Joaquìn Maria Otuvas

Omologazione e diversità


“Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. … Oggi (…) l’adesione ai modelli imposti dal Centro è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati….Il Centro ha assimilato a sé l’intero paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè i suoi modelli: che sono i modelli imposti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quelle del consumo”  (Corriere della Sera, 9 dicembre 1973) “L’ansia del consumo è un’ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero: perché questo è l’ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, e a cui “deve” obbedire, a patto di sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza “ (Corriere della Sera, 11 luglio 1974) “…C’è il modello che presiede a un certo edonismo, interclassista, il quale impone ai giovani che inconsciamente lo imitano, di adeguarsi nel comportamento, nel vestire, nelle scarpe, nel modo di pettinarsi o di sorridere, nell’agire o nel gestire a ciò che vedono nella pubblicità”  (Rinascita, 27 settembre 1974) Così scriveva Pasolini più di 30 anni fa, interpretando e deprecando la rivoluzione antropologica che annullava le antiche culture contadine, sottoproletarie, operaie, assimilate nell’omologazione di un modello consumistico piccolo borghese, grazie all’influenza invasiva dei media.Il processo si è definitivamente compiuto, forse oltre l’immaginazione dello scrittore: stessi abiti, stesso modo di divertirsi, stessi canoni estetici, stessi modelli sociali, stesse aspirazioni, stessi sogni …Oggi la frontiera dell’omologazione si sta ulteriormente spostando, fino ad investire l’interiorità e a minacciare le caratteristiche sessuali specifiche. Con questo non mi riferisco all’abbigliamento unisex o alla parità lavorativa o alle abitudini di vita, ma alla perdita di identità maschili e femminili distinte.Siamo forse in presenza di una mutazione? Qualcuno sostiene di sì. A questo proposito Umberto Veronesi ha parlato di “evoluzione della specie” ovvero di un processo evolutivo di tipo anche biologico verso un modello di umanità sempre meno differenziata sessualmente.Io parlerei piuttosto di “caos della specie”: perdita di confini e di ruoli, maternità e paternità incerte, figure genitoriali confuse, difficoltà di assumere e rifiuto di scegliere un’identità sessuale specifica. Sono in aumento gli uomini e le donne incerti sulla propria sessualità, maschi femminilizzati  e femmine androgine.Anche senza avventurarci in scenari fantascientifici futuribili, siamo comunque di fronte a trasformazioni destinate ad avere una profonda incidenza culturale, e non solo: a cambiare la percezione di sé, il modo di sentire e vivere le emozioni.Per ora possiamo già dire che la coppia omosessuale, cui la legge vieta il matrimonio, diventa in realtà l’archetipo della nuova coppia anche per gli etero.