Lena

CLAMOROSO: GOFFREDO MAMELI COPIO' IL TESTO DELL'INNO FRATELLI D'ITALIA AD UN SACERDOTE


“Uniti per Dio, chi vincer ci può?”Mentre siamo sempre più prossimi alla data del 17 marzo, 150° anniversario dell’Unità d’Italia, non si placano i tentativi di presentare la storia di quel periodo come espressione della divisione del popolo italiano tra cattolici fedeli al Papa e atei anticlericali. In realtà, emergono sempre più prove che al Risorgimento parteciparono tutte le forze del Paese, ed il contributo dei cattolici non fu marginale. L’inno d’Italia e la bandiera tricolore, ad esempio, presentati da una certa pubblicistica come simboli di una cultura ostile al Papa e ai cristiani, sono in realtà espressione di autori e testimoni cattolici.Come ha dimostrato lo storico Aldo Alessandro Mola nel volume Storia della monarchia in Italia (Bompiani), l’inno Fratelli d’Italia fu scritto nel 1846 dal padre Atanasio Canata, sacerdote dell’ordine degli Scolopi e maestro di Goffredo Mameli. Il giovane Mameli ricopiò il testo di Canata e lo inviò nel novembre 1847 all’amico Michele Novaro che lo mise in musica. Il professor Mola, già docente di storia contemporanea all’Università degli Studi di Milano, autore di numerosi volumi sulla storia d’Italia, premiato per i suoi studi con la medaglia d’oro di benemerito della scuola, della cultura e dell’arte, ha raccontato che padre Canata era un patriota, sostenitore dell’unità d’Italia, seguace di Vincenzo Gioberti, di Antonio Rosmini  e del Pontefice  Pio IX. In una poesia anticipò alcune strofe, poi utilizzate nell’Inno d’Italia e non rese pubblico il furto del suo testo solo perchè non voleva smascherare Mameli.D’altro canto l’Inno è chiaramente ispirato a Dio. Nella terza strofa si legge: “Uniamoci, amiamoci, l’Unione, e l’amore / Rivelano ai Popoli / Le vie del Signore /  Giuriamo far libero /  Il suolo natìo / Uniti per Dio Chi vincer ci può?”.È pur vero che in genere si cantano le prime due strofe, ma le parole della terza strofa sono inequivocabili. Più complessa, anche se altrettanto ben orientata, la storia della nostra bandiera. Come ha raccontato anche Antonio Socci il 13 febbraio, sulle pagine del quotidiano Libero, con un articolo dal titolo Quando la Madonna indossò il Tricolore..., i colori della bandiera italiana sono l’espressione delle tre virtù teologali e cioè fede, speranza e carità, Verde è la speranza, bianca la fede e rossa la carità. Seppure affascinati dall’arrivo di Napoleone, Luigi Zamboni e Giovanni Battista De Rolandis, al bianco ed al rosso che venivano dallo stemma di Bologna (croce rossa in campo bianco), aggiunsero “il verde”, che, secondo Zamboni, era “segno della speranza”. Non sappiamo se Zamboni ne era a conoscenza, ma il primo “bianco, rosso e verde” si trova nella Divina Commedia, sono i colori dei vestiti delle tre fanciulle che, nel Paradiso terrestre, accompagnano Beatrice e che simboleggiano appunto le virtù teologali (Purg. XXX, 30-33). Lo stesso Giosuè Carducci che pure era mangiapreti e anticattolico, nel commemorare a Reggio Emilia il primo centenario della nascita del Tricolore, ricordò la Divina Commedia e spiegò il significato con “fede, speranza e amore”. Sembra anche che in due apparizioni la Vergine Maria si sia presentata vestita con abiti, verdi, bianche e rossi. Il 12 aprile 1947 a Roma, alle Tre Fontane, Bruno Cornacchiola, un anticattolico che poi si convertì, raccontò di aver avuto un “apparizione” di Maria che indossava un lungo abito bianco, con una fascia rossa in vita e un mantello verde (nella foto la statua votiva). Anche la mistica Maria Valtorta ha raccontato che durante un’apparizione Maria le spiegò il perchè si era rivelata in  quel modo al Cornacchiola.  Perché, avrebbe spiegato la Vergine, “vestita dei colori della tua Patria, che sono anche quelli delle tre virtù teologali, perché virtù e patria sono troppo disamate, trascurate, calpestate, ed io vengo a ricordare, con questa mia veste inusitata, per me, che occorre tornare all’amore, alle Virtù e alla Patria, al vero Amore”.Nel contesto della devozione mariana si spiegherebbe anche la scelta dell’azzurro, colore dei Savoia e poi della nazionale di calcio. L’utilizzo dell’azzurro iniziò con Amedeo VI di Savoia che il 21 giugno 1366, in partenza per la Crociata invocata da Papa Urbano V, issò uno stendardo azzurro con una corona di stelle attorno all’immagine della Madonna, per invocare “Maria Santissima, aiuto dei cristiani”. Spiega ancora Socci che “da allora alcuni cavalieri sabaudi portarono sciarpe azzurre sull’uniforme. Ne nacque una tradizione, fra gli ufficiali savoiardi. L’azzurro entrò a far parte dei simboli dinastici e il 10 gennaio 1572, con Emanuele Filiberto, la sciarpa azzurra diventò ufficialmente parte dell’uniforme. E poi dell’araldica del Regno d’Italia”.Perchè il cristianesimo abbia scelto Roma e l’Italia come sede privilegiata della sua presenza ancora ci sfugge, ma è evidente quanto la storia della nostra amata nazione sia legata indissolubilmente alla tradizione ed ai segni del cattolicesimo. - Antonio Gaspari - lottimista -