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Nella storia dell'antico Egitto, agli studiosi capita di rado di imbattersi in episodi "romanzeschi", cioè tali da sembrare frutto della fantasia di uno scrittore di racconti (ce ne sono giunti molti anche famosi, come le Avventure di Sinuhe, per esempio) e della cui veridicità si sarebbe tentati di dubitare, se non fossero testimoniati da documenti degni di fede. Questa scarsità di notizie deriva da molti fattori, alcuni dei quali dipendono dal caso archeologico: noi abbiamo quello che il tempo ci ha tramandato; vi è, però, sempre la speranza che scavi futuri o rinvenimenti occasionali ci permettano di colmare le lacune.
Nell'antico Egitto vi è un controllo strettissimo su tutto ciò che concerne il sovrano, la sua famiglia, la corte, il gruppo dirigente. Circolano soltanto le notizie che confermano agli occhi dei sudditi l'idea che essi sono un popolo privilegiato - forse eletto - per essere governato da un dio sempre vittorioso in battaglia e da un esercito di funzionari saggi ed onesti. Ciò che contrasta con questa visione del mondo resta nell'ombra e soltanto in casi rari e fortunati giunge fino a noi. Solo per questo apprendiamo che vi sono state congiure di palazzo in cui grandi sovrani sono stati assassinati, che una regina è stata sottoposta a un processo segreto e che nei templi talvolta avvenivano scandali e ruberie di ogni genere, per tacere del fatto che, ad un certo punto della XVIII dinastia, un sovrano - il faraone "eretico" Akhenaton (1351-1334 a.C. circa) - ha sconvolto l'Egitto con una terribile rivoluzione, che Ramesse II ha cercato - riuscendovi per più di tremila anni - di cancellare dalla storia del suo paese. Ma, a parte quest'ultimo caso, possiamo perlopiù intuire come all'interno del gruppo dirigente vi siano state lotte politiche tra "partiti" diversi. Un esempio significativo di tutto ciò viene fornito da un episodio avvenuto durante la XVIII dinastia, poco dopo la morte di Akhenaton, episodio di cui le fonti egiziane non ci dicono assolutamente nulla e che conosciamo eclusivamente attraverso le fonti ittite. Una vicenda la cui ricostruzione non è del tutto sicura e che ancora oggi fa molto discutere gli studiosi: i fatti sono abbastanza noti, ma, per le ragioni che vedremo, sono le figure dei protagonisti a essere in qualche modo sfuggenti.
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Non esistendo la moneta, l'acquisto e la vendita di beni di ogni genere avveniva mediante il baratto, sia fra la gente comune, sia a livello di scambi commerciali, magari sancito da atti legali scritti su papiro. Anche il complesso mensile dei lavoratori veniva pagato in natura; un esempio ben documentato sono le paghe per gli operai che scavavano le tombe dei faraoni nella Valle dei Re, costituite dai sacchi di grano e di orzo, pesce e legna. Il titolo di "signora della casa" utilizzato per le donne egizie sposate, mostra chiaramente chie era il responsabile dell'andamento della casa e quale fosse il ruolo della donna nell'ambito familiare. L'uguaglianza tra l'uomo e la donna nell'antico Egitto è sempre stato considerato un fatto naturale e la donna era libera di scegliere il futuro sposo, era proprietaria di beni indipendentemente dal marito, ereditava regolarmente alla morte del padre e ricorreva al tribunale quando i suoi diritti non erano rispettati. Il matrimonio non comportava nessuna cerimonia di tipo civile o religioso, e bastava la coabitazione per rendere legale un'unione; spesso però veniva sancito da un contratto legale per tutelare la donna in caso di divorzio, la cui causa principale era di solito l'adulterio. La nascita dei bambini avveniva sempre in casa: lo studio delle mummie ha rivelato che molte donne morivano durante o subito dopo il parto, soprattutto per setticemia. I bambini venivano allattati fino all'età di tre anni: il latte umano, bevanda divina che aveva un significato di resurrezione, veniva utilizzato anche nella preparazione di medicine e pozioni. Nel caso fosse rimasta vedova, la donna manteneva i propri beni e parte di quelli del marito e veniva accolta nella casa dei figli, dove era amata e curata fino alla morte: per gli egizi infatti l'attaccamento alla famiglia era molto sentito.
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Figlio del potente sovrano Amenohotep III e della regina Tiy, Akhenaton succedette al padre, forse dopo una correggenza di circa undici anni, con il prenome di Neferkheperura Uaenra, "Perfetti sono i divenire di Ra, l'Unico di Ra" e il nome di Amenhotep, "Amon è soddisfatto" (Amenhotep IV). Emulando la scelta del genitore che innalzò al rango di sovrano una donna di sangue non reale - figlia dei nobili Yuya e Tuyu - fece della consorte Nefertiti la sua regina. Dal matrimonio nacquero sei figlie: Meritaton, Meketaton, Ankhesenpaaton, Neferneferura e Setepenra. Le origini della "Grande Sposa Regale" Nefertiti sono controverse e la sua ascendenza egizia è stata più volte messa in dubbio in ragione del significato del suo nome, "La Bella è giunta", che potrebbe rifletterne la provenienza straniera, ma oggi si è quasi unanimamente concordi nel ritenerla figlia del generale Ay, interpretando il titolo di "Padre del dio" da lui portato come "suocero di Akhenaton", per analogia a quello di Yuya, "Padre divino" di Amenhotep III. Amenhotep IV/Akhenaton ebbe come fratelli il principe Thutmosi, erede al trono prematuramente deceduto e, conformemente ad alcune teorie, Smenkhkara, suo diretto successore, nonchè il giovane Tutankhaton, il futuro Tutankhamon; alcuni studiosi ipotizzano però che quest'ultimo fosse figlio di Akhenaton e di una consorte minore, la "molto amata" Kiya, ma nessuna delle raffigurazioni pervenuteci ritrae il sovrano amarniano con discendenti maschi.
