Quando ero bambina e frequentavo la parrocchia, il momento della benedizione della casa era un rito che mi divertiva ,mi piaceva aiutare mia madre a rendere tutto bello profumato ,mettere i fiori ,la tovaglietta di pizzo con le uova da benedire ,i cioccolatini per i chierichetti ;un gioco al quale davo l’importanza del rito tribale senza troppa spiritualità nonostante mio padre cattolico praticante, poverone ,ci provasse a riempire di valore i simboli come il rametto d’ulivo , l’uovo e tutto ciò che trionfo di pagana,dionisiaca rinascita della natura è stato inglobato (more solito) poi dal cristianesimo. Ormai sono anni che non mi interessa un benemerito ... dei riti di questo periodo ed escluse alcune bellissime rievocazioni( come il miserere del 200 a Gubbio ; in una città medioevale completamente illuminata dalle fiaccole ,due grandi roghi e queste voci del coro che arrivano e si irradiano ovunque ;un vero piacere assistervi e cenare nei piccoli locali mentre gli altri digiunano…ehm) non vi partecipo e non mi toccano minimamente. Giorni fa ho incontrato il prete che sta proprio vicino casa mia vestito con gli abiti “da lavoro” violacei come vuole il periodo ; era in giro ad imporre la benedizione pasquale ; pensavo non usasse più o meglio occorresse chiederla esplicitamente in parrocchia come mi sembrerebbe giusto .Invece no, ficcanasoni impenitenti, benedicono a tappeto ancora ,incassano offerte per la chiesa indige(re)nte e gli aprono tutti , anche le signore che hanno voluto chiavi e chiavistelli per paura dei bambini che giocano,dei postini , dei portatori di volantini,dei testimoni di geova , dei ladri ,degli assassini,della vita, coloro cioè che non fanno mai entrare gli stranieri che vendono i fazzoletti (ehehe però io apro sempre al citofono e le frego) e non invitano mai a sedersi con loro chi ha la forza ed il coraggio di confessare che ha fame.