Blog di Oronzo Canà

NESSUNO DIMENTICHERA'


di GIANCARLO PADOVAN Scusate tanto, ma nessuno dimenticherà. Perché cancellare questo anno orribile non è possibile e non sarebbe giusto. Perché la Juve in serie B non ci era mai andata in 109 anni di storia e, se doveva fi­nirci, non poteva esser sola. Perché la società non ha pagato esclusivamente con la retrocessione e una pe­nalizzazione di 15 punti, ridotti, sotto la minaccia del ricorso al Tar, a 9.No. Le sono stati sottratti due scudetti, l’ultimo dei quali strameritato e vinto sul campo, a prova di qual­siasi indagine e intercettazione, nonostante l’indefes­so affannarsi di inquisitori e inquirenti. Per due an­ni le è stata interdetta la Champions League (e non è stato certo così per il Milan). E’ stata spolpata sul mercato con voracissima ferocia da una parte e, per me, con eccessiva arrendevolezza dall’altra. Ha in­contrato l’irriconoscenza di Fabio Capello (ma anche di Zambrotta, Cannavaro, Emerson, Vieira e Ibrahi­movic) e la violenza degli attacchi: molti premedita­ti, altri pretestuosi, altri ancora inaccettabili, quasi tutti portati in maniera inesausta e inesauribile.Per il mondo – il mondo del calcio italiano – e per il sistema – il sistema mediatico e informativo – non bastava che la Juve pagasse, fino in fondo e più di qualsiasi altro/a. Serviva la distruzione, l’annienta­mento. Naturalmente senza peritarsi di leggere al­meno una carta delle molte, e controverse, prodotte dalla cosiddetta giustizia sportiva, ma enunciando in base a livore e conformismo, acredine e ignoran­za. Sulla Juve, e contro la Juve, è stato consentito ogni sorta di giudizio, dal più sconsiderato al meno pertinente. Perfino la pulizia interna allo stesso club – unico, quello bianconero, ad avere rinnovato del tutto il proprio consiglio di amministrazione, ad ave­re nominato un nuovo presidente e un nuovo ammi­nistratore delegato, ad essersi dotato di un codice etico – non è stata sufficiente per ammettere che la Juve aveva davvero girato pagina. Anzi. Ancor oggi si accostano organigrammi e funzioni per dimostra­re che alcuni uomini del management sono rimasti, come se lavorare al marketing o all’ufficio acquisti comportasse una commistione con il passato agonistico. Ora mi chiedo e vi chiedo: qualcuno si è mai oc­cupato di come e quanto siano cambiati al vertice, dopo lo scandalo, il Milan, la Lazio, la Fiorentina, la Reggina? L’Inter è un capitolo a parte. Constato che il pur sempre dimissionario Francesco Saverio Bor­relli non ci ha ancora fatto sapere nulla, mentre i ca­si che riguardano quella società e il lavoro svolto dal­la Procura di Milano, a proposito del doping ammi­nistrativo e dell’attività illegale connessa a Telecom, meriterebbero una qualche sollecitudine.La Juve che stravince il campionato di serie B è un fatto tecnicamente logico. Storicamente e social­mente, però, stabilisce un confine tra chi ha sconta­to la pena, espiato la colpa, accettato la durissima rie­ducazione e chi no. In verità, il confine era stato trac­ciato quasi un anno fa, diventando poi fossato e infi­ne baratro. Premuta e sballottata, nuda e ferita per i mesi che la hanno costretta lontana da quanto sem­pre le era toccato, non è stata solo la Juve come en­tità immateriale. E’ stata la moltitudine di tifosi e appassionati che, più di ogni giocatore e dirigente, più di ogni tecnico o manager, ama quella squadra e quei colori senza porre limiti al proprio affetto e sen­za mimetizzare falsi pudori.Questa gente si è sentita perduta perché espropria­ta del contesto che aveva decretato come legittima non solo la grandezza e la sua storia, ma la gioia di condividerla, la ragione per partecipare. Quel con­testo, ovviamente, è la serie A. Ora è tornata. A co­me Juve. Senza Juve, la a si scrive minuscola.