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Post n°227 pubblicato il 03 Aprile 2015 da orkelio
Sono bastati due giorni di sole, appena due, perché si risvegliasse il bosco, dopo un lungo inverno di neve e un inizio di primavera con l’emergenza frane. Sono bastati due giorni per riprendere da subito l’abitudine a due passi dopo pranzo nel bosco, godendo della luce un po’ tiepida che l’inverno ci aveva fatto dimenticare. Quando la vita, come il bosco, sembra spoglia, non ancora al livello dei nostri desideri, basta guardarla un po’ più da vicino, muovere qualche foglia, osservare i dettagli. Ecco che allora appariranno le prime piccole macchie gialle delle primule. Sì, perché le primule selvatiche (Primula vulgaris L.) sono tutte gialle. Dopo che ne vedi tante, sono quasi monotone. Se le guardi proprio da vicino, se ci infili il naso e le osservi bene, sono di tre gialli diversi, con una virgola di arancio. Piccole cose. Cose minuscole. Sarà forse un po’ meno facile intravedere qualche viola mammola (Viola odorata L.) che si risveglia, ma basta avvicinarsi ai piedi dei vecchi castagni o sulle rive di qualche fosso, torrente, guardare bene tra il muschio ed eccole lì, a ristabilire l’equilibrio della stagione, a dirci che è ora di uscire, che arriverà il caldo tra un poco. E lo stupore nel notare da lontano, per un repentino raggio di sole proprio nel momento in cui si passa, che illumina una piccola scarpata dove qualcosa di bianco spunta… Un piccolo gruppo di viole bianche (Viola alba besser) si sono fatte largo nel sottobosco insieme alle prime foglie di fragoline selvatiche. Ma anche loro, solo bianche? Bianche, crema e lilla, a guardarle bene. Più sfumature, una ricchezza che si può osservare solo fermandosi e non frenando la meraviglia. Un po’ più in là, quando siamo quasi certi di trovare solo primule e violette, ci appare un gruppetto di erba perla (Lithospermum purpurocaeruleum L.). L’erba perla è una tavolozza di colori. Nasce dal suo bocciolo quasi porpora, muta in fucsia per diventare poi azzurra e blu, viola nei terreni più acidi. Un piccolo miracolo di mutazione, di diversità di colori sullo stesso stelo, di capacità di mantenere decine di sfumature in un’unica vita. Volendo osservare le piccole cose, si trovano. Altrimenti sfuggono. Quando le cose migliori sembrano ancora lontane, è il momento di sforzarsi per guardare dove sono i nostri piedi. Solo così potremo notare che in mezzo a quel che sembra ancora un nulla, tra pagliuzze secche e pezzi di cortecce, c’è un piccolo tutto, coraggioso e solenne. Anche se si fatica a vederlo, anche se un filo d’erba è più grande di un anemone epatica (Hepatica nobilis L.), trovare la prima nella sua minuscola perfezione, è un tuffo al cuore ogni primavera. Usciamo dal bosco incrociando sotto i faggi qualche gruppo di elleboro (Helleborus bocconei Ten. s.l.). Il sole li illumina trasformandoli in piccole lanterne luminose che ondeggiano lentamente nel vento di aprile. Pareva non ci fosse ancora niente nel bosco, ma fermandosi, regalandosi il tempo per osservare, i primi piccoli tesori erano lì. Non serve desiderare le fioriture di maggio, se ci si prende il tempo per assaporare aprile. |
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