antonia nella notte

Cotroneo


La ferocia qualunquista Roberto Cotroneo
Ma che Paese è diventato il nostro? Che gente siamo diventati? Neanche dei qualunquisti, neanche degli xenofobi duri e cattivi da far paura agli altri (e meno male), ma miserelli da prato del vicino leggermente più verde, poveracci che vanno a fare il conto delle elemosine di miserevole gente che non ha il diritto di avere due gerani in un prefabbricato.Perché noi italiani dobbiamo avere le case, ma non i Sinti di Mestre, quelli no. Ma che paese siamo diventati? Quello caritatevole e miserevole che ci siamo tanto tramandati? O dei tragici gaffeur che festeggiano davanti a tutta Europa e all’Onu al reato di immigrazione clandestina, e che hanno piacere nel vedere il pugno duro sulla sicurezza. Un paese ipocrita, propagandistico, miserrimo, dove non nessuno legge niente, neanche le statistiche, quelle in cui si dice che la criminalità è in aumento, ed è vero. Ma per colpa è colpa degli italianissimi mafiosi e camorristi che schiacciano un terzo del paese, mentre la microcriminalità, quella di tutti i giorni, ha subito persino una flessione. Dove il problema dei Rom sembra nato oggi. Dove la pochezza è di casa, in tutti. Ora il Giornale lancia una delle sue campagne da quattro soldi, con un titolo di prima pagina da vergognarsi: «Ecco le ville che regaliamo ai Rom». Un campo per i Sinti, voluto in modo sacrosanto da Massimo Cacciari, dal costo di 3 milioni di euro, che «prevede casette con veranda, giardino e garage, un laghetto e un campo di calcio». Il laghetto e il campo di calcio per i bimbi Sinti. Che eresia, che scandalo. No, li vogliamo brutti, sporchi e cattivi, senza palloni, senza acqua, senza niente. Senza i gerani sui balconi, senza i colori, li vogliamo senza cielo, e senza vestiti, li vogliamo cancellare, perché prima veniamo noi, nazione infetta di pressapochismo, e di povertà culturale, ubriacata di televisioni idiote da almeno un ventennio, di fiction patinate, tutte sui buoni sentimenti, ma che rimangono là sullo schermo, lontani da noi. Un paese bastonato da un immobilismo che non ha generato neanche la minima cultura della solidarietà o perlomeno del buon senso. Le villette regalate ai Sinti, dice il Giornale, e spiega che i cittadini veneziani e della Lega nord hanno protestato all’apertura del cantiere, senza umanità e senza vergogna. E poi dicono il nord est vero? Noi il nord est dobbiamo capirlo, perché gli imprenditori lavorano sodo, perché quello è il motore del paese, perché davanti al nord est ci sentiamo come di fronte a un rebus sofisticato e difficile da risolvere, perché sono gente pratica, che mira al sodo, agli sghei e alle infrastrutture, perché prenderebbe il volo il nord est se non ci fosse la zavorra di Roma, e della politica. E sarà anche vero, forse. Ma più che il volo spesso prende delle derive imbarazzanti. E se qualcuno andasse a cercare in quale discarica è finito il solidarismo cattolico di quella gente che votava Dc e Rumor, e ora vota Gentilini. E adesso eccoli a gridare perché i più poveri non possono avere un vaso di fiori al balconcino prefabbricato.Non saranno stati molti, certo. Saranno stati i soliti quattro su cui si fanno i titoli nelle prime pagine dei giornali. Ma basta e avanza. Il problema è che possiamo mettercela tutta, decidere che vogliamo essere ottimisti, possiamo sperare in un clima politico di collaborazione, ma poi invece esci di casa e il clima è questo. Ed è fatto di gente che non capisce dove è e cosa vuole. Non è qualunquista, non è buona, non è disinteressata, non vuole vivere tranquilla su suoi privilegi. No, questo era il qualunquismo di un tempo. Ora abbiamo fatto un salto nel livello del qualunquismo. Ora questa gente che protesta, questo paese che vorrebbe in galera un immigrato colpevole solo di essere clandestino, questa gente che chiama «villette» dei prefabbricati, e a sua volta vive in ville vere, con campo da calcio vero, e piscine vere - ma con valori catastali delle loro proprietà falsi, ovviamente - questa gente dicevo non si fa i fatti propri, non pensa al proprio particolare, no peggio: rompe le scatole ai poveracci, a quelli che non hanno tetto, e probabilmente non hanno neanche la legge, perché va tutto assieme. Siamo un popolo di navigatori, artisti, scienzati e santi. Ma anche di egoisti ignoranti e diffidenti. E lo siamo diventati. Quindici giorni fa stavo seduto in un bar all’aperto. Era una domenica mattina di sole, e c’era un sacco di gente ai tavolini. Passa un povero mendicante, anziano. Chiede l’elemosina. Ho alzato lo sguardo dal giornale che stavo leggendo e ho osservato la scena. Saranno state cinquanta le persone sedute, disposte in diversi tavoli. Eccetto me, nessuno ha dato una sola moneta a quel pover uomo. Perché non si dà l’elemosina, perché questi se ne devono andare, e non si dà perché certo «con cinquanta centesimi non gli risolvo la vita». No, la vita no, ma un panino forse sì. Ma chi se ne importa dei Rom, degli immigrati, di un terzo mondo che bussa alle porte di tutti quelli che hanno qualcosa in più. È colpa loro, vero. Andassero a lavorare, vedi che poi i soldi arrivano, e l’appartamentino te lo compri senza Cacciari, che spende tre milioni di euro che spettano di diritti agli italiani. Come no, certo. Siamo caduti in basso. Sabato scorso ero a Salamanca, in Spagna, partecipavo a un convegno della Fondazione Gérman Sánchez Ruipérez sulla letteratura per l’infanzia. I miei amici spagnoli mi hanno sommerso di domande. Preoccupati, turbati, affettuosi persino. Persone informate, capaci di capire oltre i luoghi comuni. Mi guardavano come uno che è costretto a vivere in un paese senza speranza: «Ma che succede in Italia?». Io cercavo di spiegarglielo, con equilibrio, senza esagerare, con un tentativo di orgoglio, persino. Ma non si convincevano. A un certo punto mi hanno detto: «Non permetteremo che l’Italia diventi un paese razzista e xenofobo». Sapessero di cosa possiamo ancora essere capaci...***************************************************************