Carcere e società

NESSUNA SICUREZZA SENZA RIEDUCAZIONE


                                                    (a cura di Giuseppe D. Colazzo –Torino)         Il disegno di legge n. 623 “Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al codice di procedura penale, in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione”, presentato al Senato su  iniziativa dei senatori Berselli e Balboni, mira di fatto ad abolire la legge Gozzini. Con soli 6 articoli si vanifica il contenuto dell’Art. 27 della Costituzione che sancisce il carattere rieducativo della pena detentiva. Le motivazioni premesse al disegno di legge dei senatori primi firmatari evidenziano il tentativo goffo e demagogico di strumentalizzare fatti cronaca isolati per giustificare la loro “ossessione securitaria”. Infatti scrivono: “…Ormai quotidianamente si susseguono casi di cronaca che vedono delinquenti incalliti, ammessi a fruire degli innumerevoli benefici previsti dal vigente ordinamento penitenziario, commettere nuovi ed efferati delitti.”             La realtà è un’altra, basta dare uno sguardo alle statistiche dell’Osservatorio Misure Alternative del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria riferite al 2007: gli affidati in prova al servizio sociale sia dalla libertà che dalla detenzione sono stati 5126, di cui 13 sono state le revoche per commissione di reati durante la misura, cioè solo lo 0,49%; i soggetti ammessi al regime di semilibertà, sia dalla detenzione che dalla libertà sono stati 1398, di questi 5 si sono macchiati di nuovi reati durante la misura (0,36%); le detenzioni domiciliari complessive concesse sono state 3.865, di cui 32 (0,31%) sono state revocate per commissione di altri reati. Non solo. Tra i detenuti che fruiscono di permessi-premio solo l’1% circa non rientra o infrange le regole. Tali dati contrastano assolutamente con quanto viene fatto credere, anche grazie alla compiacenza dei mezzi di comunicazione di massa che enfatizzano le notizie sui rari casi di cronaca nera ma non danno importanza al fatto che la maggior parte dei soggetti in misure alternative si comportano da persone civili.Secondo il senatore Berselli si è abusato delle misure alternative e questo suscita “allarme e indignazione” nell’opinione pubblica. Anche in questo caso è opportuno ricordare che non solo che accedere ai benefici è molto difficoltoso ed è quasi impossibile per i reati più gravi, ma che non esiste alcun automatismo perché il percorso di osservazione penitenziaria prevede alcuni criteri che richiedono requisiti soggettivi e oggettivi (lavoro, residenza) che molte persone detenute (si pensi agli extracomunitari e ai tossicodipendenti) non hanno. Quindi neanche in questo caso si dice la verità, ma si cerca demagogicamente di strumentalizzare l’opinione pubblica per giustificare la volontà politica di vanificare le conquiste di civiltà ottenute con la Costituzione. L’eliminazione della liberazione anticipata avrà conseguenze catastrofiche sui detenuti: la riduzione di pena nell’ordine di 45 giorni per semestre in caso di buon comportamento intramurario ha contribuito soprattutto a disinnescare rivolte e comportamenti violenti tra detenuti e tra questi e il personale penitenziario. Grazie a questo Istituto il detenuto ci pensa due volte prima di porre in essere una condotta violenta; lo sanno bene gli agenti di Polizia Penitenziaria che tutti i giorni sono a contatto diretto con la popolazione ristretta e sui quali si abbatteranno le prime conseguenze negative della legge che il parlamento si appresterà a discutere.Un ultimo elemento è da considerarsi: la ex-Cirielli aveva introdotto nel 2005 una norma all’O.P. in cui si prevede che l’età minima per la detenzione domiciliare è di 70 anni, ma dopo soli tre anni “in considerazione del lieto allungarsi della vita umana” l’età minima è stata portata a 75 anni. Cesare Previti ringrazia.Intanto non esiste opposizione che sia degna di questo nome da parte delle forze politiche, e i mass media continuano a perorare la causa di un governo autoritario con i deboli e permissivo con i potenti. Gli esperti sociali sottolineano, con ricerche empiriche e dati inequivocabili, l’importanza delle misure alternative soprattutto in relazione alla rieducazione del condannato e diminuzione della recidiva, mentre la politica va in senso opposto, ignorando tali ricerche, in nome della sicurezza pubblica e della certezza della pena, due elementi che non necessariamente fanno parte dello stesso binomio: non può esserci sicurezza senza rieducazione e progressiva risocializzazione della persona detenuta; il mero allontanamento e incapacitazione del deviante non fa altro che spostare nel tempo la sua azione delittuosa. La maggior parte della popolazione detenuta è composta da extracomunitari (è difficile per loro fruire di misure alternative già oggi) e da tossicodipendenti che delinquono per problemi legati al loro stato di tossicodipendenza, mentre solo il 2,3% è legato a reati mafiosi e il 2,7 a reati contro la pubblica amministrazione. La restrinzione alla possibilità di fruire di misure alternative si abbatterà sempre sui più deboli, su coloro che invece andrebbero aiutati in quanto sprovvisti di strumenti culturali, sociali, materiali ed anche educativi. La strada della zero tollerance sarà la più semplice da attuare (paga anche di più elettoralmente) ma sicuramente la più onerosa dal punto di vista economico e dal punto di vista della sicurezza pubblica perché eleva alla massima potenza lo scollamento che già c’è tra carcere e territorio ed esaspera il contrasto/conflitto tra due dimensioni reali che fanno parte della stessa società, appunto carcere e territorio.