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AMORE DIVINO


  La loro perfetta unione (quasi una sovrapposizione di ruoli, secondo alcuni) è anche la chiave di volta della grande riforma religiosa attuata nel sesto anno di regno di Amenhotep IV, quando egli lasciò definitivamente Karnak, e l'influenza della potente casta sacerdotale di Tebe per edificare una nuova capitale, 400 chilometri più a nord, interamente dedicata al "nuovo" dio Aton. Contemporaneamente il faraone mutò il suo nome in Akhenaton (letteralmente "lo spirito efficace di Aton"), mentre Nefertiti si fece chiamare Nefer-neferu-Aton, ovvero "bella tra le belle di Aton". Per un egizio il nome è una parte immortale dell'essere, che sopravvive alla morte fisica, da qui l'importanza di questa scelta non solo formale. Il nuovo nome del faraone sta a significare che, da quel momento in poi, egli non era più una divinità (Horo figlio di Amon-Ra), ma solo l'uomo "utile ad Aton, che è utile a tutti". Nefertiti ed Akhenaton sono dunque una coppia divina e "solare"; ogni giorno celebrano insieme il culto del dio unico e, nel contempo, celebrano il sentimento che li unisce, indissolubile ed eterno come il ciclo stesso del sole e il susseguirsi delle stagioni. In queste cerimonie Nefertiti non è solo una comparsa passiva: secondo quanto si legge su molte iscrizioni la sua voce suscitava gioia, i suoi gesti erano armoniosi omaggi al dio. Appariva splendida e solenne, paragonata a una stella luminosa: "gioiosamente ornata della doppia piuma, dotata di tutte le virtù, alla cui voce ci si rallegra, dama piena di grazia, grande nell'amore, i cui sentimenti fanno la felicità del signore dei Due Paesi".