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I CARE

Post n°1010 pubblicato il 11 Ottobre 2007 da ossimora
 
Tag: ecole

Sono in sintonia con le parole di oggi  del presidente Napolitano  che si preoccupa dello  scollamento tra politica e cittadini e ammonisce a non perdere "il collegamento con le ansie di vita e il futuro dei cittadini, delle famiglie, dei giovani e con le esigenze oggettive,in primis l’educazione  cui deve rispondere nel mondo d'oggi, l'organizzazione della società italiana".

Solo non perdendo di vista questo collegamento si può evitare il rischio di un discorso politico ripiegato su se stesso, fatalmente strumentale e sostanzialmente infecondo e certamente improduttivo,urlato e non ultimo vuoto e noioso e autoreferenziale.

 Oggi fra gli atti di un interessante convegno sul pieno tempo e la ridiscussione di curricoli e saperi ,ho trovato questo, che mi sembra in linea con le preoccupazioni del presidente e mi sembra anche finalmente una ripartenza per uscire da un lungo periodo  di assenza di qualsivoglia  pensiero ideale ,fuor di pensiero debole,sulla scuola stessa:

Nelle società 'postdemocratiche' di massa non è più la democrazia che deve penetrare nella scuola, ma è la scuola a garantire la vita stessa e il perpetuarsi della democrazia, che ha bisogno, per mantenersi, di saperi che circolano, di diversità culturali, di conoscenze, di senso critico diffuso, di competitività intellettuale. E ha bisogno perciò di una scuola in piedi, con una spina dorsale, con insegnanti che riscoprano il gusto (e i vantaggi) dell'autoformazione, della valutazione (per se stessi e per i loro studenti) e della carriera. Una scuola giusta ed equa, ma che non abbia paura di insegnare ai giovani che apprendere costa fatica - spesso autentica sofferenza - e comporta disciplina, misura, severità, riconoscimento del merito. Questo non significa un'istituzione incapace di accogliere e integrare, o che debba oscurare il significato e il valore dell'eguaglianza: al contrario, la multietnicità con cui dobbiamo misurarci si nutre di eguaglianza, e credo fermamente che don Milani abbia ancora qualcosa da dire ai figli dei nostri immigrati che per la prima volta entrano in un'aula italiana. Ma un don Milani, per così dire, consapevole del tempo che è passato, e ben convinto che predisporre gli strumenti e le occasioni per valorizzare e dare coscienza di sé a una bambina particolarmente dotata, non vuol dire discriminare le sue compagne, ma offrire a tutti un'opportunità in più di potersi specchiare in chi è più veloce e più avanti.”

Ciò vuol dire che le politiche scolastiche sono innanzitutto politiche sociali,  questioni vitali e di snodo per diritti e doveri di cittadinanza.,assolutamente al centro di ogni questione.

 
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