Joaquìn Maria Otuvas

Dell’uso del cilicio


Nella mia esperienza mi è capitato di incontrare molte donne che sembrano fare apposta per organizzare la propria vita al fine di sperimentare situazioni di sofferenza.Sono generalmente donne belle, intelligenti, colte, talvolta ricche, spesso realizzate professionalmente. Eppure si lasciano avvilire in rapporti affettivi ansiogeni, dolorosi, umilianti, con uomini narcisisti, volgari, egoisti, in una parola amanti indegni.Sono bensì capaci di acute analisi della loro perversione e assolutamente disincantate nei confronti del partner, ma non sanno e non vogliono veramente liberarsi da ciò che le tortura: spinte di voluptas dolendi, consumano fino in fondo la loro degradazione.Per questo tipo di pazienti un mio amico psicoterapeuta, docente all’Università di Upsala, suggerisce la “cilicio terapia”.Il loro bisogno di soffrire viene soddisfatto da un programma che prevede di indossare il cilicio per un tempo e secondo una frequenza determinati, valutabili da caso a caso. Dietro naturalmente compenso adeguato.Si inizia con una fase intensiva di più sedute settimanali, meglio se mattutine, accuratamente monitorate. Assunta la dose giornaliera di sofferenza, la paziente può ritenere soddisfatto il suo bisogno.A seguito di attente verifiche dell’andamento della cura, l’equipe decide una progressiva diminuzione dell’intensità dell’intervento, fino ad arrivare, in caso di successo, ad una seduta di mantenimento mensile.