LA SCOMMESSA

PARROCCHIE, E' ORA DI CAMBIARE


 Lo scrivevo su "Città 2000" nel gennaio del 2005. Da allora sono passati sette anni, ma la riflessione conserva la sua attualità. Per questo la ripropongo attraverso il blog, sperando che oggi raccolga maggiori consensi. Se la Chiesa vuole essere missionaria nel mondo di oggi, serve un cambiamento profondo. Non c'è tempo da perdere. "Rinnovare in senzo missionario le parrocchie"INTERVENTO SULLA FREQUENZAALLA MESSA DOMENICALERaccolgo l’invito di Città 2000 a intervenire sul tema della frequenza all’eucaristia domenicale a Paderno Dugnano, augurandomi che anche altri si esprimano in modo da rendere possibile un confronto. I dati statistici parlano chiaro e ci invitano a prendere sul serio l’invito dell’Arcivescovo: bisogna “trovare strade nuove, tentare iniziative inedite” per rinnovare in senso missionario le nostre parrocchie. Perché è vero, “siamo ormai in terra di missione”: occorre accettarlo con serenità, senza rimpianti o nostalgie per il tempo che fu. Anzi, per molti versi questa situazione di “minoranza” ci permette di camminare più speditamente alla sequela del Signore. E allo stesso tempo ci offre opportunità nuove, che dobbiamo saper cogliere con tempismo e un pizzico di audacia (cioè con vero spirito missionario).Scoraggiarsi non serve. Il richiamo alle radici cristiane a mio avviso non è sufficiente (troppi continuano a ripetere questo ritornello quasi fosse il rimedio a tutti i mali del presente, qualcuno addirittura ne fa una bandiera per i suoi scopi anticristiani). Da più parti si dice che c’è bisogno di imprimere alla pastorale una conversione missionaria. Che cosa vuol dire, in pratica? Provo a indicare alcune piste. Anzitutto, credo che le nostre comunità debbano imparare a comunicare con tutti, accettando il confronto e lo scambio con chi sta sulla soglia o si colloca fuori della chiesa cattolica. Se il nucleo forte dei fedelissimi (quelli che vanno a messa “sempre” o “quasi sempre”) si attesta al 15,9% della popolazione di Paderno, dobbiamo… aggiustare il tiro in modo da riuscire a comunicare con l’84,1% che si tiene ai margini della comunità cristiana o non ne fa parte. Però, bisogna intendersi. Comunicare non significa solo far giungere ai “lontani” la voce della chiesa, ma anche rendere udibili nella chiesa le voci di chi sta fuori. In un consiglio pastorale, per esempio, non vedrei male l’inserimento di qualche voce extra chorum che aiuti la comunità a considerare le cose in modo inconsueto.In secondo luogo, vorrei valorizzare in positivo il fenomeno di “circolarità interparrocchiale dei praticanti” di cui parla Valadé nel suo articolo: mi sembra in qualche modo un segnale che ci invita a non ragionare in termini di singole parrocchie ma con un orizzonte cittadino e decanale. Su questo c’è ancora molta strada da fare. Non di rado una parrocchia organizza un’iniziativa interessante, invitando magari un relatore di fama, ma l’avviso non riesce ad arrivare alle parrocchie vicine o ai possibili interessati nel raggio di qualche km. Disguidi di questo genere rallentano la missione della chiesa in un mondo come il nostro, dove le persone si muovono notevolmente sul territorio, hanno tempi serrati e conseguentemente bisogno di una comunicazione efficace. Se davvero si vuole raggiungere l’uomo di oggi, è indispensabile trovare nuove sinergie tra le parrocchie, mettendo in rete in modo intelligente le varie proposte disponibili sul territorio. [...]Concludo con una riflessione di Carlo Carretto che risale al 1975:«Vorrei dire un’altra cosa: smettiamola con le geremiadi: i giovani sono perduti… non abbiamo più vocazioni… più nessuno viene in chiesa… è la fine di tutto… Non serve a nulla lamentarsi così, peggio, serve solo a passare male gli ultimi anni della nostra vita inaciditi come zitelle e avvelenati come vecchi cui l’impotenza dà fastidio. Volete un consiglio? Non diciamo più “tutto sta per crollare” ma diciamo – ed è vero – “tutto è già crollato”, e vi accorgerete che è molto più interessante e lieto considerarsi costruttori di un domani nuovo che difensori di un passato ormai vecchio e compromesso. “Lasciate che i morti seppelliscano i  loro morti” direbbe Gesù. Ora “tu va’ ad annunciare il Regno”… Siamo alla fine di un’epoca e il bello è che ne comincia subito un’altra che – ai fini del Vangelo – sarà forse più interessante e feconda».Giovanni Giuranna[articolo apparso su Città 2000 del 23 gennaio 2005]