LIVINGSTONE BORE

Guarda che luna. Capitolo quarto.


"Parente del Generale?" Biascicò il sergente Dakwaafi. "Figlio." Replicai asciutto. Gli africani si guardarono l'un l'altro con gravità, ma senza preoccupazione. Sembravano iene che avessero scoperto la carcassa di un elefante quando si aspettavano quella di una gazzella. Il tenente Omologoh mi fissò quasi con pietà e tenerezza e poi mi passò una mano intorno alle spalle :"Non siamo nemici, sottotenente, anzi oserei dire che siamo nella stessa barca. Anche Lei ha tutto l'interesse che la nostra squadra passi indenne attraverso le maglie dell'offensiva dei Regolari. Così la sua assenza non verrà notata e potrà essere reintegrato nelle sue funzioni con tutti gli onori e senza che niente sia capitato." A quelle parole Mi sollevai pesantemente dal fuoco e scrollandomi la polvere dalla divisa pronunziai con voce ferma :"Allora decidiamoci. Componiamo una colonna come si deve con Me alla guida e avviamoci verso le linee dei Vincitori. è d'accordo, Capitano?" Aggiunsi, riferendomi a Eberhard. "Assolutamente sì." E con pochi, rabbiosi ordini in una lingua a Me sconosciuta, il mio sosia nero dispose le sue esigue truppe in raggruppamento di marcia. Dopo qualche minuto ero completamente soddisfatto della disciplina che regnava e Mi accingevo a prendere la sommità dello schieramento di soldati mentre l'oscurità si faceva peciosa e avvilente. Sventolando la mia torcia passai in rassegna gli uomini e riebbi la pistola che mi era stata tolta nei primi, confusi istanti. Così, disposti in maniera eccellente dal carisma del Capitano Eberhard ci accingemmo a metterci in marcia e ad abbandonare il tristo complesso industriale dove ci eravamo incontrati. Fu in quel momento che una pioggia improvvisa di proiettili di mortaio cadde a pochi metri dal luogo dove ci eravamo disposti, spargendo il panico e rompendo le righe, costringendo tutti a cercare rifugio dentro i capannoni abbandonati o negli uffici della compagnia. Io Mi trovai Eberhard e Dakwaafi a fianco mentre correvo al riparo di una delle baracche disposte sulla nostra sinistra. Appena fummo dentro ci rifugiammo in diversi luoghi, tentando di proteggerci la figura da eventuali, micidiali schegge. Io mi rintanai sotto una scrivania mentre calcinacci e pezzi di mattone volavano tutt'intorno. Lo sconvolgimento durò alcuni minuti, poi, così com'era apparso sparì misteriosamente. Solo il cupo e monotono borbottare dei grossi calibri in lontananza manteneva il suo cupo e minaccioso eco. Uscì da sotto la scrivania giusto per trovarmi Eberhard e Dakwaafi davanti con un ghigno irridente tirato da un orecchio all'altro. "Non Mi mollate una attimo, vero? Anche a rischio di lasciarci la pelle." "Lei, Capitano (ora) è il nostro lasciapassare per non penzolare da un albero o trovarci contro un muro bucherellato. dovrebbe averlo compreso bene, Defant.""Ho come l'impressione che il territorio che ho percorso nella mia passeggiata notturna sia già diventato terra di nessuno e che ci troviamo esattamente sul passaggio della linea provvisoria del Fronte." "Potrebbe non avere torto" Fece Eberhard "Ragione maggiore per non dividersi e non lasciarsi prendere dal panico. Ora usciamo, che devo rimettere in sesto i miei uomini."Attendemmo ancora qualche minuto per non correre rischi di un'altra micidiale scarica di artiglieria e sortimmo nel cortile principale dove stava tornando a radunarsi il grosso dei superstiti del XVI Reggimento "Togo". Mi stupì, ancora una volta, della disciplina di quegli africani e non potei trattenermi dal provare ammirazione e rispetto per la storia personale di ognuno di quegli individui combattenti. "Cosa Li spinge, sergente Dakwaafi, a non darsi alla fuga disordinatamente e a non sbandare adesso che la guerra sembra avere preso una piega decisamente sfavorevole?" "Sono cresciuti così. Il Corpo militare è la loro madre, il loro padre, la loro famiglia. Buona parte di questa gente, nella Realtà civile, è orfana sin dall'infanzia e non ha ricevuto nessuna prima o seconda chance. L'appartenenza al Reggimento per Loro è tutto. Non conoscono altra Verità o Lealtà. Sono disposti a qualsiasi cosa nel nome del delle loro mostrine e delle loro divise. Per Loro non esiste altro." Li osservai mentre tornavano a radunarsi in mezzo alla polvere, alcuni compatti e dignitosi, altri feriti e appoggiati a un bastone rudimentale, altri ancora stracciati e in pessime condizioni morali. "Il Colonnello Clerici sarà rimasto stupito dal perdere il contatto con le sue truppe coloniali migliori. Vi starà cercando ovunque!" Mormorai, non senza un pizzico di compiacimento. Eberhard strizzò gli occhi nocciola e si strinse nelle spalle :"L'ultima volta che abbiamo avuto disposizioni da Lui eravamo a sedici chilometri da Vimercate. Poi le nostre attrezzature radio sono andate distrutte e abbiamo pensato che fosse opportuno fare il grande salto. Tornare al cuore dell'Africa. rinunciare a fare da manutengoli del Regime dei Bianchi. Per Tutti Noi è stato una rivelazione fissarci nelle pupille e trovare degli uomini diversi, individui, non più carne da macello. Individui con una dignità e il coraggio di fare il Passo anche se tutte le condizioni erano, obbiettivamente, contro di Noi. Ma Noi, ora, non combattiamo più per la Gloria o la Preda, ma per riaffermare la nostra Presenza di Combattenti umili e volenterosi nel nome della definitiva unità dei militanti di colore. Tutti indistintamente." "Forse è un po' tardi" Replicai a bassa voce "Ma è, comunque, un passo che, nella sua cervellotica laboriosità, posso comprendere."(Continua)