Mi colpisce un'osservazione di Enzo Bianchi, priore di Bose, contenuta nell'articolo
Non credenti, così cambia il dialogo (Avvenire 28 aprile 2015):"Assistiamo a un duplice paradosso: da un lato lo stile dialogico del magistero di papa Francesco desta perplessità in alcuni settori della chiesa cattolica, a disagio con questo atteggiamento in costante “uscita”, aperto a venti non sempre favorevoli. Dall’altro la ricezione del messaggio di papa Francesco da parte degli ambienti non segnati da un’appartenenza religiosa appare sorprendentemente schizofrenica: l’opinione laica sembra infatti ben disposta a interloquire su tematiche filosofiche o persino spirituali, concedendo una patente di credibilità dialogica a riflessioni sulla vita, la morte, l’al di là, i valori universali… mentre appare refrattaria, distratta, non reattiva quando il papa affronta tematiche molto più “laiche”, come il sistema economico-finanziario disumano, la dignità di ogni persona a cominciare dai poveri, i migranti, i profughi, il commercio delle armi, le strutture e gli assetti politici e sociali che alimentano ingiustizie: i silenzi che hanno accolto i suoi appelli contro la terza guerra mondiale in atto o contro la persecuzione delle minoranze, cristiane o meno, sono sintomi preoccupanti di un dialogo che ha timore di affrontare frontalmente questioni imbarazzanti per i rapporti di forza esistenti nel mondo".