LA SCOMMESSA

1° MAGGIO: MA IL PAPA E' UN COMUNISTA?


 Tanti nel centrodestra pensano più o meno così: per il bene della società occorre aumentare i consumi e la ricchezza, creare sviluppo, far girare l'economia senza farsi  troppi scrupoli per la salute, l'ambiente, i diritti sindacali, la qualità della vita... Insomma, bisogna fare soldi perché poi, in un modo o nell'altro, c'è un beneficio per tutta la società in quanto si crea occupazione e, di conseguenza, servizi e opportunità anche per i meno fortunati. Per tamponare le situazioni più disagiate è giusto fare anche un po' di elemosina (quel tanto che basta a non far esplodere il conflitto sociale). Senza nessun buonismo, si intende. Molti di quelli che la pensano così si dicono cattolici. E sono anche convinti di esserlo, per quanto in molti casi il loro modo di ragionare si discosti non poco dal magistero sociale della Chiesa. A queste persone dedico il "post" del 1° maggio. A chi predica libertà, liberismo, individualismo, interesse privato, massimizzazione del profitto... A chi ritiene lecito e doveroso il "sano" egoismo.... A chi pensa che i diritti di proprietà siano più sacrosanti della vita delle persone...Buona lettura!
 Davanti ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali il Papa ha richiamato ieri, 30 aprile, alcuni concetti fondamentali:1) La crisi finanziaria mondiale - secondo Benedetto XVI - non è una semplice "financial crisis" ma un vero e proprio "worldwide financial breakdown" (la scelta del termine breakdown è significativa: questa parola infatti non indica una crisi come ce ne possono essere tante, ma un guasto grave, un'avaria di sistema, un vero e proprio dissesto, un fallimento, un collasso, un crollo, uno sfacelo finanziario globale...).2) L'idea secondo la quale il mercato sarebbe in grado di autoregolarsi, indipendentemente dall'intervento pubblico e dal sostegno dei criteri morali interiorizzati, è un'idea sbagliata. Il Papa lo dice senza mezzi termini.3) L'economia ha una natura essenzialmente etica. Non è vero dunque che "gli affari sono affari" (pecunia non olet!) né che in economia non valgano le regole morali. 4) L'economia non è una spirale di produzione e consumo che mira al profitto, ma un ambito in cui si esercita la responsabilità umana al servizio della dignità della persona e del bene comune.5) Per comprendere le esigenze etiche connesse alla vita economica non è necessario il vangelo, basta la ragione! Perché questa legge di base (che la chiesa chiama "legge naturale") è iscritta nella creazione stessa. A capire queste cose ci possono arrivare tutti, se ascoltano la voce della coscienza...6) Il bene comune oggi ha assunto una dimensione marcatamente globale. La dimensione locale infatti si intreccia inestricabilmente con quella globale, per cui il "bene comune" non può essere scambiato col "vantaggio condiviso" dai membri della comunità locale, che uniscono le forze per difendere i propri interessi dal resto del mondo.7) "Il bene comune implica la responsabilità per le generazioni future. Di conseguenza la solidarietà intergenerazionale deve essere riconosciuta come criterio fondamentale per giudicare qualsiasi sistema sociale".8) E' urgente "rafforzare le procedure di governo dell'economia globale, sempre con il dovuto rispetto per il principio di sussidiarietà". Personalmente aggiungo un'osservazione: non si può usare il concetto di sussidiarietà per sdoganare logiche egoistiche! Nella visione cattolica la sussidiarietà non è mai disgiunta dalla giustizia e dalla solidarietà). 9) Tutte le scelte di politica economica devono essere mosse dalla "carità nella verità" (in nessun modo dall'egoismo o dalla difesa dei nostri interessi/privilegi). Gli egoisti non possono dirsi cristiani!10) Le gravi sfide aperte dalla attuale crisi economico-finanziaria devono essere affrontate, secondo Benedetto XVI, "con spirito di saggezza, giustizia e umanità autentica".Fin qui ho voluto riassumere i concetti fondamentali del discorso del Papa, ora vi invito a leggerlo personalmente con attenzione.  