Joaquìn Maria Otuvas

Sull’amore


Un giorno anch’io mi innamorai. Una grande passione (o almeno così credevo): immaginavo una vita felice, da trascorrere sempre insieme, in un’esaltante armonia di sentimento e intelletto.Poi, ad un tratto, tutto finì. Senza alcun segnale premonitore, improvvisamente (o almeno così credevo).La decisione di troncare la relazione era un tradimento inaspettato, un gesto crudele e unilaterale (o almeno così credevo). Odiai a lungo il fedifrago. Ma poi, col tempo, quando il rancore fu consumato, un dubbio cominciò a nascermi: e se anch’io avessi  avuto, più o meno consapevolmente, una parte di responsabilità? L’abbandonato è solo vittima o anche complice? Subisce la volontà altrui o è connivente? Patisce il torto o in qualche modo lo provoca? E’ privo di colpa o condivide la responsabilità della rottura? Non ha scelto o ha indotto a scegliere?Una risposta ai miei dilemmi la trovai in questa breve favola. La tela di Penelope, o chi inganna chiMolti anni fa viveva in Grecia un uomo chiamato Ulisse (il quale, nonostante fosse abbastanza saggio, era molto astuto), sposato con Penelope, donna bella e ricca di doti, il cui unico difetto era una smisurata passione per la tessitura, abitudine grazie alla quale aveva potuto trascorrere da sola lunghi periodi.Dice la leggenda che ogni volta che Ulisse con la sua astuzia scopriva che, nonostante le proibizioni, lei si accingeva a iniziare un’ennesima volta una delle sue interminabili tele, lo si poteva vedere di notte  preparare alla chetichella gli stivali e una buona barca, e poi, senza dirle niente, se ne andava a girare il mondo e a cercare se stesso. In questo modo lei riusciva a tenerlo lontano mentre civettava con i suoi pretendenti, facendo credere loro che tesseva poiché Ulisse viaggiava e non che Ulisse viaggiava perché lei tesseva, come avrebbe potuto immaginare Omero, che però, come si sa, a volte dormiva e non si accorgeva di nulla.”Augusto Monterroso da La pecora nera e altre favole