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Il copista di Riccardo Alberto Quattrini


Il copista di Riccardo Alberto Quattrini2 dicembre 2012 di Riccardo Alberto Quattrini Lascia un Commento>> Invita i tuoi amici a leggere e commentare
Il campanello sopra la porta risuonò con quel suo tipico timbro di biglia caduta ma subito controllata nella sua discesa.«Vengo!» disse una voce proveniente dal seminterrato «un attimo!» ripeté mentre prendeva tre grosse risme dallo scaffale e le sistemava sulle braccia. Prese a risalire la scala a chiocciola che divideva il locale inferiore da quello superiore teneva, per abitudine, l’avambraccio destro appoggiato al corrimano, per bilanciare la risalita. «Eccomi», disse e uscì dall’ultimo cerchio che lo riportò al piano del negozio. Una giovane donna sui trent’anni era appoggiata al lungo bancone, aveva posato sopra di esso una borsa di cuoio marrone. Attendeva.«Buongiorno», le disse l’uomo appoggiando le tre risme di carta sul banco, «che posso fare per lei?» le chiese mentre dalla radio appoggiata dietro il banco Robbie Williams cantava:First you say you want meThen you don’t want me reallyBaby do I scare youAm I talkin’ too freely.L’uomo la spense scusandosi con la giovane donna. Lei, con una voce chiara, gli disse che poteva lasciarla pure accesa, la musica non le dava fastidio, anzi. L’uomo la riaccese.I got no perspectiveOn the things that you lackBaby I don’t careJust lie on your backRiprese a cantare Robbie Williams.«Vediamo se mi può aiutare», disse la giovane donna, mentre apriva la borsa e ne cavava una cartella rossa trattenuta da un elastico cui l’uomo diede una rapida occhiata. Tuttavia in quel momento, inspiegabilmente, si sentiva più attratto dallo sguardo di quella giovane donna, senza riuscire a spiegarsene il motivo. Non che fosse stato colpito per la sua particolare bellezza. Era magrissima, molto alta, i capelli neri, ben pettinati, un cappotto chiaro chiuso alla vita da una cintura che ne rimarcava ancora di più la snellezza. Teneva la testa in una certa posizione, leggermente inclinata verso destra, come se volesse percepire meglio tutti i suoni circostanti e, gli occhi, che sembravano l’ombra di un colore precedente, pareva avessero sofferto. «Ecco», disse mostrandogli dei fogli con dei puntini strani impressi sulla pagina. «Le dico subito che non è una scrittura primitiva; è solamente scritto in braille perché io sono cieca», lo disse come se per lei l’essere cieca fosse una cosa naturale.Ecco spiegato il motivo del perché la osservasse con un particolare e incomprensibile interesse.Mi dispiace. Stava per dire, ricorrendo a uno dei più semplici termini che una persona possa usare, di fronte ad una circostanza infelice. Lei fu prontissima a zittirlo.«La prego», disse portandosi un dito sulle labbra, «non dica niente, non mi compatisca più di quanto già la gente faccia, ogniqualvolta che sente della mia invalidità. Parliamo piuttosto di quello per cui sono venuta da lei. Va bene?» gli chiese, accentuando l’inclinazione della testa. L’uomo, viste le premesse riprese dunque con un tono professionale.«Certamente. Mi dica allora cosa devo fare per soddisfarla.»«Non penso sia così complicato accontentarmi», disse la giovane donna, posando i polpastrelli esperti e agili, su quei segni e li fece scorrere sicura. «“Ombre nere sulla Laguna”», disse guardandolo con quegli occhi che sembravano capaci di vedere. «Questo è il titolo del romanzo che ho scritto», e vi posò sopra la mano aperta, «vorrei che lei me lo ribattesse a macchina.»«Vuole dire che io dovrei… », disse l’uomo mentre guardava quei fogli, con qui puntini indecifrabili, che sapevano tanto di misterioso per chi non li sapeva decrittare, «dovrei ribatterlo al computer?»«Esatto. Perché lei un computer l’ha, non è vero?» gli chiese piegando appena la testa da un lato.«Certo che ho un computer. Anzi, più di uno se è per questo», e girò lo sguardo verso i due computer sistemati lungo il piano del bancone. Non gli era mai capitata una simile richiesta da quando aveva aperto quella copisteria, quattro anni prima, per cercare di raddrizzare per la seconda volta la sua vita. Gli avevano richiesto di ribattere tesi, tesine, o semplici ricerche su vari temi di studio, ma si era trattato sempre di persone vedenti. Gli avevano lasciato i loro manoscritti, i loro appunti e lui aveva provveduto a riscriverli in bella copia, senza errori e null’altro.