LA SCOMMESSA

REFERENDUM COSTITUZIONALE: IL MIO VOTO


Come sapete, la lista civica Insieme per cambiare ha scelto di non dare indicazioni di voto con la seguente motivazione: "l'interesse specifico della nostra azione è la città di Paderno Dugnano. Tra di noi e tra coloro che ci sostengono sono presenti sensibilità e opinioni diverse".Per evitare che nascessero equivoci tra le mie convinzioni personali e la posizione del gruppo che rappresento in Consiglio Comunale sono rimasto in silenzio fino ad ora, cercando di privilegiare il confronto e l'approfondimento dei temi su cui, come cittadini, siamo chiamati a decidere. In questi mesi ho ascoltato molto, ho letto opinioni diverse, mi sono documentato... Giunti al termine di questa campagna elettorale, che ha assunto toni eccessivi e virulenti, esprimo la mia posizione personale: domenica 4 dicembre voterò NOcon profondo rispetto per chi invece sceglierà il SI'dopo aver ampiamente riflettutosul merito della questione. Lo stesso rispetto mi auguro che prevalga, nei prossimi giorni, da parte di tutti, perché una consultazione referendaria sulla Carta Costituzionale non può trasformarsi in una corrida tra tori scatenati e toreri sanguinari.Ci sono molti aspetti della legge di revisione costituzionale che, in generale, mi trovano d'accordo: il superamento del bicameralismo paritario, la ridefinizione del Senato quale espressione dei territori, la riduzione del numero dei parlamentari e dei costi della politica, la necessità di rivedere alcuni aspetti delle relazioni tra Stato e Regioni, il fatto che non si siano toccati direttamente "gli articoli della Carta riguardanti la Magistratura e la Corte costituzionale, i poteri del presidente del Consiglio dei Ministri e del Governo" (come osservato nel documento elaborato dall'associazione Città dell'Uomo, fondata da Giuseppe Lazzati)...Nonostante la condivisione di queste linee di fondo, devo dire che la soluzione concreta a cui il Parlamento è giunto non mi convince a sufficienza perché io la possa approvare. Non mi piace la nuova configurazione del Senato, in particolare la non eleggibilità diretta dei senatori che assomiglia troppo allo sfortunato caso della Città Metropolitana che ha sostituito in modo del tutto insufficiente la Provincia di Milano. Ora è abbastanza noto che le Città Metropolitane, così come sono state disegnate dalla Legge Delrio n.56/2014, non funzionano né sono dotate di un particolare profilo democratico. Le recenti elezioni di secondo livello, a cui come consigliere comunale ho partecipato, non sono state a mio avviso un'esperienza di democrazia reale, ma uno strumento in cui si è fatto sentire prevalentemente il peso degli apparati di partito.Non mi piace inoltre il fatto che il Senato tratteggiato dalla riforma si configuri come una sorta di "tram istituzionale", sul quale - ad ogni fermata - alcuni salgono ed altri scendono (i senatori infatti perdono la propria qualifica allo scadere del mandato amministrativo nelle regioni e nei comuni per i quali sono stati eletti). Questo costante turn over mi pare una condizione non favorevole per la creazione di un gruppo di lavoro che necessita invece di continuità.Anche l'assenza di un vincolo di mandato fa sì che i senatori non abbiano di fatto il dovere  di votare in modo corrispondente all'orientamento della Regione di provenienza, come accade nel Bundesrat tedesco. Lo spiega, a mio parere con chiarezza, il Prof. Valerio Onida: "I rappresentanti delle Regioni, eletti indirettamente, andrebbero infatti a Palazzo Madama a titolo individuale, senza vincolo di mandato, e quindi esprimendo posizioni politiche di partito e non la voce delle istituzioni territoriali che dovrebbero rappresentare".Non condivido poi la tendenza prevalente al centralismo che emerge, secondo più commentatori, dal dettato della revisione costituzionale e che contraddice il principio fondamentale di autonomia definito nell'articolo 5.C'è un punto della riforma di cui praticamente non si è parlato e che invece, per me, va considerato con grandissima attenzione: mi riferisco all'articolo 78 che affida la deliberazione dello stato di guerra alla sola Camera.
Per inquadrare l'argomento consulta le pagine 127-128 delle Schede di lettura della riforma costituzionale.Su un tema così delicato e fondamentale ritengo che sia necessaria - a titolo di garanzia e in conformità al principio forte del "ripudio della guerra" contenuto nell'articolo 11 della Costituzione - la deliberazione di entrambe le Camere, come avviene peraltro nelle questioni più importanti.Molte altre cose, naturalmente, andrebbero richiamate ma il discorso si farebbe troppo lungo e dunque noioso. D'altra parte, in queste ultime ore che precedono il voto esistono svariate possibilità di approfondire il tema per cui è opportuno che io mi fermi qui.Auguro a tutti di affinare il pensiero e di votare sul merito della legge di revisione costituzionale e non sui motivi di contorno (vantaggi/opportunità dal punto di vista strategico) che agitano le menti di tanti.