
E’ solo quel briciolo di buon senso che mi è rimasto a bloccarmi, a zittirmi, a dirmi fanculostronzostattenezitto.

E allora ascolto.

Ascolto lunghe frasi, grammaticalmente scorrette.
Ascolto parole che spesso non vogliono dire un cazzo il cui significato mi rimane ancora oscuro.
Ascolto cazzate, fondamentalmente ascolto cazzate.
Ascolto il vuoto più totale.
Ascolto il nulla.
Il nulla.

E mi ritrovo a pensare che forse non è il contorno che è fuori luogo.
Nonononono.
Forse sono io ad essere fuori luogo.
Spesso, e volentieri.
Sono fuori luogo.
Sono fuori luogo.
Sono fuori luogo.

Ma allora che cazzo dovrei fare per trovare il mio piccolo universo compiacente?
Clonarmi e parlare con me stesso?

Un altro piccolo simone che sa come comportarsi sarebbe noioso e controproducente.
La tipina che ti asseconda e che ti dice sisisisisi lo è altrettanto.
Gli amici che parlano di figa e di calcio e di periferiche beh, a lungo andare rompono anche un po’ i coglioni.

La risposta è dentro di me, e però e sbagliata.
Oh-oh-oh.
Ora ho anche io un fucile mitragliatore.
Oh-oh-oh.
Forse dovrei solo riposarmi.
Oh-oh-oh.
Nonostante tutto, forse, dovrei solo riposarmi

 
 
 

Un inutile spreco di parole.

Post n°103 pubblicato il 27 Dicembre 2006 da Blordo

Come è stato questo duemilaesei? Veloce, cazzo. Veloce.
Tira la riga, fai la somma e ottieni il risultato.
Non ti piace, beh, se non ti piace pazienza.

Non sono mai stato bravo in matematica.
Ho  sempre odiato la geometria e quei cazzo di polinomi, ma anche le addizioni, patetico per uno che si è iscritto a ragioneria.

Sono intelligente ma non mi applico.
Sono un po’ esagitato.
Io e gli altri laggiù in fondo non facciamo altro che parlare.

Fra l’impiccato e la battaglia navale era arduo decidere. Tristezza o tristezza brillavano stranamente sullo stesso piano.

Qualche seghetta mentale sulla tettona della classe non mancava: di certo non ce la darà mai, dicevamo, ma è pure un inutile ammasso di grassi, proteine e cute brufolosa: che continui pure a elargire la sua beltà ai tamarri delle classi superiori.
Tutto ciò per mascherare l’ennesima frustrazione di una condizione in piena tempesta ormonale adolescente, sfogata talvolta nella parete carenata del nostro cessetto tenuto lindo da mammà; e allora la tettona riappariva magicamente, e ti faceva strisciare in quelle curve che tanto dicevi di detestare perchè mancanti di un cervello proprio.

Auspicavamo forse a tette cibernetiche? Può essere.

La mamma continuava a chiedere il perchè di quell’accendino, e tu rispondevi per accendere i petardi. A giugno.
La mamma continuava a chiedere il perchè degli occhi rossi dopo una serata di canne e birrette, e tu rispondevi che è l’aria presa col motorino, perdio, che è l’aria presa col motorino.
La mamma continuava a chiedere se hai asciugato bene i capelli e tu dicevi si, e poi uscivi nel momento in cui non poteva vederti di nuovo salutandola con un laconico torno a casa presto.
Fino a qualche tempo prima ti chiedeva persino se avevi lavato i denti, e tu pur di non spappolarti in bocca quel sapore mentolato da imminente cagarella preferivi lasciare il rubinetto aperto e mimare, con le dita, lo spazzolino che si sciacqua nel getto. L’alito di carogna poteva spaventare soltanto Morfeo e non la solita tettona della classe, che talvolta tornava nei sogni fra orgasmi multipli e sesso a tre col tuo migliore amico.

Ma poi i tempi cambiano, e la tettona della classe magari te la trombi pure.
Senza passione o meglio senza sentimento, certo,  soltanto per mandarla affanculo e confermare quello che pensavate tanto tempo fa: inutile ammasso di grassi, proteine e cute brufolosa. Patetica figa di legno, magari frigida, la cui igiene personale appare scarsa. Chi lo sa?

