“il fatto di avere degli obiettivi che una volta raggiunti gratificassero il loro ego rendeva senza dubbio i ragazzi più volenterosi e attivi, ma alla lunga questo tipo di movente è distruttivo. qualsiasi sforzo abbia come obiettivo finale l’auto glorificazione è destinato a concludersi in un disastro. Infatti ora ne scontiamo le conseguenze. Quando si prova a scalare una montagna per dimostrare la propria bravura, è raro che si arrivi alla vetta. E anche se ci si arriva è una vittoria ben meschina. per consolidarla bisogna continuare a misurarsi, incessantemente, condannati ad aderire per sempre a una falsa immagine di sé, ossessionati dalla paura che l’immagine non sia vera e che qualcuno lo scopra.All’occhio inesperto tra la scalata centrata sull’ego e quella che mette l’ego da parte non c’è nessuna differenza. Ma lo scalatore tutto proteso verso il proprio ego è come uno strumento fuori fase. i suoi passi sono troppo affrettati o troppo lenti. Con ogni probabilità uno scalatore così perde la bellezza della luce che filtra fra gli alberi. rifiuta il qui, ne è scontento, vorrebbe essere più avanti ma quando ci arriva è altrettanto scontento, perché anche là diventa ‘qui’. Quello che sta cercando, quello che vuole, è tutto intorno a lui, ma lui non lo vuole, proprio perché ce l’ha tutto intorno. Ogni passo è uno sforzo sia fisico che spirituale, perché egli immagina che la sua meta sia esterna e distante.”
l'arte dello Zen
“il fatto di avere degli obiettivi che una volta raggiunti gratificassero il loro ego rendeva senza dubbio i ragazzi più volenterosi e attivi, ma alla lunga questo tipo di movente è distruttivo. qualsiasi sforzo abbia come obiettivo finale l’auto glorificazione è destinato a concludersi in un disastro. Infatti ora ne scontiamo le conseguenze. Quando si prova a scalare una montagna per dimostrare la propria bravura, è raro che si arrivi alla vetta. E anche se ci si arriva è una vittoria ben meschina. per consolidarla bisogna continuare a misurarsi, incessantemente, condannati ad aderire per sempre a una falsa immagine di sé, ossessionati dalla paura che l’immagine non sia vera e che qualcuno lo scopra.All’occhio inesperto tra la scalata centrata sull’ego e quella che mette l’ego da parte non c’è nessuna differenza. Ma lo scalatore tutto proteso verso il proprio ego è come uno strumento fuori fase. i suoi passi sono troppo affrettati o troppo lenti. Con ogni probabilità uno scalatore così perde la bellezza della luce che filtra fra gli alberi. rifiuta il qui, ne è scontento, vorrebbe essere più avanti ma quando ci arriva è altrettanto scontento, perché anche là diventa ‘qui’. Quello che sta cercando, quello che vuole, è tutto intorno a lui, ma lui non lo vuole, proprio perché ce l’ha tutto intorno. Ogni passo è uno sforzo sia fisico che spirituale, perché egli immagina che la sua meta sia esterna e distante.”