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« LA SPOSA DEL SOLE - 2° PARTEUN FARAONE DONNA »

AMORE DIVINO

Post n°110 pubblicato il 21 Aprile 2012 da OsirideDioDeiMorti2
 


 

La loro perfetta unione (quasi una

sovrapposizione di ruoli, secondo alcuni) è

anche la chiave di volta della grande riforma

religiosa attuata nel sesto anno di regno di

Amenhotep IV, quando egli lasciò

definitivamente Karnak, e l'influenza della

potente casta sacerdotale di Tebe per

edificare una nuova capitale, 400 chilometri

più a nord, interamente dedicata al "nuovo"

dio Aton. Contemporaneamente il faraone

mutò il suo nome in Akhenaton (letteralmente

"lo spirito efficace di Aton"), mentre

Nefertiti si fece chiamare Nefer-neferu-Aton,

ovvero "bella tra le belle di Aton". Per un

egizio il nome è una parte immortale dell'essere,

che sopravvive alla morte fisica, da qui

l'importanza di questa scelta non solo

formale. Il nuovo nome del faraone sta a

significare che, da quel momento in poi, egli

non era più una divinità (Horo figlio di Amon-Ra),

ma solo l'uomo "utile ad Aton, che è utile a tutti".

Nefertiti ed Akhenaton sono dunque una coppia

divina e "solare"; ogni giorno celebrano insieme

il culto del dio unico e, nel contempo,

celebrano il sentimento che li unisce,

indissolubile ed eterno come il ciclo stesso del

sole e il susseguirsi delle stagioni. In queste

cerimonie Nefertiti non è solo una

comparsa passiva: secondo quanto si legge

su molte iscrizioni la sua voce suscitava gioia,

i suoi gesti erano armoniosi omaggi al dio.

Appariva splendida e solenne, paragonata a

una stella luminosa: "gioiosamente ornata

della doppia piuma, dotata di tutte le virtù,

alla cui voce ci si rallegra, dama piena di grazia,

grande nell'amore, i cui sentimenti fanno

la felicità del signore dei Due Paesi".

 

 