E poi avanti, e ancora avanti, e amici che vengono, altri che cadono sotto il rimorchio di un camion di merda che pure non doveva essere lì o che scivolano con la moto verso un dirupo lontano.

Ma non importa perchè occorre andare avanti, e ancora avanti, e vedi che quello si sposa, quell’altro si trasferisce, quell’altra sforna un pargolo che non è neppure suo. La chiamavamo la Madonna, poverella, chissà a che punto sarà adesso la sua probabile tossicodipendenza.

E ora ti ritrovi quanti anni dopo? a tirare una cazzo di riga per l’ennesima volta, davanti a quei conti che non ti sono mai piaciuti tanto e che ora sembrano essere l’unica ragione di vita del popolino che deve fare promesse senza poi mantenerle.
Tu lasci il vuoto e butti la pagina, ma è quasi capodanno, fra qualche giorno cambio vita, vado a cuba e apro un bar sulla spiaggia.
Ok.
Il due prendiamo una birra al solito posto?
Un mesto d’accordo mi conferma che siamo un po’ tutti fatti di merda.
Statemi bene.

 
 
 

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Ve lo dico io di cosa parla Like a Virgin. Parla di una ragazza che rimorchia uno con una fava grossa così. Tutta la canzone è una metafora sulla fava grossa. Parla di una figa che scopa come una matta a destra e a sinistra, giorno e notte, mattina e sera. Cazzo.cazzo, cazzo-cazzo, cazzo-cazzo, cazzo-cazzo, cazzo! Finchè un bel giorno incontra un tipo cazzuto alla John Holmes. E allora..vai alla grande! Cioè uno che con l'attrezzo ci scava i tunnel, come Charles Bronson ne "La grande fuga". Lei ci da dentro come una maiala fino a che sente una cosa che non sentiva da un secolo: dolore. Dolore! Le fa male. Non dovrebbe perchè la strada è bella che asfaltata, ormai, ma quando il tipo la pompa le fa male. Lo stesso dolore che sentì la prima volta, capite? Il dolore fa ricordare alla scopatrice di quando era ancora vergine. E quindi, Like a Virgin.

 
 
 
 

Questa particolare storia si svolge in un cesso pubblico. Perciò devi conoscere tutto di quel cesso pubblico. Devi sapere se c'erano gli asciugamani di carta o il getto d'aria calda. Devi sapere se i pisciatoi avevano le porte oppure no. Devi sapere se c'era il sapone liquido o quella schifossissima polvere rosa che si usava al liceo. Devi sapere se c'era o no l'acqua calda, se c'era puzza. Se qualche pezzo di stronzo schifoso bastardo figlio di puttana aveva schizzato di diarrea una delle tazze. Devi sapere tutto quello che riguarda quel cesso. Perciò quello che devi fare è raccogliere tutti i dettagli e farli tuoi. Le cose importanti da ricordare sono i dettagli. I dettagli rendono la storia credibile.

 
 
 
 

Sono sepolto in questo buco, prendo meno di un negro alla catena, lavoro anche nel giorno di riposo, quelle cazzo di saracinesche si sono bloccate, ho a che fare con i peggio balordi di questo pianeta, puzzo di lucido da scarpe, la mia ex ragazza è in catalessi dopo aver scopato con un cadavere e la mia attuale ragazza si è ciucciata trentasei cazzi.
Deciditi o cachi o tiri su le braghe. O cachi, o braghe.
Parlo di quello che ti senti, questa incapacità che hai di migliorare il tuo stato. Te ne stai li a lamentarti che la vita ti ha fregato, ti avessi mai visto prendere la responsabilità di dare una svolta alla tua situazione. Se ti fa schifo questo posto, e chi ci viene, e se ti caca il cazzo di essere qui il tuo giorno libero, ma perchè allora non ti licenzi?  Tu che fai il melodramma sei naturale come uno che caca dalla bocca.

 
 
 
 
 

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