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Talvolta il profano, possiamo confessarlo, trova una certa monotonia nella storia dell'antico Egitto, che si trascina lentamente attraverso i secoli. Forse la parola più adeguata sarebbe "prevedibilità", richiamando alla memoria i ricorsi stagionali della stessa valle del Nilo. Che rappresenti un faraone del Regno Medio o un cesare romano di duemila anni dopo, si può pensare che l'artigiano egizio lavori con variazioni praticamente insignificanti, chiuso com'è in una tradizione di ferro. Se non fosse per le testimonianze scritte, ci dovrebbe esser perdonato l'imbarazzo di non saper distinguere talvolta un capo della storia dall'altro. Naturalmente tutto questo è un'eresia bell'e buona per chi si professa egittologo ed ha l'occhio abituato al giudizio critico. Ma fu proprio un egittolo di professione che richiamò l'attenzione sull'eroe di questo post definendolo "il primo personaggio della storia". Pochi potrebbero negare che nel quattordicesimo secolo a.C. quest'uomo straodinario (se uomo egli era) riuscì a interrompere per pochi anni il ripetersi della storia egizia quale noi la conosciamo: le sue guerre, i suoi intrighi, le elaborate sofisticazioni, l'imperialismo inesperto, il mescolamento dei culti con l'affollato mondo animale. Il fatto che egli sognasse, invece di regnare, fa parte della meraviglia. Egli può essere condannato come apostata, come monarca pusillanime, come maniaco religioso, come donna mascherata, come ermafrodita. Il suo sfoggio di vita familiare accanto alla graziosa Nefert-iti, tra una frotta di figlie (non di figli) era una simulazione per compensare una realtà, o era veramente un'innovazione domestica? Il suo monoteismo fu un'incompiuta anticipazione della storia o fu la semplice accentuazione di tendenze precedenti? E perchè non ambedue? Qualunque sia la sostanza del suo contributo, egli ha lasciato in eredità un materiale abbastanza controverso da richiamare l'interpretazione di una vasta gamma di studiosi più o meno dotti. Nel museo del Cairo noi possiamo passare in rassegna una schiera di faraoni, ma il suo volto singolare, lungo e intelligente, studiato dall'artista con non comune sensibilità data la dimensione colossale, ci guarda irresibilmente dalla colonna di Karnak e noi ci soffermiamo a meditare. |
Il ruolo della regina doveva apparire straordinariamente importante già dai primi anni, se si pensa che a Karnak era stato costruito un viale fiancheggiato di sfingi di cui quelle su di un lato avevano il volto di Amenhotep e le altre di Nefertiti.
Re e regina apparivano dunque indissolubili anche nella gestione del potere. In molte raffigurazioni Nefertiti maneggia lo scettro dell'autorità suprema o appare sola davanti all'altare del dio Aton. Sui "pilastri di Nefertiti" (ritrovati sempre a Karnak) la regina è raffigurata mentre suona il sistro ed è indicata come "colei che trovò Aton" un titolo equivalente a quello attribuito ad Akhenaton.
SISTRO CON HATHOR
Tutto questo ha portato molti egittologi a considerare Nefertiti una vera e propria donna-faraone, situazione che nell'Antico Egitto non era poi così inusuale. Le donne egizie avevano grande autorità e autonomia anche perchè i sovrani racchiudevano in sè, come gli dei, i principi del maschile e del femminile. Già in passato alcune donne avevano regnato come veri faraoni: tra esse Nitocris, che chiuse la Vi dinastia
e Sobekneferu che pose fine alla XII.
In seguito Ahhotep passò alla storia come "la regina guerriera" perchè ebbe un ruolo fondamentale nella lunga lotta di liberazione contro gli invasori Hyksos.
Nella XVIII dinastia (cui appartengono Akhenaton e Nefertiti) c'era già stato anche il caso della regina-faraone Hatshepsut, figlia maggiore di Thutmosi I. Ella dapprima aveva governato per conto del figliastro, Thutmosi III, ma in seguito si era fatta proclamare faraone a tutti gli effetti, assumendo tutti i simboli del potere (compresa la barba, finta, che il faraone aveva l'obbligo di portare). La tradizione continuerà, in seguito, con Nefertari (sposa e regina con Ramses II) e si concluderà con la celebre Cleopatra. La coppia Nefertiti-Akhenaton era, quindi, sicuramente basata su di un vincolo saldissimo che aveva origine da un nuovo e comune modo di concepire il potere e la religione. Poco importa chi dei due avesse maggiormente influenzato l'altro in questa scelta così profondamente rivoluzionaria per una società la cui dottrina era immutata da almeno 15 secoli. |
Inviato da: summer_11
il 03/03/2021 alle 22:12
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