 
Rispondi al commento:
francoroiter
francoroiter il 22/04/12 alle 06:40 via WEB
NEFERTARI Il tempio di Abu Simbel, in Nubia è l’enorme monumento, eretto da Ramses II, il Grande Faraone che resse le sorti dell’Egitto durante il regno nuovo per ben 67 anni, dal 1292 al 1225 a.C.. Oltre a proclamare la sua gloria, testimonia in maniera inconfutabile e imperitura il grande amore e l’immenso rispetto che lo legarono a Nefertari, la prima sposa reale, la “padrona” della stupenda tomba che i recenti restauri hanno permesso di riaprire al pubblico nella Valle delle Regine, a Luxor. Era bellissima, la potente Nefertari, e tale la ritrassero gli artisti reali: alta, sottile con lunghi capelli neri. Come la maggior parte delle principesse reali egizie. Ma a distinguerla dalle concorrenti e a sottolinearne il fascino, Nefertari ebbe dalla sua un carattere e una determinazione inconsueti per le donne del suo tempo, avvezze sì a una certa indipendenza, ma tenute per lo più lontane dalla politica e dalle decisioni di corte. Fu lei invece la prima a prendere parte attiva alla lunga trattativa di pace con gli Ittiti, gli eterni nemici che insidiavano i confini dell'estesissimo Impero dei Faraoni in Asia Minore. E lo dicono senza ombra di dubbio i documenti dell'epoca giunti intatti sino a noi. Non erano tempi tranquilli quelli in cui la XIX Dinastia a cui appartiene Ramses II ¬ giunse al potere. Si era appena spenta l’eco della tremenda tempesta religiosa voluta da Akhenaton. Ma i suoi effetti politici erano ancora ben visibili. Nello sforzo di imporre il nuovo dio, Akhenaton, oltre a minare la solidità del potere interno aveva trascurato di presidiare e di difendere i confini dell’Impero. Così, gravi crisi erano scoppiate soprattutto fra quelle popolazioni che da sempre mal sopportavano il dominio egizio. I Mitanni si erano staccati dall’Egitto, parecchie città della terra di Canuan e della Siria dimenticavano di pagare i tributi e gli Ittiti a nord avevano rialzato la testa. Molto aveva fatto il valoroso generale Horemmheb per riportare il Paese all’antica potenza, una volta scomparso Akhenaton, ma altrettanto restava da fare. Ed è proprio su questo panorama di conflitti imminenti e di guerre inevitabili che si affaccia la dinastia dei Ramessidi, le cui origini non a caso affondavano nel delta del Nilo, in quella terra tradizionalmente dedicata a Seth, il Dio in cui si credevano personificati gli elementi indomabili e ribelli della natura. E in effetti Sethos I, il padre di Ramses II, e prima ancora Ramses I, avevano cominciato a combattere per riprendersi le terre perdute. Ma solo Ramses II, il Re dei Re, riuscì a portare a termine l’impresa, riconducendo sotto l’influenza egiziana tutti i territori a Oriente del Nilo, sino all’Asia Minore, e a firmare un trattato di pace nel ventunesimo anno della sua ascesa al trono con il bellicoso regno di Hatti. Ed è a questo proposito che Nefertari appare sulla scena politica scrivendo di suo pugno un messaggio ufficiale alla “sorella” hittita Pudukhepa, la grande regina di Hatti. Scrive Nefertari: Da me tutto bene, nel mio paese tutto va bene, che tutto possa andar bene da te, sorella mia; possano il Dio Sole d’Egitto e il Dio della Tempesta di Hatti portarti gioia. I1 Dio Sole faccia sì che la pace sia buona fratellanza al Gran Re di Hatti. E le speranze di pace di Nefertari inducono lei stessa a proporre a Pudukhepa di inviare a Tebe una delle Principesse reali sue figlie perché questa entri a far parte dell'harem del Faraone, cementando così l’unione e la fratellanza fra i due popoli. E la proposta non deve stupire. Nefertari, al ventunesimo anno di regno del marito Ramses, era già una potente e tranquilla dama più vicina ai quaranta che ai trent’anni di età, a cui certo non doveva far ombra l’arrivo di una nuova Principessa da aggiungere alla lista già lunga (Ramses ebbe otto consorti legittime) delle spose reali. Da tempo lei aveva consolidato il proprio potere, mettendo in ombra persino Tuya, la madre amatissima di Ramses II. Durante il regno di Sethos, il Padre, la Regina Tuya era stata la sua fedele sposa e compagna, ma certo non aveva avuto un ruolo preminente negli affari pubblici. Lo ebbe invece con il figlio Ramses II, che le tributò straordinari onori (fra le sei enormi statue che ornano il Tempio di Abu Simbel, dedicate tutte a Ramses e a Nefertari, una rappresenta anche Tuya, sebbene sia posta in una posizione di minore importanza). Anzi, per sottolineare l’origine Divina della propria regalità, il Faraone fece costruire a Tebe un tempietto dedicato proprio a Tuya, sulle cui pareti è illustrata la teoria secondo la quale era stato lo stesso Dio Amon a fecondare Tuya, sostituendosi e incarnandosi nel corpo