Blog di Oronzo Canà

Intervista a Claudio Ranieri


«Con Trezeguet l'attacco è sistemato. In difesa potrebbe esserci anche una sorpresa»Non mi piace illudere la gente e allora dico che, adesso, non siamo uguali a Inter e Milan: ma non parto mai per arrivare secondo e so pure che se ti chiami Juve devi lottare per il titolo. E, poi, da quando nel 2004 arrivai in semifinale di Champions League, non ho mai tolto dal cassetto il sogno di vincerla: qui ce la posso fare». Bollato, da settimane, «buon seminatore» per gli altrui raccolti, stavolta Claudio Ranieri, oltre che tracciare impianti di gioco vorrebbe razziare qualche titolo per sè: pronto a giurare - «me lo ha spiegato l’ad Jean-Claude Blanc» - che ne avrà i fondi e il tempo per provare l’assalto. Il giorno dell’investitura disse: «Sinora ho tentato di fare l’allenatore, ora lo faccio». Da ieri è scattato il contratto: come si sta? «Dovrei aspettare il primo anno, per un bilancio, ma che la Juve è la Juve te ne accorgi solo quando ci sei. Ti riconoscono ovunque come, per me, capitava all’estero, dove ho passato gli ultimi dieci anni». Che Juve sta nascendo? «Vedo un’ottima squadra che sta risalendo le posizioni». Trezeguet ha detto che potete vincere lo scudetto. «Mi piace l’ottimismo, anche nei giocatori. Penso non siamo ancora paragonabili alla vecchia Juve, ma non significa che ci tireremo indietro. Se hai questa maglia devi lottare per lo scudetto». Una settimana fa aveva detto che la sua Juve sarebbe stata una rompiscatole: aggettivo che s’accompagnava a inesperte neopromosse. «Qualcuno pensa di sapere con esattezza quanto varrà questa squadra? Non penso. La curiosità della gente è anche la mia. Chiaro che le altre, come Milan e Inter, sono più avanti di noi: loro devono vincere lo scudetto». Sorpreso che Trezeguet sia rimasto? «No. Piuttosto mi ha stupito il suo gesto, perché io percepivo altre intenzioni». Il francese è stato contento della sua telefonata: ha detto che gli ha dato fiducia. «Gli ho solo detto che aveva fatto quindici gol in B e che ne avrebbe dovuti fare venti il prossimo anno. È un attaccante incredibile, uno che ogni anno va in doppia cifra. Un rapinatore d’area, uno che fa gol anche quando il difensore non sbaglia nulla. Ovvio, poi, che bisogna servirlo come preferisce». Cosa manca ancora? «Un difensore: che abbia la classe e l’esperienza per guidare i compagni. Uno che sia un punto di riferimento». Milito e Pepe, tanto per fare due nomi: perché costano come gli attaccanti? «Perché ci sono dei cicli: questo è uno di quelli in cui di difensori bravi ce ne sono pochi». Non ha risposto sui nomi. «Non lo faccio mai. Ma mi fa piacere perché quelli che stiamo trattando non li ho letti sui giornali: vuol dire che chi lavora come me lo sta facendo bene». Quanto conta Ranieri quando si scrive la lista della spesa? «Su ogni nome, se ne parla. Una cosa che, all’estero, succede sempre. Non per nulla in Inghilterra il tecnico si chiama manager: programma la campagna acquisti, poi ci sono altri che la portano a termine. Prenda Ferguson: i primi anni che era al Manchester United non ha vinto nulla: poi, però, il Manchester è diventato il Manchester. Improponibile in Italia, dove bisogna vincere tutto e subito». Perché non dovrebbe essere così anche per lei alla Juve? «Perché quando ho parlato con Blanc abbiamo sviscerato tutti i temi e se mi ha illustrato un piano quinquennale e mi ha fatto un contratto di tre anni, significa che c’è una progettualità. Poi, è chiaro, che la Juve deve lottare per il titolo». Le hanno affidato un grande vessillo a 56 anni: l’avrebbe meritato prima? «Onestamente, non penso mai a queste cose. Ci sono anche i momenti giusti. Pensi a come sono arrivato alla Juve: è andato via Deschamps, all’improvviso, e io, non fosse stato per qualche ritardo nel cambio di proprietà del Manchester City, sarei finito là. Come i tempi d’inserimento dei centrocampisti». S’è masticato tutte le serie, alcuni partono dalla A: le dà fastidio? «Alla fine è il campo a dire se sei bravo. Non basta essere stati grandi giocatori per saperne di calcio». Fatalista? «Molto. A volte il destino è appeso a un rimbalzo: quando prendi il palo, puoi fare gol o perdere». Abramovich le disse: «Mi dica di che cosa ha bisogno». Blanc? «Una persona estremamente corretta: vogliamo ritornare a grandi livelli in cinque anni, mi ha detto, e ci sono i soldi per farlo». Anche per prendere Lampard? «Lasciamo stare». Vero che avete parlato e chiuso subito? «Sì. Mi hanno telefonato due giorni prima dell’annuncio. Ho pensato: “Meno male che non ho firmato per il Manchester City”». Andò all’estero perché c’era troppo stress: 10 anni dopo? «C’è anche in Spagna, guardi cos’hanno fatto con Capello. Mi sembra che al Real non sappiano progettare nulla: volevano uno che gli ricostruisse lo spogliatoio che, ormai, era un circolo di primedonne. E poi sapevano com’è Capello». Dicono giocasse male. «Il Barça gioca bene quando lo fanno Ronaldinho e Messi. Il fatto è che gli spagnoli odiano e amano il calcio italiano. Noi siamo pragmatici, loro parlano sempre di possesso palla». Il suo manifesto? «Se non vinci dopo quattro partite, ti cacciano, ma se inizi a farlo, finisci per giocare bene». Odia le promesse: faccia un’eccezione. «Non ho mai levato dal cassetto il sogno di vincere la Champions e con la Juve posso riuscirci».Fonte: www.lastampa.it