antonia nella notte

Post N° 619


*Ho trovato questo pezzo in un blog ,parecchio tempo fa ,lo avevo, in una cartella e l'ho ripescato facendo (impresa titanica)un pò d'ordine nei miei file ...non ho segnato malauguratamente l'autore del blog...era in Splinder ...o il Canocchiale...non ricordo ma mi era piaciuto... ELOGIO DEL Fico d’india Perché è un frutto impossibile: nessuno ci crederebbe. Ha una buccia fatta di spini e centinaia di noccioli duri. E' selvatico, ostile, non chiede che d'essere lasciato in pace a covarsi colori inconcepibili: zafferano, violetto, bianco di pistacchio e guerra civile, verde borraccia e limatura d'isola.  Lui sta lì, aggrappato in alto, gli occhi semichiusi nella vampa d'eterno mezzogiorno, sognando latitudini arancioni perfettamente asciutte, e intanto i succhi profondi della terra - che comunicano misteriosamente con le correnti sottomarine, i sali sommersi, i bracieri del cuore del pianeta - si mescolano ribollendo e prendono la rincorsa verso l'alto, verso la morsa zuccherina che promette di sbocciare, estrema e incoronata di spine, sugli angoli imprecisati dell'isola.  Lui dirompe all'improvviso da una crepa del tetto, dal muro, dalla base arida dell’armacere. Lui segna il dolente cammino delle trazzere, le stazioni della via crucis perenne che il sole e gli uomini compiono di secolo in secolo, da un capo all'altro della giornata, dell'isola, della storia.  Lui s'accorda spontaneamente alla frenesia intermittente delle cicale e persino alla mano di calce che il profondo silenzio di mezzogiorno stampa sulle cose. Non s'esprime in odori o allettamenti, non cerca nient'altro che non sia il proprio sforzo interno, la camera segreta nella quale nutre di zucchero i gialli zolfati, i porpora, gli smeraldini, i vinaccia.  Rifiuta il concime, perché tutto gli è concime: gli strati della terra seminati a sudore, le ossa, la polvere di città e nomi distrutti, le spighe dei remoti granai, il greco e poi il latino dei conquistatori, il bronzo vecchio delle monete col profilo dei tiranni, i carri degli dei, l'orlo di ruggine delle battaglie consumate, il grano saraceno, le bifore, il malocchio, i piedi di Cristo, le alghe e i relitti portati dalla corrente, la peste, la dottrina, i galeoni spagnoli, gli agrumi che ripetono il sole, il falcetto sofista, portella della ginestra, l'uva blu delle vigne, la fatica, due colpi di fucile nell'assordante rombo della canicola, gli scuri chiusi, i santi dagli occhi fosforescenti, i morti di pasta di mandorle, gli agnelli di pasta di mandorle, i morti agnelli che belano in tutti gli angoli dell'isola.  E' un frutto onnivoro, persistente, insondabile. Occorre un sapere speciale, per sbucciarlo: devi conoscere l’arte dei tagli in croce, devi avere l’occhio per vedere dove finisce la corazza e comincia il paradiso. Non devi avere paura delle spine. Ci devi credere. La verità, se esiste, è un ficodindia.