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SPAZIO INTERIORE

ESISTE DAVVERO IL TEMPO, IL DISTRUTTORE?
QUANDO, SUL MONTE IMMOBILE, SPEZZERA' LA FORTEZZA?
E QUESTO CUORE, CHE APPARTIENE INFINITAMENTE AL DIO
QUANDO LO VIOLENTERA'IL DEMIURGO?

SIAMO DAVVERO COSI ANGOSCIOSAMENTE FRAGILI,
COME IL DESTINO VUOLE FARCI INTENDERE?
L'INFANZIA PROFONDA E PROMETTENTE,
SI FA - POI - SILENZIONSA ALLE RADICI?

AH, IL FANTASMA DELL'EFFIMERO
ATTRAVERSA COME UN FUMO
CHI L'ACCOGLIE SENZA SOSPETTI.

NOI SIAMO QUESTO ANDARE ALLA DERIVA,
E PER QUESTO ABBIAMO VALORE,
COME USO DIVINO PRESSO LE DUREVOLI FORZE.

Rainer Maria Rilke

 
 
 
 
 
 
 

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La nostra Paura più Grande

La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati.
La nostra paura più grande è che
noi siamo potenti al di là di ogni misura.
E’ la nostra luce, non il nostro buio
ciò che ci spaventa.
Ci domandiamo: "Chi sono io per
essere brillante, magnifico, pieno di talento, favoloso?".
In realtà, chi sei tu per non esserlo?
Tu sei un figlio dell’Universo.
Il tuo giocare a sminuirti non serve
al mondo.
Non c’è nulla di illuminato nel
rimpicciolirsi in modo che gli altri non si sentano insicuri intorno a noi.
Noi siamo fatti per risplendere come
fanno i bambini.
Noi siamo fatti per rendere manifesta
la gloria dell’universo che è in noi.
Non solo in alcuni di noi, è in ognuno
di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, noi, inconsciamente, diamo alle altre persone il permesso di fare la stessa cosa.
Quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza automaticamente
libera gli altri.

Nelson Mandela

 
 
 
 
 
 
 

 

 
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CASO VISCO

Post n°166 pubblicato il 05 Giugno 2007 da chic47

“Ormai siamo al regime mancano solo i gulag”

Roberto Speciale sbatte la porta sul serio. Annuncia che rifiuta ogni altro incarico offertogli dal governo e se ne va in pensione anticipata. Ma il commiato del generale è al fiele. «Non è un regime quello che gioca ad asservire le istituzioni?». E dice anche di più: «Non è attentato alla Costituzione?». Arriva a parlare di «gulag». Il generale parla attraverso Sergio De Gregorio, il presidente della commissione Difesa al Senato, un suo amicone, che premette: «L’ho appena sentito al telefono, sono autorizzato a riportare questo nostro colloquio». E non deve stupire: De Gregorio, che in politica ormai s’è buttato a festa, ha rilanciato tanti colloqui con il generale Nicolò Pollari quando si era nel pieno di quell’altra crisi. E’ un senatore-giornalista che ha il fiuto per la notizia. Il generale Speciale dunque rinuncia al ventilato ricorso al Tar.

Non porterà la sua carriera di fronte ai giudici amministrativi. Ma ciò non significa che Speciale ha rinunciato alla lotta. Tutt’altro. E dunque ricostruiamo il suo pensiero in questo giornata di massima amarezza. «Dopo quarantasei anni di onorato servizio, senza macchia alcuna, il governo del mio amato paese mi ha destituito. Io sono un militare, sbatto i tacchi e obbedisco. Ma non possono farmi tacere. Mi sento violentato. Mi hanno negato pure l’onore delle armi, che per me era arrivare alla festa del Corpo il 21 giugno». Il generale ha appreso soltanto ieri, infatti, leggendo il decreto del governo, che deve lasciare l’incarico con decorrenza immediata. Lui sperava di arrivare fino al giorno della Festa, appunto il 21 giugno, per vedere sfilare i picchetti e le bandiere sotto i suoi occhi. Ma tant’è. E Speciale s’arrabbia sul serio. «Apprendo che l'ex direttore dell'Ansa, Pierluigi Magnaschi, in un'intervista ha detto di essere stato cacciato per aver rivelato notizie sul caso degli ufficiali della Guardia di Finanza trasferiti da Milano per via del caso Unipol. Ecco, se si tacita la stampa, e si mette sotto i piedi la Finanza, non è un attentato alla Costituzione?». Domanda retorica. Ma poi Speciale va dritto fino alle conclusioni. Dice a De Gregorio, che lo riferisce gongolando («Questa è forte, eh?»), che lui è una incolpevole vittima dello spoil system. «Io sono la prova provata che da domattina, un qualsiasi alto ufficiale o un dirigente di ministero, se non fa quello che vogliono questi signori, va a casa. Ma che cosa dobbiamo vedere di più? Dobbiamo arrivare ai gulag?». Già, lo schema è chiaro: da una parte c’è lui, Roberto Speciale, ufficiale senza colpe se non quella di difendere i suoi uomini; dall’altra i politici senza scrupoli. «Ma non è un regime quello che gioca ad asservire le istituzioni?».

 E allora via. «Non voglio dare l’impressione che mi svenda per un piatto di lenticchie... Non voglio che nessun italiano possa immaginare che resti abbarbicato alla poltrona. Ma non mi chiedano nient’altro, perché mi hanno violentato. Non mi hanno consentito neanche l’onore delle armi. Nonostante ciò, esco a testa alta e a schiena diritta». Gli mancava poco, al generale, per andare in pensione naturalmente. Ma lui ha deciso di anticipare i tempi. Perché non si abbia l’impressione di un’uscita neppure minimamente concordata. «La mia nomina - ha detto sempre a De Gregorio - scadeva a marzo 2008, e allora ho deciso di andare in pensione anticipata dopo quarantasei anni di onorata carriera senza nemmeno una macchia... Non voglio un ristoro o una ricompensa. Voglio soltanto che si arrivi alla verità dei fatti e in questo modo sia salvaguardata la mia dignità».

FRANCESCO GRIGNETTI LA STAMPA

 
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Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo, che si distruggono al primo bacio. Il più squisito miele diviene stucchevole per la sua stessa dolcezza, e basta assaggiarlo per levarsene la voglia. Perciò ama moderatamente: l'amore che dura fa così.

W. Shakespeare

 

 

 
 
 
 
 
 
 

SONETTO 121

È meglio esser colpevole che tale esser stimato
quando non essendolo si è accusati d'esserlo;
e perso è ogni valor sincero perché creduto colpa
non dal nostro sentire, ma dal giudizio d'altri.

Perché mai dovrebbero gli occhi altrui adulteri
considerar vizioso il mio amoroso sangue?
Perché nelle mie voglie s'insinuan lascive spie
che a parer lor condannano quel ch'io ritengo giusto?

No, io sono quel che sono e chi mira
ai miei errori, colpisce solo i propri;
potrei esser io sincero e loro non dire il vero,

non venga il mio agir pesato dal loro pensar corrotto;
a men che non sostengano questo mal comune -
l'umanità é malvagia e nel suo mal trionfa.

William Shakespeare




 
 
 
 
 

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