Da queste poche righe vi accorgerete quanto sia profonda e lungimirante la dottrina sociale della Chiesa (e quanto siano poco cattolici molti che pensano di esserlo dalla testa ai piedi!).Senza intervento pubblico e criteri morali il mercato non può autoregolarsi La crisi finanziaria globale ha dimostrato che il mercato non è in grado di autoregolarsi senza l'intervento pubblico e il "sostegno dei criteri morali interiorizzati". Lo ha detto il Papa ai partecipanti alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ricevuti venerdì mattina, 30 aprile, nella sala del Concistoro.Cari membri dell'Accademia, sono lieto di salutarvi all'inizio della vostra XVI Sessione Plenaria, dedicata a un'analisi della crisi economica globale alla luce dei principi etici consacrati nella dottrina sociale della Chiesa. Ringrazio la Presidente, professoressa Mary Ann Glendon, per le cordiali parole di saluto e offro i miei ferventi e buoni auspici per la fecondità delle vostre deliberazioni. Come sappiamo, la crisi finanziaria mondiale [nell'originale inglese: worldwide financial breakdown!] ha dimostrato la fragilità dell'attuale sistema economico e delle istituzioni a esso collegate. Ha anche mostrato l'erroneità dell'idea secondo la quale il mercato sarebbe in grado di autoregolarsi, indipendentemente dall'intervento pubblico e dal sostegno dei criteri morali interiorizzati. Quest'idea si basa sulla nozione impoverita della vita economica come una sorta di meccanismo che si autocalibra guidato dal proprio interesse e dalla ricerca del profitto. Essa trascura la natura essenzialmente etica dell'economia come attività di e per gli esseri umani. Piuttosto che una spirale di produzione e consumo in vista di necessità umane definite in modo molto limitato, la vita economica dovrebbe essere considerata in maniera adeguata come un esercizio di responsabilità umana, intrinsecamente orientato alla promozione della dignità della persona, alla ricerca del bene comune e allo sviluppo integrale, politico, culturale e spirituale, di individui, famiglie e società. Un apprezzamento di questa dimensione umana più piena esige, a sua volta, proprio il tipo di ricerca e di riflessione interdisciplinari che questa sessione dell'Accademia ha ora intrapreso. Nella mia Enciclica Caritas in veritate, ho osservato che "la crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno" (n. 21). Di certo, riprogettare il cammino significa anche guardare ai criteri generali e obiettivi con cui giudicare le strutture, le istituzioni e le decisioni concrete che guidano e orientano la vita economica. La Chiesa, fondata sulla sua fede in Dio Creatore, afferma l'esistenza di una legge naturale universale che è la fonte definitiva di questi criteri (cfr. Ibidem n. 59). Tuttavia, è anche convinta del fatto che i principi di questo ordine etico, iscritti nella creazione stessa, sono accessibili alla ragione umana e, in quanto tali, devono essere adottati come base per scelte concrete. Come parte della grande eredità della saggezza umana, la legge morale naturale, che la Chiesa ha assunto, purificato e sviluppato alla luce della Rivelazione cristiana, è un faro che guida gli sforzi di individui e comunità nel cercare il bene ed evitare il male, mentre si impegnano per l'edificazione di una società autenticamente giusta e umana. Fra i principi indispensabili che plasmano questo approccio etico integrale alla vita economica deve essere presente la promozione del bene comune, basata sul rispetto per la dignità della persona umana e riconosciuta come scopo primario dei sistemi di produzione e di commercio, delle istituzioni politiche e del benessere sociale. Al giorno d'oggi, l'interesse per il bene comune ha assunto una dimensione marcatamente globale. È anche divenuto sempre più evidente che il bene comune implica la responsabilità per le generazioni future. Di conseguenza la solidarietà intergenerazionale deve essere riconosciuta come criterio fondamentale per giudicare qualsiasi sistema sociale. Queste realtà evidenziano l'urgenza di rafforzare le procedure di governo dell'economia globale, sempre con il dovuto rispetto per il principio di sussidiarietà. Alla fine, comunque, tutte le decisioni e le politiche economiche devono essere orientate alla "carità nella verità", perché la verità preserva e incanala la forza liberatrice della carità nelle strutture e negli eventi umani sempre contingenti. Perché "senza la verità, senza fiducia e senza amore per il vero, non c'è coscienza e responsabilità sociale, e l'agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società" (Caritas in veritate, n. 5). Con queste considerazioni, cari amici, esprimo ancora una volta la mia fiducia nel fatto che questa Sessione Plenaria contribuirà a un discernimento più profondo delle gravi sfide sociali ed economiche del nostro mondo e contribuirà a indicare la strada per affrontare tali sfide con spirito di saggezza, giustizia e umanità autentica. Assicuro ancora una volta le mie preghiere per la vostra importante opera e su di voi e sui vostri cari invoco di cuore le benedizioni divine di gioia e di pace. (L'Osservatore Romano - 1° maggio 2010)