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AMENHOTEP IV


 Talvolta il profano, possiamo confessarlo, trova una certa monotonia nella storia dell'antico Egitto, che si trascina lentamente attraverso i secoli. Forse la parola più adeguata sarebbe "prevedibilità", richiamando alla memoria i ricorsi stagionali della stessa valle del Nilo. Che rappresenti un faraone del Regno Medio o un cesare romano di duemila anni dopo, si può pensare che l'artigiano egizio lavori con variazioni praticamente insignificanti, chiuso com'è in una tradizione di ferro. Se non fosse per le testimonianze scritte, ci dovrebbe esser perdonato l'imbarazzo di non saper distinguere talvolta un capo della storia dall'altro. Naturalmente tutto questo è un'eresia bell'e buona per chi si professa egittologo ed ha l'occhio abituato al giudizio critico. Ma fu proprio un egittolo di professione che richiamò l'attenzione sull'eroe di questo post definendolo "il primo personaggio della storia". Pochi potrebbero negare che nel quattordicesimo secolo a.C. quest'uomo straodinario (se uomo egli era) riuscì a interrompere per pochi anni il ripetersi della storia egizia quale noi la conosciamo: le sue guerre, i suoi intrighi, le elaborate sofisticazioni, l'imperialismo inesperto, il mescolamento dei culti con l'affollato mondo animale. Il fatto che egli sognasse, invece di regnare, fa parte della meraviglia. Egli può essere condannato come apostata, come monarca pusillanime, come maniaco religioso, come donna mascherata, come ermafrodita. Il suo sfoggio di vita familiare accanto alla graziosa Nefert-iti, tra una frotta di figlie (non di figli) era una simulazione per compensare una realtà, o era veramente un'innovazione domestica? Il suo monoteismo fu un'incompiuta anticipazione della storia o fu la semplice accentuazione di tendenze precedenti? E perchè non ambedue? Qualunque sia la sostanza del suo contributo, egli ha lasciato in eredità un materiale abbastanza controverso da richiamare l'interpretazione di una vasta gamma di studiosi più o meno dotti. Nel museo del Cairo noi possiamo passare in rassegna una schiera di faraoni, ma il suo volto singolare, lungo e intelligente, studiato dall'artista con non comune sensibilità data la dimensione colossale, ci guarda irresibilmente dalla colonna di Karnak e noi ci soffermiamo a meditare.