Era una serata di inizio autunno;ancora lunga e pervasa dalla luce estiva ma si cominciava a percepire il freddo, trascorrendo intere giornate acciambellati a leggere .Ester accese il fuoco ,segnò con un gesto estraneo il giorno in questione sul calendario ; primo fuoco ,consegnando alla cosa un significato apotropaico ed amplificato , cercando di distendere un po’ le tensioni dell’inattività prolungata con lenti movimenti stiracchiati .Poi il suono del telefono la fece trasalire ;era certa che si trattava di lui e la felicità che per un tempo dilatato l’aveva invasa ad ogni suo cenno,ancora viva nella sua follia , si mescolò alla paura ,all’ansia, generata dall’ormai acclarata consapevolezza della sua percezione distorta di quell’uomo. Non aveva saputo leggere i segni evidenti della miseria ,della viltà,della superficialità,né la codardia meschina abilmente camuffata da una superficiale pellicola di ripetitive ,melense tiritere sentimentaloidi e questa sua incapacità di comprendere , forse primigenia ,era ciò che detestava di più e che di più la faceva star male. Ormai ogni sua parola le risuonava dentro falsa ed insipida ;il suo esserci era soltanto formale ed ogni parola denunciava soltanto la voglia di staccarsi il suo dolore e procedere nella sua insipienza emotiva. Fu quella sera che sentì una rottura profonda,senza saperla esprimere se non con un pianto dirotto e disperato ,senza avere la possibilità di definirla o di spiegarla ma irreversibile e devastante ,pianse a lungo ,senza smettere ,in una disperazione che andava al di là di tutto ,dimentica del tempo ,delle cose che la circondavano risucchiate da quell’uomo di pietra che usava tanti puntini di sospensione.