«Allora cosa mi dice? Perché la sento indeciso», disse mentre la biglia sopra la porta lanciò il suo suono stonato. Entrò una donna giovane, con i capelli corti e neri, sovrastati da qualche ciocca bianca che le ricadeva sulla fronte ampia. Indossava un camice bianco, non perfettamente pulito, sotto al quale, era evidente, non portasse nient’altro che un reggiseno e un paio di slip. Guardò la donna con occhi interessati e indagatori, per poi posarli sull’uomo, come a cercare risposte che non giunsero, mentre lui, posando una mano sulle risme impilate, le tamburellò nervosamente.«Ciao Luca», disse la giovane parlando a bassa voce, come a voler porre l’accento che aveva intuito d’aver recato disturbo, entrando così incautamente.«Che c’è? Che vuoi?» chiese Luca con un tono freddo, dondolando la testa e scrutandola con occhi che esprimevano disappunto per l’inopportuna visita.«Scusate! Scusatemi se vi ho interrotto», disse muovendo la mano in un saluto frettoloso, «ci vediamo più tardi», disse, fece dietro-front e uscì, rilasciando una scia di lacca e coloranti. La donna alzò lievemente la testa e annusò l’aria.«Parrucchiera?» domandò.«Esatto», disse Luca. «È una shampista, viene spesso a trovarmi.»«Perché lo dice con quell’inflessione seccata?»«Perché è appiccicosa», disse Luca a giustificazione.«Non è appiccicosa. È forse innamorata di lei», disse. Luca batté una manata sulla risma di carte e rise.«Lei crede?» le domandò. La donna annuì e sorrise appena. Luca si schiarì la voce, «sarà», disse e subito proseguì, volendo chiudere quel pettegolezzo. «Allora, ricapitoliamo. Lei ha scritto un romanzo con quel bel titolo», e schioccò le dita nel tentativo di ricordarselo.«“Ombre nere…”.» La giovane donna rise e scosse il capo.«“Ombre nere sulla Laguna”», lo corresse.«Ecco», disse Luca, «quello lì. Che, badi bene è bellissimo. Sì perché anch’io amo scrivere», disse gettando lì la frase come se gli fosse scivolata dalle labbra.«Ah, bene. E ha già pubblicato?» gli chiese.«Eh, magari. Oddio, un racconto in verità mi è stato pubblicato qualche anno fa su un giornale locale.»«Lo vede. È già più avanti di me», disse sorridendo e mostrando una fossetta sulla guancia sinistra. «Per me, invece, è il primo romanzo. E non so nemmeno se sarà pubblicato. Si figuri»«Ma lei lo ha almeno terminato, e le assicuro che posso immaginare la fatica che le sarà costata.» La donna annuì con la testa e passò una mano sui fogli cui erano impressi quegli strani e incomprensibili puntini. «C’è un solo problema», le disse mentre prendeva una sigaretta da un pacchetto che aveva cavato da una tasca della giacca. «Fuma?» le chiese. La donna scosse la testa. «Le dà fastidio se fumo?» le domandò. Lei alzò le spalle dicendo:«Penso che se accetterà di ribattere il manoscritto, non potrò certamente impedirle di fumare. E dunque … » Luca stirò le labbra. «Ma quale sarebbe il problema dunque?» gli chiese.«Il problema è che non potremo lavorare durante l’apertura del negozio. Potremo farlo nell’intervallo, o dopo la chiusura serale.»Il copista di Riccardo Alberto Quattrini – Neftasia Editore, 2012 – pag. 547Il commento di NICLA MORLETTI
Il trillo di un campanello con il timbro di biglia caduta, una scala a chiocciola, un lungo bancone, risme sullo scaffale e una giovane donna con la sua borsa di cuoio. L’incipit di questo romanzo è senza dubbio accattivante. C’è atmosfera, vibra già qualcosa nell’aria. Ecco, sì, un attimo dopo la canzone alla radio di Robbie Williams. Una ragazza estrae dalla borsa dei fogli scritti in braille, perché è cieca. Qualcuno la osserva: un uomo. La fantasia del lettore galoppa come quella dello scrittore: regna una strana atmosfera nell’aria. Cosa succederà? Chi è il copista? Seguono cinquecentoquarantasette pagine scritte in maniera egregia che hanno ritmo, intreccio, pathos e trama inquietanti, sotto certi aspetti, nello scorrere della storia: la scomparsa di due donne e in concomitanza di due uomini, il ritrovamento di un’auto carbonizzata. Iniziano così le indagini del maresciallo Carmine Bellantonio e dell’ispettore di polizia Fabrizio Messina. Da qui la scoperta di persone coinvolte in vicende di strozzinaggio, sequestro di persona e gioco d’azzardo. E poi c’è Margherita, novella scrittrice, divenuta cieca dopo un incidente stradale… Lascio al lettore la scoperta di pagine dense di suspense e di attesa che rendono “Il copista” “un giallo” di indubbio valore, scritto da una penna duttile e dalla trama perfetta.© 2012, Blog degli Autori. I diritti di testi relativi ad opere edite ed inedite appartengono ai rispettivi autori.