Dentro un'Ostrica

Le rocce della Sirena


Qualche estate fa decisi di passare qualche mese in solitudine. Un amico mi affittò una vecchia casa su di una scogliera. Era perfetta come posizione. La scogliera scendeva morbida da un lato fino ad una piccola caletta dove c’era un pontile di legno dove si poteva ormeggiare la barca. C’era anche una  minuscola spiaggetta di sabbia  ed erba che dava ad est, ombreggiata tutto il pomeriggio, una piccola porzione di paradiso terrestre concessa per pochi soldi per saldare un vecchio favore fatto in passato.La casa era tonda ricavata da un progetto abbandonato di un faro. Dinnanzi la scogliera infatti si alternavano rocce emerse levigate dal tempo a fondali sabbiosi. Probabilmente un faro li era appropriato ma la zona era lontana dalle rotte abituali dei traghetti e dei turisti. Solo qualche gommone si avvicinava  e rimaneva alla fonda per un’ora giusto per un tuffo, qualche foto o per prendere un po di sole in silenzio. Qualche pescatore conoscente, vista la tranquillità della zona, calava dei palamiti la sera. Era una zona pescosa e ti dava soddisfazioni. Era al limite della corrente della baia e perciò attirava anche qualche calamaro sfuggito alla fame di una ricciola.Dalla finestra della cucina si vedevano l’alternarsi di colori come presi da una di quelle foto delle spiagge caraibiche. Ma ero in Italia, nell’arcipelago, e quell’azzurro cristallino alternato ad un verde e ad un blu intenso calmava le mie ferite che portavo dentro e faceva dimenticare le cicatrici che mostravo fuori. L’amore e il lavoro mi avevano segnato. 20 anni in fonderia dove gli schizzi di metallo incandescente sembravano sbuffi d’ira del Diavolo erano fin troppi per poter andare avanti ancora. Meritavo un pò di paradiso. Meritavo un pò di serenità e acqua. Ecco perché scelsi il mare. La mia vita doveva scorrere con cadenze piu lente, in colori freschi e chiari di sole, abbandonando i miei piu remoti pensieri nei fondali dove mi tuffavo. Una vita scalzo e in pantaloncini, con il sale sulla pelle e i raggi di sole che scorrevano fin dentro le vene.Di giorno  passavo le mie ore pescando o accudendo un piccolo orto dove coltivavo i contorni. La sera fissavo quelle rocce in mezzo al mare e speravo di avvistare una sirena che aggrappate ad esse cantava silenziose melodie alla luna. Ho vissuto una vita di speranze di incontrare una sirena. Anche quando erano una piccola fiamma di un cerino che da li a poco ti avrebbe bruciato le dita, ho sempre immaginato una vita insieme a lei. Solo davanti l’inconfutabile evidenza che non ci saremmo mai appartenuti ho girato lo sguardo altrove. Ma quello che vedi sono solo utopie. Chi raccoglie le ostriche lo fa per piacere, ma dopo rimane solo il ricordo del sapore che ti ha deliziato. Ma se cerchi una perla, magari al collo di una sirena, che ti arricchirebbe dentro, il tempo sembra affogarti come un tuffo fatto troppo in profondità. Ti senti senza respiro e la luce sembra cosi lontana. Poi emergi e ti guardi intorno realizzi e scopri la meravigliosa solitudine che ti sei costruito. Anche se l’affanno e a volte il dolore si insinuano sorridi che la mattina ti sei ancora una volta svegliato.