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Creato da geko1963 il 24/04/2007
Una prospettiva deviante
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Post n°45 pubblicato il 07 Gennaio 2008 da geko1963
Dopo aver letto alcuni commenti non posso esimermi nel dare una mia visione, anche se non esaustiva, su ciò che io credo sia molto importante: che cosa è la devianza? Un commento mi ha particolarmente colpito, quello in cui si sottolinea che la devianza è un atto umano e il carcere serve a correggere questo atto "anormale". Ma che cos'è la devianza? Quando e perchè un atto è deviante? La devianza non è qualcosa di oggettivo, cioè non esiste in natura: l'uomo non nasce deviante o normale, ma la normalità o la devianza sono costruite socialmente, in base alla cultura, i principi, la morale condivisa di una società. Da quando è nata la società civile gli individui si sono dati delle regole, chi trasgredisce tali regole è un deviante. Ma chi fa le regole? Chi fa le regole è in grado di stabilire chi è deviante e chi è "normale". Da questo punto di vista la devianza è una costruzione sociale. Questo tipo di approccio sociologico si basa sul fatto, contrariamente ad altre teorie le quali mettono al centro dell'attenzione il comportamento criminale, che per capire la devianza è necessario tenere conto non solo della violazione, ma anche della creazione e dell'applicazione delle norme. La devianza non è altro che il prodotto dell'interazione fra coloro che creano e fanno applicare le norme e coloro che invece le infrangono. Howard Becker ha scritto: " i gruppi sociali creano la devianza stabilendo le regole la cui infrazione costituisce la devianza e applicando queste regole a persone particolari, che etichettano come outsider. Da questo punto di vista, la devianza non è una qualità dell'azione commessa, ma piuttosto la conseguenza dell'applicazione, da parte di altri, di regole e sanzioni al trasgressore. Il deviante è uno cui l'etichetta è stata applicata con successo; il comportamento deviante è il comportamento così etichettato dalla gente". Partendo da queste considerazioni, che non vogliono essere esaustive, possiamo dedurre che è il diritto a creare la devianza. A molti profani questa affermazione può sembrare incredibile, ma voglio fare un esempio: negli anni venti chi faceva uso di sostanze alcoliche, soprattutto negli USA, era considerato un deviante e veniva perseguito penalmente, oggi si può bere alcool senza rischiare di essere arrestati. Al contrario, prima della Fini-Giovanardi (la legge sulle droghe), chi fumava gli spinelli non era perseguito, mentre oggi lo è. Allora si può dire con Durkeim che un atto non urta la coscienza comune perchè è deviante, ma è deviante perchè urta la coscienza comune. capisco che è un discorso complesso e che è difficile poterlo affrontare in questa sede, ma ciò che è singolare è che nessuno prende in considerazione che il deviante è tale perchè altri vogliono che lo sia, i cosiddetti "imprenditori morali". Con questo non si vuole affermare che il diritto è inutile, ma che ci sono errori umani che si possono correggere, anche cambiando il diritto, oppure ridurlo al minimo necessario per una buona convivenza. Più sono le regole, penali e non, da rispettare e più sono gli atti devianti, per cui per ridurre la devianza è necessario ridurre il diritto. Lo so che qualcuno storcerà il naso dopo questa affermazione, ma oggi in Italia il problema è proprio quello della proliferazione di leggi penali per contrastare la devianza e la criminalità (persino i lavavetri stanno diventando criminali). Sta diventando deviante tutto ciò che dà fastidio ai nostri occhi "civilizzati"; pretendiamo che problemi che dovrebbero essere risolti socialmente vengano risolti penalmente, dimenticando che il carcere non può trattenere in eterno una persona, per cui, prima o poi, ella uscirà dal carcere per riprendere la stessa strada "deviante". Il carcere non è la soluzione a tutti i problemi; è la strada più facile, ma la più onerosa, e dal punto di vista delle risorse umane e da quello economico (un detenuto costa circa 300 euro al giorno). Cambiare approccio al problema della devianza è assolutamente necessario: le politiche di tolleranza zero sono fallite perchè non sono riuscite a raggiungere il loro obiettivo dichiarato: la riduzione della criminalità. Forse il problema è proprio l'invadenza del diritto penale nella vita di tutti i giorni. |
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HASTA SIEMPRE COMANDANTE GUEVARA
Il potere ha sempre paura delle idee e per arginare la lotta degli sfruttati comanda la mano di sudditi in divisa e la penna di cervelli sudditi. Assassinando vigliaccamente il Che lo hanno reso immortale, nel cuore e nella testa degli uomini liberi. Negli atti quotidiani di chi si ribella alle ingiustizie. Nei sogni dei giovani di ieri, di oggi, di domani!
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ART.1 L. 26 LUG 1975, N. 354
Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.
Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.
Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari.
I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.
Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono copnsiderati copevoli sino alla condanna definitiva.
Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reiserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.
ART. 27 COSTITUZIONE
La responsabilità penale è personale.
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalla legge (La pena di morte non è più prevista dal codice penale ed è stata sostituita con la pena dell'ergastolo)
TESTI CONSIGLIATI
Sociologia della devianza, L. Berzano e F. Prina, 1995, Carocci Editore.
Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza, E. Goffman, Edizioni di Comunità, 2001, Torino.
Condizioni di successo delle cerimonie di degradazione, H. Garfinkel.
Perchè il carcere?, T. Mathiesen, Edizioni Gruppo Abele, 1996, Torino.
Il sistema sociale, T. Parsons, Edizioni di comunità, 1965, Milano.
Outsiders. saggi di sociologia della devianza, Edizioni Gruppo Abele, 1987,
Torino. La criminalità, O. Vidoni Guidoni, Carocci editore, 2004, Roma.
La società dei detenuti, Studio su un carcere di massima sicurezza, G.M. Sykes, 1958. Carcere e società liberale, E. Santoro, Giappichelli editore, 1997, Torino.
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