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Post n°1454 pubblicato il 11 Maggio 2009 da ossimora
 

Oggi,stesa al sole a due passi dal mare ,ho lottato piacevolmente con la brezza per leggere il giornale, in mezzo alle infamie trovate nelle prime pagine che è meglio non commentare ,  ho trovato questa anticipazione di un inedito di Rabelais che uscirà a giorni in Italia e l'ho pure  letta ad alta voce...

Mi piace sentirmi parlare E'una delle cose che mi divertono di più.Spesso sostengo lunghe conversazioni con me stesso e sono così intelligenteche a volte non capisco nemmeno una parola di quel che dico (OW)

Ebbene, fratelli, mettete da parte i dadi! soffiatevi il moccio! abbottonatevi la patta! sollevate i boccali! e ascoltate le mie parole.

Ecco! non smettete di giocare a flux, glic e trictrac, mentre vi dico queste sagge parole. Ehi! Fratelli! Agli abbeveratoi! Che il vino porti molti vantaggi e che curi le malattie dello spirito, è cosa certa.

Bere il vino è, accanto al parlare smodato e alla preghiera ardente, l' attività che distingue l' uomo dagli altri esseri che vivono sulla terra, i volatili, i mammiferi e i rettili, ai quali Dio non ha donato l' anima umana, benché taluni ritengano, come ha segnalato Enrico il Navigatore, che nella terra d' Africa viva una scimmia pelosa che non disdegna un boccale. E se poi Dio nella sua infinita saggezza ha scelto l' allegro Noè per fondare una nuova vita sulla terra, è stato senz' altro perché sapeva che poi lui, sul monte Ararat, avrebbe dedicato la stessa cura alla sua vigna. E in una botte viveva anche il grande Pitagora, che sapeva apprezzare il Falerno; e nelle stesse deliziose terme sguazzavano anche il gigante Gargantua e la sua eccelsa madre Gargamella, soprannominata Golasecca. E in tutte le hosterie, le taverne, le locande, le bettole, le mescite, le bottiglierie, le cantine in tutta la terra di Francia, nella terra di Thélème, nelle regioni di Utopia e Dipsodia, nel Pittavino, nell' Angiò, nella Piccardia, nella Savoia, nella Linguadoca, nel Limosino e nella taverna della Mula molti giovani nobili e compari della corporazione degli ubriaconi sbattono le brocche sulla tavola e sulle panche per maggior gloria dello Spirito Santo. E che ci importa di un' orecchia! Anche se ne dovessimo perdere una, possiamo sempre ascoltare la risacca del mare nelle brocche.

L' uomo, se è sobrio, soffre di quell' inclinazione di cui parla Aristotele (Entelechia, iii) alla disperazione e ha in continuazione paura, che faccia caldo o freddo, che sia ricco o non abbia un soldo. Se arriva il caldo la disperazione lo brucia, se arriva il freddo la disperazione lo fa tremare, se è ricco ha paura dei malfattori, se non ha un soldo ha paura degli esattori; perciò dice l' Ecclesiaste "il vino allieta la vita" e il mio buon maestro Pantagruele "la vita è il vino dell' uomo".E perciò prescrive ai discepoli della corporazione un bel boccale appena versato contro:

 la nostalgia

 la melancolia

gli accoramenti

 la tristezza

le afflizioni

 la tetraggine

le pene

 il crepacuore

il dolore

 la nostalgia

la malinconia

la mestizia

 la sorbonite

 il rinsecchimento del cervello

gli strazî

i cruccî

E dice loro in versi eleganti:

Oh fratello di bevute morto assetato,

 rovescia questo nettare sul palato,

l' età è sempre un po' più vecchia possa tu il vino ber colla secchia.

E all' oste dice:

Dei commensali bisogna che ti curi

se la tua fortuna vuoi che duri

se fuggir vuoi ogni tuo danno,

e non impazzir già da quest' anno.

 E aggiunge ancora all' oste:

Quando il legno curvo darà suo foco,

 siederanno i fratelli in questo sacro loco.

 Certo non mancherà chi s' arrisica di bere,

 e allor prepariam tavola, tovaglia e bicchiere.

 (© 2009 :duepunti edizioni) -

 FRANCOIS RABELAIS


 
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