LA SCOMMESSA

DE RITA: MANCA UNA CULTURA POLITICA DELLA COMPLESSITA'


In questo "post" le immagini contano probabilmente più delle parole. Le traggo dal Sociology and Complexity Blog del Dr. Brian Castellani. Per gustare i particolari suggerisco di ingrandire le immagini con un click: vi capiterà di perdervi nella tessitura complessa e finemente tragicomica che lega tra loro le figure e dà vita ad un sistema (i più sbrigativi diranno un groviglio) di relazioni. 
 Questa specie di vignetta è una rappresentazione grafica della complessità in cui viviamo (condita con po' di ironia).L'idea di soffermarmi sulla complessità mi è venuta leggendo l'ultimo editoriale di Famiglia Cristiana che fa riferimento a un articolo del presidente del CENSIS Giuseppe De Rita: "Un po' dappertutto manca in effetti una cultura politica della complessità e del suo governo. Se, come qualcuno comincia a dire, la crisi del mondo moderno è più politica (di cultura di governo) che economica, allora cominciamo a lavorarci dalle fondamenta resistendo alla tentazione di semplificare la complessità e alla propensione a coartarla nella logica del combattimento a due, dell'adolescenziale duello a oltranza".Il senso di queste parole vi sarà più chiaro leggendo integralmente l'articolo di De Rita: Troppi duellanti in un paese immobile (Corriere della Sera 16 luglio 2010).In ogni caso, l'intuizione mi sembra valida. Il mondo di oggi infatti è estremamente complesso, eppure per tentare di comprenderlo utilizziamo spesso schemi mentali "aut-aut" che si basano sulla contrapposizione tra due poli opposti (vero/falso, giusto/sbagliato, bianco/nero, destra/sinistra...).Ora, per interpretare (e tanto più per governare) la complessità è necessario ricorrere a strumenti complessi, sofisticati, capaci di tenere insieme la poliedricità del reale. In fondo, è sempre stato così. Faccio un esempio che potrà destare stupore: nel Medioevo (che  spesso continuiamo a immaginare come un tempo buio)  la Summa Theologiae di San Tommaso d'Aquino rappresentava un sistema  di pensiero estremamente articolato, aperto, addirittura flessibile, insomma adatto (per quell'epoca) a investigare la complessità del mondo.
 Ma torniamo all'osservazione di De Rita: quel che manca oggi è la capacità di pensare (e quindi di governare) la complessità della società in cui viviamo. Di qui vengono tanti nostri guai. Il ceto politico, invece di orientare ed educare il sentire delle masse, si lascia condurre dagli umori popolari, si pone drammaticamente al seguito dei sondaggi di opinione... Così facendo, la politica tende a offrire soluzioni semplici a problemi complessi. Con scarsi risultati, anche perché le soluzioni individuate sono generalmente ispirate a criteri di egoismo (tornano utili a qualcuno, ma creano danni nella società). Lo rilevava già nel dicembre scorso il 43° Rapporto del CENSIS sulla situazione sociale del Paese:«L’individualismo vitale è sempre meno capace di risolvere i problemi della complessità che lo trascende, il soggettivismo etico mostra la corda rispetto all’esigenza di valori condivisi, la spietatezza competitiva e la carica di egoismo che derivano dal primato della soggettività hanno creato squilibri e disuguaglianze sociali che pesano sulla coesione collettiva» (dalle Considerazioni generali del 43° Rapporto CENSIS - dicembre 2009) Ma qui apriamo un altro capitolo: per affrontare problemi tanto  complessi  dobbiamo assolutamente fare rete, unire le forze e le intelligenze, cercare insieme la strada per costruire la città di tutti. Lo dicevano già i ragazzi di don Milani in Lettera a una professoressa: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia…»Ci riusciremo? Non so... Quest'ultima cosa mi pare un po' complessa.