terreno del Padre Sethos I. Insomma Tuya sarebbe stata amata nientemeno che dal sommo degli Dei Egizi e dalla loro unione avrebbe tratto origine Ramses. E non ci vuole molto a comprendere con un simile onore alle spalle, quanto grande fosse il potere a corte della Regina Madre, soprattutto durante i primi vent’anni di regno di Ramses II. Ma, nonostante questo Nefertari, la bella fra le belle, com’è indicata in uno scritto ebbe nel cuore del Faraone un posto di assoluta preminenza. Tanto da offuscare l’altra Sposa Reale, Istnofret, che pure divise a lungo il letto di Ramses II e gli diede numerosi figli. A paragone di Nefertari, chiamata ad apparire in pubblico al fianco del Faraone nelle occasioni Ufficiali e nelle cerimonie religiose, la figura di Istnofret appare ai nostri occhi come sfuocata: nessuna statua la ritrae e in suo onore non furono costruiti templi. Anche se proprio da lei, la sposa dimenticata, nacque l’erede al trono d’Egitto. I figli di Nefertari, infatti, non ebbero grande fortuna: dal primogenito Amenhiruonmef, che morì in giovane età, ai suoi fratelli minori, che si spensero tutti fra i 20 e i 30 anni. Così fu che il Principe Meremptah, il tredicesimo figlio nato da Istnofret, divenne l’erede del Faraone e gli successe sul trono, quasi per una postuma rivalsa della sposa che il Grande Ramses aveva dimenticato. Nonostante gli sviluppi successivi della storia d’Egitto, è impossibile negare la chiara preminenza di Nefertari fra le Dame di Palazzo. Lei sola accompagnò Ramses a Tebe nel primo anno del regno e già a partire dal terzo la sua immagine iniziò ad apparire accanto a quella del sovrano nelle scene incise sulla facciata posteriore del nuovo grande pilone del Tempio di Luxor, mentre una sua statua elegantemente scolpita nel granito, era collocata per ordine del Re nel cortile anteriore del tempio stesso. Il nome di Nefertari compare anche a Karnak, ma il più grande onore le fu tributato proprio nella lontana Nubia, in quell’imponente Tempio di Abu Simbel, che già abbiamo ricordato, dove la Regina appare tanto quanto il suo Regale consorte. Soltanto sul muro di fondo del sacrario interno Ramses II ha infine la precedenza ed è raffigurato da solo nell’atto di compiere un sacrificio alla dea Hathor. Nefertari ebbe comunque il privilegio di avere un Tempietto lì vicino, completamente dedicato a lei: un’attenzione e un omaggio supremi, che soltanto il Faraone Amenophis III aveva avuto per la sua sposa Tiyi. E’ intorno al Ventiquattresimo Anno di Regno di Ramses che Nefertari coglie questo altissimo onore: i due templi di Abu Simbel sono finalmente terminati ed è giunto il momento di inaugurarli. Con ogni probabilità durante il mese di febbraio del 1255 a.C. la flotta reale salpa verso sud. Il Re e la Regina sono accompagnati dalla Principessa Meryetamon e dal Vizir Heqanakt oltre che da un vasto seguito di dignitari. E’ l’alba quando, attraccata la flotta reale, si dà inizio alla cerimonia. Il Sole sorge lentamente dalle colline orientali e valica il fiume, finché i suoi potenti raggi arrivano a lambire la facciata del Tempio e a dare per un attimo l’illusione della vita alle grandi statue che ne ornano la facciata. E’ questa, secondo la convinzione dei Sacerdoti, l’unione mistica con il disco solare: i raggi dell’astro, sfiorando la materia inerte, le danno per un istante l’illusione dell’esistenza e fanno brillare i colori di un incredibile splendore. Sotto la luce che avanza, l’una dopo l’altra vengono spalancate le porte del tempio, sinché i raggi, affondando per 60 metri nelle viscere della roccia, giungono al fondo del sacrario. E baciano la statua del Faraone e di Nefertari. Ma la Regina, come lasciano intendere alcuni scritti, non può assistere a questa straordinaria cerimonia. Stroncata dal lungo viaggio, è costretta a restare a bordo della nave reale sotto la sorveglianza dei medici. Anzi, anche se i documenti non permettono di formulare questa ipotesi con sufficiente certezza, è proprio di ritorno dalla spedizione che ne sottolinea e consacra l’importanza sulla scena politica egizia che Nefertari si ammala gravemente e muore. Ramses II, affranto, l’accompagna, con il fasto che si confà a una regina del suo rango e della sua statura, all’ultima dimora. Quella stessa Tomba che oggi, con reverenziale rispetto, i turisti possono di nuovo ammirare per inchinarsi ancora una volta dinanzi alla bellezza e al potere della grande Sposa Reale. E forse il loro ammirato omaggio, secondo le credenze antiche, andrà ad alimentare lo spirito di Nefertari, il suo “Ka”, in modo che la più grande delle Regine d’Egitto possa vivere e regnare in eterno. PAOLO ROITER DA MESTRE(VENEZIA)
 
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